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Una nuova cultura sull’autismo può passare anche da Calimero

Copertina di «Calimero e l'amico speciale»«Per mesi avrebbe maltrattato, in classe, un bambino autistico di 8 anni, usandogli violenze psicologiche e fisiche. Nei giorni scorsi, dopo la denuncia dei genitori, un fascicolo per “maltrattamenti” è stato aperto dalla Procura nei confronti di una maestra della Scuola Elementare Renzini di Spinaceto, alla periferia di Roma».
Questa la triste notizia di cronaca letta nei giorni scorsi, in un contesto già ben noto di difficoltà oggettive incontrate dai bambini autistici e dalle loro famiglie nel percorso scolastico. Per questo già nel 1999 lo psicologo Giovanni Ippolito – insieme a Maria Michela Gambatesa e a Maria Lucia Ippolito – aveva ideato e scritto la favola Calimero e l’amico speciale – più volte ristampata nel corso degli anni (anche a cura dell’ANGSA – Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) – uno tra i pochi strumenti educativi e didattici in grado di migliorare l’integrazione del bambino autistico nella scuola, «livellando – come spiega lo stesso Ippolito – l’immenso divario che c’è tra “patologia” e “normalità”». Un testo, in sostanza, che fornisce alle famiglie dei bambini autistici un valido sostegno per poter integrare il proprio figlio nell’ambito della classe, sensibilizzare gli alunni e orientare gli insegnanti.

Calimero, il celebre “pulcino nero” della pubblicità, è il personaggio principale della favola e insegna ai ragazzi come comportarsi di fronte a un “amico speciale” quale un compagno autistico. Quale mezzo migliore, infatti, per sensibilizzare ed educare un bambino/ragazzo di fronte a una disabilità, se non una favola ricca di immagini e di spunti di riflessione? Grazie alla storia per la quale la Società Rever ha concesso i disegni e all'”impegno” di Calimero, l’autismo diventa dunque un modo di relazionarsi, spostando l’accento sul ruolo dei pari e su chiunque, soprattutto nel contesto scuola, “si incontra-scontra” con il “bambino speciale”.
«Gli insegnanti – spiega Giovanni Ippolito – dispongono in questo modo di un valido strumento per far interagire il bambino/ragazzo disabile con il gruppo dei pari e viceversa, ma questo non basta. Bisogna infatti che la scuola faccia un grosso sforzo per aggiornare gli insegnanti di sostegno circa le nuove metodologie di intervento riconosciute a livello internazionale, come quelle cognitivo-comportamentali e di psicopedagogia speciale. Non conosciamo il caso specifico di Roma, ma alla nostra Associazione Il Cireneo spesso arrivano richieste di aiuto da parte delle famiglie di bambini con autismo, per vari tipi di difficoltà che si vivono a scuola. Infatti, la frustrazione che un insegnante può vivere se incapace di gestire la situazione dal punto di vista emotivo, relazionale e didattico, può portare a commettere errori madornali».

Vale la pena ricordare che Ippolito – insieme a Giovanni Caputo e a Paolo Maietta – è anche autore e ideatore di una nuova metodologia di intervento terapeutico in acqua definita TMA (Terapia Multisistemica in Acqua), della quale il nostro sito si è già occupato alcune volte (se ne legga ad esempio cliccando qui). «Si tratta – sottolinea ancora lo psicologo – di un’opportunità in più per questi bambini che può permettere allo stesso tempo inclusione sociale e attività riabilitativa. Infatti la TMA è una terapia che usando l’acqua come attivatore emozionale, sensoriale e motorio, spinge la persona con disturbi della comunicazione e autismo a una relazione significativa e permette di entrare in contatto con bambini che presentano difficoltà sociali e poca motivazione ad apprendere, modificando i loro schemi comportamentali disfunzionali, in un ambiente ludico, quale è quello delle piscine pubbliche».
Un intervento, dunque, che può consentire a tanti bambini autistici di usufruire di ambienti pubblici e di stare a contatto con i loro coetanei, giocando e al contempo avvalendosi di operatori che attraverso un programma individualizzato possono raggiungere con il bimbo importanti obiettivi riabilitativi. «Infatti – conclude Ippolito – questa metodologia è fondata sul rapporto umano ed è finalizzata alla rieducazione e alla modificazione degli schemi cognitivi, comportamentali, comunicativi, emotivi e di interazione sociale reciproca. L’intervento, quindi, agisce o può agire sull’attenuazione dei sintomi, modificando positivamente i processi comunicativo-relazionali e inducendo importanti cambiamenti “interni” (crescita e sviluppo del Sé) sul piano del comportamento e dell’ interazione sociale».

Frutto di molti anni di esperienza con bambini affetti da autismo, da disturbi generalizzati dello sviluppo e da altre patologie, la Terapia Multisistemica in Acqua ha visto i suoi metodi e i risultati raccolti nell’omonimo libro pubblicato nel 2008 (se ne legga nel nostro sito cliccando qui). E tra le varie iniziative ad essa legate, proprio recentemente, il 6 giugno scorso a Napoli, se n’è svolta una presso il Centro Sportivo Portici, con circa cento bambini autistici provenienti anche da altre Regioni, che si sono incontrati per una grande manifestazione in piscina organizzata da Giovanni Caputo e Paolo Maietta, dando vita, come ricordano gli stessi promotori a «una giornata meravigliosa, dove i bambini con autismo hanno dimostrato le innumerevoli potenzialità che sono capaci di esprimere, se ben sostenuti in percorsi individualizzati. Una manifestazione unica anche per il grande numero di partecipanti che dopo l’attività sportiva hanno fatto festa insieme agli operatori e alle famiglie». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: giovannippolito@libero.it.
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