Forse quel muro comincia a sgretolarsi

Certo, è presto per “cantare vittoria”, ma lo sforzo di comunicazione, massiccio e persino commovente, da parte di associazioni, singoli, persone con disabilità, genitori, operatori, indignati per l’errore clamoroso contenuto nella manovra economica di Tremonti, che prevede l’innalzamento della percentuale di invalidità dal 74 all’85 per cento per accedere all’assegno di invalidità di 256 euro mensili, sembra stia cominciando a fare breccia nel muro del silenzio, innalzato prima di tutto, in modo colpevole, dai giornalisti e da tutti gli organi d’informazione. Oggi, dev’essere chiaro, nessuno sta seriamente difendendo l’attuale attribuzione delle indennità e delle pensioni. Si tratta infatti di un sistema decrepito, farraginoso, sicuramente ingiusto, all’interno del quale l’abuso, o la falsa certificazione, si possono annidare con facilità. Ma questo non ha nulla a che vedere con i diritti negati a persone del tutto incolpevoli, che al momento si trovano quasi sicuramente escluse sia dal mercato del lavoro che dalle provvidenze economiche. Il tutto senza alcun tavolo tecnico di discussione, senza un preavviso, una banale convocazione delle associazioni, insomma qualcosa che assomigli a un processo democratico normale

Guido Guidi, Crepa nel muro, ManduriaPresto per cantare vittoria, troppo presto. Ma lo sforzo di comunicazione, massiccio e persino commovente, da parte di associazioni, singoli, persone con disabilità, genitori, operatori, indignati per l’errore clamoroso contenuto nella manovra economica di Tremonti, che prevede l’innalzamento della percentuale di invalidità dal 74 all’85 per cento per accedere all’assegno di invalidità di 256 euro mensili, sta cominciando a fare breccia nel muro del silenzio, innalzato prima di tutto, in modo colpevole, dai giornalisti e da tutti i media.
La rete, internet, i siti, i social network hanno senza dubbio contribuito come mai in passato alla cosiddetta “controinformazione”, ossia alla diffusione di dati, documenti, prese di posizione, capaci di sgretolare granitiche certezze e luoghi comuni purtroppo assai consolidati. La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), in particolare, sta mettendo a punto una serie di iniziative che dovrebbero, in mancanza di clamorosi ripensamenti governativi, sfociare in una manifestazione pubblica di protesta, in varie città italiane, il 1° luglio prossimo [della mobilitazione unitaria di FISH e FAND, la Federazione tra le Associazioni Nazionali dei Disabili, si legga in questo stesso sito, cliccando qui, N.d.R.].

L’obiettivo è quello di far capire che la manovra, in modo auspicabilmente involontario, colpisce brutalmente una fascia di invalidità vera, all’interno della quale si collocano decine di migliaia di persone con sindrome di Down, solo per citare il fenomeno più conosciuto e grave.
Cominciano a rispondere parlamentari, soprattutto di opposizione, come è ovvio, ma noti per essere capaci di dialogare con la maggioranza in sede di commissione. Vedremo. Io spero che questo avvenga presto, e che il Ministro per primo dia l’annuncio di averci ripensato. Di aver capito che un ragionamento puramente contabile non corrisponde neppure al suo pensiero, dichiarato in questi giorni, di un impegno per un'”economia sociale”, in questi tempi di crisi. Ci sarà tempo, poi, per discutere seriamente dei meccanismi che stanno alla base della certificazione di invalidità.
Io penso che siano vecchi, assurdi, da “burosauri”, non da Paese moderno che accoglie i princìpi dell’ICF, la nuova classificazione funzionale della disabilità messa a punto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e di fatto recepiti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Siamo in presenza, in Italia, di un cumulo di norme che si sono sovrapposte nel tempo, e poi sono state interpretate, “cavillate”, eluse, aggirate, seguendo del resto il sistema in auge nel Paese in ogni campo. Oggi, dev’essere chiaro, nessuno sta seriamente difendendo questa attribuzione delle indennità e delle pensioni; è un sistema decrepito, farraginoso, sicuramente ingiusto, all’interno del quale l’abuso, o la falsa certificazione, si possono annidare con facilità.
Ma questo non ha nulla a che vedere con i diritti negati oggi a persone del tutto incolpevoli, che allo stato attuale si trovano quasi sicuramente escluse sia dal mercato del lavoro che dalle provvidenze economiche. Il tutto senza alcun tavolo tecnico di discussione, senza un preavviso, una banale convocazione delle associazioni, insomma qualcosa che assomigli a un processo democratico normale.
Per un governo che continua a dichiararsi liberale, questi aspetti della manovra sono una sconfessione palese delle intenzioni. Ma se questo è potuto accadere, nel silenzio e nell’indifferenza generali, è perché il luogo comune culturale che sta alla base del ragionamento di Tremonti è davvero assai radicato nella nostra società.

Va aggiunto, per onestà intellettuale, che molte associazioni (e soprattutto molti cittadini) si muovono solo quando si parla di soldi, di indennità, di pensioni. Impegnarsi invece ogni giorno per vedere garantiti i servizi essenziali, dall’assistenza domiciliare al trasporto, dalla scuola al lavoro, dalle cure mediche ai medicinali, è un esercizio assai più minoritario. Il controllo vero sulla qualità della spesa pubblica – spesso eccessiva e mal distribuita – sarebbe un deterrente agli sprechi e porterebbe, assai più di quanto oggi si propone, a una più equa ripartizione delle poche risorse disponibili.
Occorre dunque un pensiero forte, un severo sforzo anche culturale, da parte dell’intero movimento delle persone con disabilità, ma questo sforzo non si può fare sotto scacco, presi come ostaggi dal governo, con davanti poche settimane da riempire freneticamente di iniziative per scongiurare il peggio. Se vogliamo (e personalmente lo desidero davvero) un serio ripensamento del welfare e dei servizi alle persone con disabilità, a maggior ragione dobbiamo oggi costringere Tremonti e il governo a un ripensamento che non dev’essere vissuto come una sconfitta, ma al contrario come un’intelligente presa d’atto di un errore, sempre possibile quando si è alle prese con una manovra così complessa e importante.

Voglio essere irriducibilmente ottimista, anche perché ho visto finalmente una condivisione e una mobilitazione senza precedenti. Anche in «FrancaMente», il mio blog di Vita.blog, la qualità e la quantità dei commenti sono tali da indurre alla speranza e alla fiducia. Eppur si muove. Forse vinceremo.

*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo Eppur si muove.

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