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Licenziamento dei lavoratori disabili avviati dai servizi per il collocamento obbligatorio

Particolare di persona in carrozzina al lavoro a una scrivaniaLa recente Sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 21965 del 27 ottobre 2010, in tema di licenziamento di un lavoratore disabile per mancato superamento del periodo di prova, offre lo spunto per uno sguardo d’insieme sulle tutele e sulle cautele di cui la legge e la giurisprudenza circondano il licenziamento di un lavoratore avviato da parte dei servizi competenti per il collocamento obbligatorio dei disabili.

Licenziamento per mancato superamento del periodo di prova
Il rapporto di lavoro instaurato obbligatoriamente con un lavoratore disabile può interrompersi innanzitutto per mancato superamento del periodo di prova.
La possibilità di subordinare l’assunzione definitiva al superamento di un periodo di prova è stata in passato (e talvolta ancora oggi) fortemente messa in dubbio da parte dei servizi competenti per il collocamento obbligatorio, per una presunta incompatibilità con l’obbligo di legge e per il timore che un suo abuso potesse favorirne l’elusione.
In assenza di un esplicito divieto, però, la giurisprudenza – pressoché unanime – è stata sempre chiara nell’ammettere la possibilità di apporre il patto di prova all’assunzione obbligatoria, in quanto l’obbligo di contrarre e adibire il lavoratore a mansioni compatibili con la sua disabilità comprime, ma non elimina, l’autonomia negoziale delle parti e non impedisce ad essa di esplicarsi nella scelta delle clausole accessorie del contratto, che pertanto non si riduce a un negozio vincolato, cui le parti devono semplicemente aderire (ex multis Cassazione, n. 1763/79).
Piuttosto, la giurisprudenza ha circondato di particolari cautele l’esercizio del diritto di recesso senza preavviso e senza motivazione che la legge riconosce durante il periodo di prova, per contemperarlo con la necessaria salvaguardia dello spirito e dell’efficacia della normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili.
Così è stato deciso, innanzitutto, che la prova debba avere ad oggetto mansioni compatibili con lo stato invalidante del lavoratore (Cassazione n. 5541/03) ed essere limitata alla residua capacità lavorativa dell’invalido, senza poter operare paragoni fra il suo rendimento e quello del lavoratore medio (Cassazione n. 1764/79).
In secondo luogo, si è deciso che, sebbene il recesso per mancato superamento del periodo di prova non richieda per la sua validità una contestuale motivazione, ugualmente il datore di lavoro è tenuto a spiegarne le ragioni, serie e obiettive, qualora il lavoratore disabile ne faccia successivamente richiesta, anche prima del giudizio (Cassazione n. 3689/98), allo scopo di consentire un vaglio particolarmente attento sull’adeguatezza delle mansioni assegnate e sull’inidoneità dimostrata dal lavoratore a svolgere tali mansioni o anche altre reperibili nell’organizzazione aziendale (Cassazione n. 13726/00), mentre di regola è il lavoratore a dover dimostrare che l’esperimento non è avvenuto o che ha avuto esito positivo o che esiste un diverso motivo discriminatorio alla base del licenziamento (Cassazione n. 7536/87).

Qualora il datore di lavoro abbia dimostrato la compatibilità delle mansioni assegnate, l’assoluta insufficienza del rendimento del lavoratore disabile in tali mansioni, e anche nelle altre mansioni a lui successivamente offerte, incombe allora sul lavoratore l’onere di fornire la prova contraria degli eventuali motivi illeciti del licenziamento o della possibilità di reperire in azienda altre mansioni Operaio in carrozzina al lavoro con la fiamma ossidricamaggiormente confacenti (Cassazione n. 9705/00), con conseguente nullità, accertabile anche d’ufficio dal giudice, del recesso che risulti determinato o comunque influenzato dalla condizione di svantaggio cui la legge collega l’obbligo di assunzione (Cassazione n. 5541/03).
Tale orientamento è ribadito dalla recente Sentenza della Corte di Cassazione n. 21965 del 27 ottobre 2010, confermando che il recesso per mancato superamento del periodo di prova non richiede una formale comunicazione del motivo per la sua validità, ma che il datore di lavoro ha l’onere di dimostrarne le ragioni, serie e obiettive, senza le quali il licenziamento deve ritenersi nullo.

