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Un dialogo tra sordi?

Mano sull'orecchioAlcuni dei nostri figli con disabilità sono sordi. Le nostre famiglie, invece, non sono sorde affatto, specialmente per tutto quello che riguarda i loro ragazzi. E il dialogo con i professionisti della riabilitazione dell’età evolutiva (ma non solo quelli) resta un punto assai importante, come importante è il dialogo con le Istituzioni.

Ebbene, entrambi questi dialoghi sono in stato di grave sofferenza. Quello con le Istituzioni è diventato un balletto di smentite e di conferme, con un unico punto fisso: sempre meno, sempre più difficili. Che cosa? Gli aiuti naturalmente, le previdenze normative ed economiche, gli sgravi fiscali, l’integrazione scolastica, l’inclusione sociale.
Non molto differente il discorso con i professionisti della riabilitazione, prevalentemente arroccati su posizioni che negano nei fatti una collaborazione paritetica con le famiglie. L’autoreferenzialità, il ritenersi portatori di un sapere “rivelato”, il misconoscere l’utilità e l’importanza delle conoscenze accumulate dalle famiglie in decenni di riabilitazione domiciliare, il prevalere degli interessi professionali su quelli dell’utenza. E poi il peso anche politico delle strutture accreditate che solitamente vedono la domiciliarità dei trattamenti come il fumo negli occhi.

Naturalmente non è sempre rigorosamente così, esistono professionisti aperti al dialogo e all’arricchimento professionale, culturale e umano reciproco. Purtroppo non sono molti. Attendiamo ansiosamente di essere smentiti. Nei fatti.

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

Sulle questioni affrontate in questo testo, suggeriamo anche la lettura di: Chiediamo un dialogo che vada oltre le «belle parole sulla famiglia» (Giorgio Genta), disponibile cliccando qui.
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