Quasi tremila firme in tre giorni, in pieno week end di luglio. Se qualcuno aveva dubbi circa il livello di rabbia e di delusione che stanno provando in questi giorni centinaia di migliaia di cittadini italiani con disabilità, ma non solo loro, di fronte alle proposte contenute nella manovra economica del Governo e peggiorate, se possibile, negli emendamenti del presidente della Commissione Bilancio del Senato, Azzollini, ora deve ricredersi. Grazie a «Vita.it» e all’impegno della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) la petizione Giù le mani dai disabili [vi si può accedere e aderire cliccando qui, N.d.R.] sta diventando uno strumento attivo di partecipazione, di comunicazione e di consapevolezza.
Ho riflettuto molto in questi giorni. Un elemento che non è mai emerso con sufficiente chiarezza mi pare questo. È gravissimo e inaccettabile che i criteri di certificazione dell’invalidità e di assegnazione degli eventuali “benefìci” (sic!) economici siano discussi e decisi da una commissione parlamentare del tutto incompetente al riguardo, e da un ministro, quello dell’Economia, che non ha alcuna voce in capitolo e nessuna esperienza specifica. In tutti questi giorni ho notato il silenzio, su questo aspetto della manovra, da parte del ministro del Welfare Sacconi. Come mai? Non voleva esporsi? Non voleva litigare con Tremonti? Condivideva il suo fervore, ma non riteneva opportuno schierarsi? Oppure si è semplicemente reso conto di essere stato tagliato fuori da una materia di competenza sua e dei suoi dirigenti ministeriali, le stesse persone che si erano impegnate a Torino, al termine della Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità dell’ottobre 2009, a riformare seriamente l’intera partita del sistema di welfare attorno alla disabilità?
Ricordate i LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza? Che fine hanno fatto? Dove è sparito l’impegno di concludere con le Regioni un percorso serio di individuazione degli strumenti più corretti per evitare sprechi da una parte, per garantire diritti e servizi alle persone giuste dall’altra? Dove è finito l’Osservatorio Nazionale previsto dalla Convenzione ONU, legge dello Stato, e promesso alle associazioni ormai nella notte dei tempi? Che fine ha fatto la riforma del Nomenclatore Tariffario degli Ausili, fermo da oltre dieci anni? Dove sono finiti i fondi per la non autosufficienza? Chi si sta occupando seriamente di verificare in quale modo l’anno prossimo sarà garantita l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità? Chi ha preso in mano la questione dell’applicazione della Legge 68 del ’99 sull’inserimento lavorativo dei disabili in tempi di crisi e di “libertà d’impresa”, dopo lo sciagurato precedente di Alitalia? Chi si è preoccupato di fare un’indagine Istat aggiornata sui veri numeri della disabilità in Italia? Chi si è accorto che con la “morte del censimento” è sparita anche la possibilità di avere quei numeri che tanto piacciono a Tremonti? Chi nel Governo ha pensato in questi giorni di ascoltare veramente e con calma tutte le associazioni rappresentative dei disabili per apprendere, dai diretti interessati, in che modo seriamente si possa combattere il fenomeno dell’elusione fiscale e della falsa certificazione d’invalidità? Chi si è occupato seriamente e in modo competente delle richieste formulate dai malati di SLA (sclerosi laterale amiorofiche), dopo le promesse del ministro della Salute Fazio? Chi ha preso in giro persino le famiglie delle associazioni di Malattie Rare?
«The answer, my friend, is blowing in the wind»: la risposta è caduta nel vento. La risposta è: nessuno.
Ecco perché andrò a Roma, io, cavaliere a rotelle di 57 anni, in dubbio perfino sul senso di questa onorificenza così importante e così inutile se nessuno mi ascolta. Andrò assieme ai miei amici di tante battaglie, incontrerò persone dignitose, cittadini forti, dalla schiena dritta, anche se deformata dalla scoliosi, dalla sedia a rotelle, da una vita in salita, sempre in salita, sempre ad esplorare il futuro, sperando sia in grado di riservare un posto dignitoso di cittadinanza. In questo Paese che amo, che è il mio Paese. E nel quale, oggi, voglio vincere una battaglia perché sia per sempre, perché sia un punto di svolta e di non ritorno. Perché non ci provino più a fare i furbi, a mettere le mani nelle tasche dei disabili ammantandosi da moralisti, perché ci ascoltino, una buona volta.
Andrò a Roma, con orgoglio, con il sorriso sulle labbra e con il cervello affilato. È giusto così.
*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il medesimo titolo Ecco perché sarò a Roma e qui ripreso con adattamenti.