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Reggio nell’Emilia: «Città delle Persone»?

Galleria Parmeggiani a Reggio Emilia, una delle sedi della mostra «Fotografia Europea 2010», assai poco accessibile alle persone con disabilità motoriaReggio nell’Emilia, che si autodefinisce “Città delle Persone”, in realtà non è affatto accessibile. I marciapiedi, infatti, sono sì ampi e comodi, ma i negozi nei quali si può entrare autonomamente si contano sulle dita delle mani in tutta l’area del centro (naturalmente ad eccezione delle farmacie e delle banche), con il risultato che non si vedono persone con la sedia a rotelle per le strade perché non si va in centro a meno che non si abbia voglia di girare all’infinito sui marciapiedi della città!
Già dalla Carta dei Servizi per Disabili, consultabile sul sito del Comune [la si raggiunge cliccando qui, N.d.R.], si evince che l’Amministrazione ha le idee un po’ confuse: c’è infatti una commistione tra persone con disabilità e anziani, tra salute e malattia, tra diversi tipi di problematiche e questo si riflette inevitabilmente sui servizi offerti, che non fanno distinzione tra le varie disabilità, dimenticando completamente le persone che hanno solo difficoltà motorie e che per integrazione intendono il poter vivere in modo autonomo la città, senza necessariamente trascorrere il tempo in centri diurni socio-assistenziali o svolgere attività di tempo libero con altre persone con disabilità, dal momento che integrazione significa prima di tutto dare la possibilità a ciascuno di poter uscire di casa e confrontarsi autonomamente con la società.

L’ultima “ciliegina” è stata la mostra annuale di Fotografia (non) Europea 2010 e ci tengo ad aggiungere il “non” perché una mostra che si definisce “europea” – al di là dei fotografi di nazionalità non italiana – dovrebbe essere organizzata e progettata secondo una visione europea e non provinciale.
Sabato 29 maggio, dunque, sono uscita appositamente per andare a visitare la mostra in centro, che quest’anno prevedeva un itinerario con dieci luoghi che ospitavano le esposizioni e un altro definito Off Circuito Cittadino, che coinvolgeva molti negozianti, con l’esposizione nei loro locali delle opere di fotografia. Ebbene, ho trascorso la sera tra un luogo e l’altro, sono riuscita a visitarne cinque, ma non sono potuta entrare in nessuno di essi perché erano completamente inaccessibili per una persona con disabilità sulla sedia a rotelle come me. Alle 11 e mezza, quindi, sono tornata a casa con il fastidio di avere sprecato una serata e di averla fatta trascorrere in questo modo anche alle persone che erano con me, le quali inevitabilmente visitavano le mostre con una certa fretta poiché io aspettavo fuori.
Sono poi voluta ritornare con il mio compagno a visitare i luoghi restanti e con delusione ho incontrato le stesse difficoltà: le sedi senza barriere architettoniche erano quattro in tutto su dieci (senza contare quelle della mostra Off perché essendo nei negozi del centro erano inaccessibili). Alcuni edifici presentano gradini di media entità che, volendo, si sarebbero potuti facilmente superare con una pedana, altri invece hanno molti scalini.
I Chiostri di San Pietro – aperti al pubblico nonostante i lavori di restauro non fossero finiti – erano muniti di una scala di legno che oltre ai disabili non metteva di certo in sicurezza chiunque accedesse alla mostra, mentre la Galleria Parmeggiani, una casa-museo ricca di mobili, tessuti e dipinti dell’Otto e Novecento, pur essendo accessibile all’ingresso, è letteralmente costellata di gradini interni che non permettono a una persona con disabilità di visitarla (la mostra di fotografia, inoltre, era al primo piano e naturalmente senza ascensore).

Credo che non vi siano giustificazioni per la scelta di siti inaccessibili; l’ingegneria e l’architettura, infatti, hanno fatto passi in avanti nella costruzione di aggiustamenti per eliminare le barriere, lasciando inalterati gli elementi architettonici artistici: sostenere perciò che un edificio è storico e in quanto tale non è possibile eliminarvi le barriere architettoniche, è una motivazione non più sostenibile in una città europea del 2010. Del resto non si vuole andare sulla cima del Monte Cusna [la maggiore vetta dell’Appennino Reggiano, N.d.R.], il che evidentemente sarebbe una richiesta fuori luogo.
Ho avuto anche la possibilità di chiedere spiegazioni all’assessore comunale alla Cultura e all’Università Giovanni Catellani, presente come ospite in una trasmissione televisiva di una rete locale, e alla mia domanda sul tema dell’accessibilità, ha risposto che «si sono resi conto delle barriere presenti in molte sedi e che hanno deciso ugualmente di renderle visitabili dalle persone». Persone? I disabili forse per l’Assessore non sono persone? O piuttosto non sono persone come tutte le altre, con il desiderio e il diritto di poter visitare una mostra e i palazzi della città?
È difficile credere che possa cambiare la mentalità di una Giunta Comunale che regala questo tipo di risposte, ma sento di poter chiedere apertamente che il prossimo anno la guida della mostra di fotografia contenga i dati sull’accessibilità: quando si presenta infatti un’esposizione come aperta a tutti, con tanto di indicazione di locali pubblici, hotel e alberghi, si deve anche tenere conto che esiste un’utenza di persone con disabilità che se arrivano da un’altra città appositamente per visitare la mostra di fotografia, hanno tutto il diritto di non trascorrere le ore a cercare il luogo accessibile, ma di avere ben chiari dalla guida i posti che possono liberamente e autonomamente visitare.
Reggio nell’Emilia, “Città delle Persone?”.

La denuncia della Lettrice è ampia, documentata e difficilmente confutabile. Le pagine di Superando, naturalmente, sono aperte come sempre ad ogni eventuale e motivata replica. Un’unica, rapida nota, vogliamo aggiungere: forse, nonostante tutto, pur con le varie inaccettabili barriere segnalate, Reggio Emilia resta ancora leggermente avanti rispetto ad altre realtà del nostro Paese. Se infatti la Lettrice vi dà per scontata l’accessibilità delle «farmacie e delle banche», possiamo garantire che in molte altre città italiane questo non succede affatto, in particolare per quanto riguarda le banche. (S.B.)

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