Com’è ormai noto, le rassicurazioni sullo stralcio del comma 1 dell’articolo 10 della Manovra Finanziaria Correttiva [Decreto Legge 78/10,, N.d.R.], fatte dal presidente della Commissione Bilancio del Senato Antonio Azzollini, sono state da lui direttamente smentite il 29 giugno, attraverso la presentazione di un apposito emendamento che di fatto ripristina e per alcuni versi peggiora la proposta iniziale, anche se esclude alcune categorie di disabilità previste dalle tabelle con percentuali di invalitidà fisse, massime o superiori al 74% (cecità monoculare, sordomutismo, paresi, malattie psichiatriche, cardiopatie ecc.), tra cui la trisomia 21, detta anche sindrome di Down. E tuttavia non per questo ci dichiariamo soddisfatti.
Le motivazioni del relatore dell’emendamento sostengono in questo modo la volontà di tutelare «le gravi patologie anche se presenti singolarmente piuttosto che complessi invalidanti basati su una pluralità di minorazioni», come a dire che “è meglio essere disabili tutti d’un pezzo… che un pezzo per volta”!
Cosa ancor più grave è poi l’inserimento di una nuova norma originariamente non prevista e che riguarda una nuova definizione di non autosufficienza, che dev’essere permanente e quindi riconosciuta esclusivamente «in rapporto alle limitate possibilità fisiologiche e di deambulazione».
La concezione e la pratica di autonomia di una persona non sono di facile definizione. L’insieme di relazioni, infatti, implica molti aspetti che da soli e presi singolarmente non sono sufficienti per determinare tale condizione, intesa genericamente come «capacità di muoversi da sé». Un primo grado di autonomia sembrerebbe dunque legato alla condizione della deambulazione.
Ebbene, è certo che una persona colpita da paralisi agli arti, in varie forme, manca di autonomia di movimento e quindi di un grado di autodeterminazione importante. Occorre però non avere della deambulazione un’accezione solo meccanica. Infatti, la capacità di muovere gli arti e di percorrere alcuni tratti di strada e superfici interne edificate è sicuramente una forma di “indipendenza meccanica” maggiore di quella posseduta da chi è affetto da paralisi paraplegica e ancor più tetraplegica, ma la deambulazione non si limita al moto degli arti. Essa implica anche la consapevolezza dello scopo del moto e la capacità di perseguire l’obiettivo senza compromettere la propria sicurezza e concludere i processi in tempi adeguati ed efficienti.
Evidentemente queste accezioni non sono state minimamente considerate di fronte alla necessità di effettuare comunque tagli indiscriminati sulla pelle di chi non è in grado di provvedere diversamente alla propria autonomia.
Il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down) ha inviato a suo tempo ai due rami del Parlamento una richiesta di rivedere quanto previsto nella Manovra Finanziaria e nonostante le assicurazioni formalmente ricevute, a tutt’oggi sembra che le nostre istanze non siano state prese minimamente in considerazione. Quindi ribadiamo con forza la nostra determinazione affinché il comma 1 dell’articolo 10 venga definitivamente stralciato senza nessuna ulteriore norma compensativa.
*Coordinatore nazionale del CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down).