Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti accusa le Regioni, addossando loro la responsabilità di avere fatto «esplodere la spesa per le pensioni di invalidità civile» e lo motiva – strumentalmente – con la cervellotica e indimostrata correlazione con la riforma del Titolo V della Costituzione. In altre parole, le Regioni, in modo scriteriato, avrebbero approfittato della redistribuzione delle competenze, per far spendere allo Stato «una valanga di miliardi a favore dei “falsi invalidi”».
Silenzio da parte delle Regioni le quali per ora non osano replicare che dal 2001 le loro competenze in materia di invalidità – con buona pace del federalismo – si sono in realtà ristrette (a favore dell’INPS), fino a diventare meramente ancillari di un procedimento imposto da Roma, anzi, proprio dal Ministero dell’Economia.
La prosa e gli eccessi del Ministro sono, ancora una volta, funzionali a distrarre l’attenzione da altro. Nelle stesse ore di tali dichiarazioni, infatti, la Commissione Bilancio del Senato sta approvando l’emendamento di Tremonti che, contro ogni ragionevolezza, colpisce durissimamente le persone con disabilità (se ne legga in questo stesso sito cliccando qui).
Tale emendamento del Governo, ancora sottovalutato da moltissimi analisti, crea una disparità di dubbia costituzionalità e di incerto buonsenso fra gli invalidi civili parziali: chi ha la “fortuna” di essere affetto da una patologia singola per la quale è prevista un’invalidità del 75% avrà infatti l’assegno anche se non raggiunge l’85% di invalidità. Chi è colpito invece da due patologie o menomazioni, la cui somma dia l’80%, non ha diritto a nulla.
Ma ancora più grave appare la modificazione dei criteri per l’indennità di accompagnamento. La nuova definizione medico-legale, particolarmente restrittiva, consentirà l’accesso a quella provvidenza praticamente solo alle persone in stato vegetativo o poco più. L’indennità, infatti, verrà concessa solo a chi non è in grado di svolgere «il complesso degli atti elementari» della quotidianità: mangiare, bere, vestirsi, andare al bagno. Oppure a chi è immobilizzato.
Questo criterio crea una disperata schiera di nuovi esclusi: persone con sindrome di Down; persone che deambulano a fatica e tra mille difficoltà (amputati, poliomielitici); persone che riescono a guidare con adattamenti; probabilmente persone che lavorano; persone che riescono a vestirsi o a mangiare, ma che magari non sanno dove sono, chi sono, dove vanno.
A compensare queste «accettabili autonomie», dice la relazione all’emendamento, ci sono gli ausili e gli interventi dei «servizi integrati, previsti pressoché ovunque da norme attuative specifiche»…
«Si tratta della peggiore aggressione nella storia repubblicana alle politiche sociali di inclusione delle persone con disabilità – rimarca Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – per la quale possiamo dire di essere fuori da ogni garanzia costituzionale». «Non staremo a guardare – aggiunge Giovanni Pagano, presidente della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali dei Disabili) – e il 7 luglio saremo in piazza per far sentire ancora una volta la nostra voce».
Ed è infatti confermata per il 7 luglio (in Piazza Montecitorio a Roma dalle ore 10) la manifestazione unitaria indetta da FAND e FISH, vale a dire le due Federazioni che raggruppano le maggiori e più significative associazioni italiane di persone con disabilità e dei loro familiari. (Ufficio Stampa FISH)
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