Considerato, tuttavia, che l’illegittimità del licenziamento intimato durante il periodo di prova è sottratta all’applicazione della Legge 604/66 e quindi alla tutela reale dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori [Legge 300/70, N.d.R.], essa non comporta la reintegra nel posto di lavoro, ma soltanto il risarcimento del danno secondo le regole ordinarie in materia di nullità degli atti civili, che la Corte quantifica nelle sole retribuzioni che il lavoratore avrebbe potuto percepire fino al termine del periodo di prova concordato, ponendosi nel solco di autorevoli precedenti giurisprudenziali (Cassazione n. 7821/87).
Trattandosi però di un’assunzione obbligatoria, ad avviso di chi scrive le conclusioni avrebbero potuto essere diverse da quelle ordinarie, poiché l’aspettativa di consolidamento dell’assunzione è certamente più forte di quella ordinaria e comunque l’accertata illegittimità del licenziamento potrebbe esporre il datore di lavoro alle sanzioni previste per la colpevole scopertura della quota di riserva.

Si segnala, infine, che è controversa la possibilità di un nuovo avviamento da parte dei servizi competenti per il collocamento obbligatorio dei disabili dello stesso lavoratore già licenziato per mancato superamento del periodo di prova, in quanto la mancanza di un’espressa motivazione non consente di accertare con sufficiente certezza le concrete ragioni del recesso e, pertanto, la giurisprudenza ha talora ritenuto legittimo un nuovo avviamento, magari a distanza di tempo e dopo un serio percorso formativo (Cassazione n. 12134/98).

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo
In linea di principio, non è esclusa la risoluzione del rapporto di lavoro instaurato obbligatoriamente con un lavoratore disabile a seguito di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, in quanto la legge impone di assumere soggetti ipoteticamente meno produttivi, ma non anche di mantenere in servizio chi si sia dimostrato del tutto incapace di un sia pur minimo rendimento e inserimento nella realtà aziendale (Cassazione n. 5688/85).
Il licenziamento, tuttavia, è condizionato alla dimostrata impossibilità di trovare al lavoratore una collocazione confacente nell’organizzazione aziendale, per inaccettabili intemperanze comportamentali o per l’irreperibilità di mansioni compatibili con le sua residua capacità lavorativa, nonostante tutti gli accorgimenti e adattamenti possibili, accertata da un organismo pubblico imparziale, la Commissione Medica di cui alla Legge 104/92, sentito il Comitato Tecnico costituito in seno alla Commissione Provinciale per le Politiche del Lavoro (articolo 10, comma 3 della Legge 68/99).
Certo, non è difficile immaginare che tanti imprenditori preferiscano incentivare economicamente le dimissioni del lavoratore, piuttosto che sottostare a una procedura così lunga e complessa e dall’esito incerto.
Donna in carrozzina al lavoro al computerNell’eventualità di un nuovo avviamento da parte dei servizi competenti, deve ritenersi giustificato il rifiuto da parte del datore di lavoro di riassumere lo stesso lavoratore già licenziato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, che presuppone inadempienze tali da pregiudicare definitivamente il vincolo di fiducia essenziale al rapporto di lavoro (principio generale desumibile anche dall’abrogato articolo 15 della Legge 264/49).

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Il rapporto di lavoro obbligatoriamente instaurato con un lavoratore disabile può interrompersi anche a seguito di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, riconducibile a una situazione di crisi o ristrutturazione aziendale, come nel caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale ai sensi della Legge 223/91 (Cassazione n. 15049/09). Il licenziamento è tuttavia annullabile qualora, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, non risulti rispettata la quota d’obbligo, in relazione ai lavoratori rimanenti in organico (articolo 10, comma 4 della Legge 68/99).
Si tratta evidentemente di una disposizione speciale, volta ad evitare che la riduzione di personale diventi l’occasione per “disfarsi” dei lavoratori avviati dai servizi per il collocamento obbligatorio dei disabili, che comunque introduce un ulteriore criterio legale di scelta dei lavoratori da licenziare, sia pure sussidiario, che nella sua estrema rigidità potrebbe anche portare a conseguenze paradossali.
Che fare, ad esempio, se non dovesse essere rispettata la quota di riserva nel caso della chiusura di un intero reparto con tutto il personale addetto, compresi gli eventuali disabili? “Riciclarli” in altri reparti caratterizzati da una diversa professionalità potrebbe risultare non facile e si profila il rischio che l’imprenditore, già pressato dalle ragioni economiche, possa invocare il rispetto della proporzione di legge per licenziare un numero di lavoratori validi superiore a quello strettamente necessario.
Il lavoratore disabile licenziato per un giustificato motivo oggettivo ha diritto a reiscriversi negli elenchi del collocamento obbligatorio, mantenendo la posizione che aveva acquisito all’epoca del precedente avviamento nell’azienda ora in crisi, presso la quale potrà anche essere nuovamente avviato in tempi migliori, poiché il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non implica una valutazione negativa sulla persona del lavoratore e non può essere opposto come motivo di rifiuto a un successivo nuovo avviamento dello stesso lavoratore (Cassazione n. 12134/98).

Licenziamento per disabilità sopravvenuta o insussistente
Talvolta la risoluzione del rapporto di lavoro obbligatoriamente instaurato con il lavoratore disabile può avvenire per vicende relative alla stessa condizione di disabilità, che ne fu la causa.
È bene rammentare che l’insorgere o l’aggravarsi della disabilità dopo l’assunzione, per infortunio sul lavoro o malattia professionale o per cause estranee all’attività lavorativa, di per sé non costituisce un giustificato motivo di licenziamento, neppure qualora la menomazione sia incompatibile con le mansioni svolte, in quanto il lavoratore divenuto inabile a svolgere le proprie mansioni ha comunque diritto ad essere adibito ad altre mansioni confacenti con la sua condizione, possibilmente equivalenti alle precedenti o in mancanza anche inferiori, se vi acconsente, conservando la retribuzione precedente, se più favorevole.
Soltanto la dimostrata impossibilità di reperire altre mansioni confacenti o il rifiuto di svolgere le mansioni inferiori eventualmente disponibili (Cassazione n. 5112/07) possono costituire un valido motivo di licenziamento e in tal caso il lavoratore divenuto disabile verrà avviato dai Servizi competenti presso un’altra azienda, in attività compatibili con le sue residue capacità lavorative, direttamente e senza necessità di iscrizione nelle graduatorie del collocamento obbligatorio (articolo 4, comma 4 della Legge 68/99).
La giurisprudenza, infine, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento intimato, anche a distanza anni, a un dipendente pubblico che aveva ottenuto il posto di lavoro nell’ambito della quota d’obbligo a favore dei disabili, producendo falsi certificati medici attestanti la propria invalidità (Cassazione n. 27877/08).

Risoluzione per scadenza del termine
La risoluzione del rapporto di lavoro instaurato obbligatoriamente può avvenire anche per scadenza del termine pattuito all’atto dell’assunzione con contratto a tempo determinato.
Giovane in carrozzina al lavoro, parla con una ragazzaLa giurisprudenza, infatti, in assenza di espliciti divieti, ha ritenuto «non incompatibile con il sistema del collocamento obbligatorio… l’apposizione di un termine di durata al contratto di lavoro stipulato con il soggetto appartenente alle categorie protette» (Cassazione n. 11440/91; n. 14823/01), naturalmente a condizione che esso sia riconducibile alla libera volontà del lavoratore e sia pattuito nel rispetto dei requisiti di legge.
Pertanto l’assunzione a termine dovrà essere giustificata da ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare in forma scritta sul contratto, e dovrà rispettare i limiti, anche numerici, posti dalla legge e dalla contrattazione collettiva ovvero dovrà essere prevista da un’apposita convenzione stipulata con i servizi competenti, a norma dell’articolo 11 della Legge 68/99.
Alla scadenza del termine, come sempre, la proroga è ammessa una sola volta, fino a una durata complessiva di tre anni, mentre il rinnovo è possibile solamente dopo un intervallo di dieci giorni o venti giorni, se la durata del precedente contratto era superiore a sei mesi, fino a un massimo di trentasei mesi complessivi (articoli 4 e 5 del Decreto Legislativo 368/01). Al riguardo, però, il Ministero ha precisato che, salvo convenzioni con i servizi competenti, i lavoratori disabili assunti con contratto a tempo determinato sono computabili ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di riserva solo se la durata del contratto è di almeno nove mesi, argomentando sulla base dell’articolo 4 della Legge 68/99, che se i lavoratori occupati con contratti a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi non sono computabili tra i dipendenti ai fini del calcolo della quota di riserva, a fortiori [a maggior ragione, N.d.R.] devono ritenersi non computabili ai fini della copertura della quota d’obbligo (Interpello n. 66/09).

Da ultimo, si segnala che l’articolo 6, comma 4 della Legge 99/09 ha definitivamente chiarito che l’ordinaria comunicazione al Centro per l’Impiego della cessazione del rapporto di lavoro di un dipendente computato nella quota di riserva vale ad assolvere anche l’obbligo di darne comunicazione ai servizi competenti per il collocamento obbligatorio dei disabili, entro dieci giorni, ai fini della sostituzione con altro lavoratore avente diritto, prevista dall’articolo 10, comma 5 della Legge 68/99.

*Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena. Testo già apparso con il titolo di Il licenziamento dei lavoratori disabili avviati dai servizi per il collocamento obbligatorio in «La Circolare di Lavoro e Previdenza» n. 3 del 17 gennaio 2011 e qui ripreso per gentile concessione della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena.
Nel testo originale presente la nota: «Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione pubblica di appartenenza».

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