Sono circa una dozzina di patologie rare, le malattie autoinfiammatorie, chiamate, fino al 2000, semplicemente “febbri periodiche”.
Si tratta di un vero e proprio mondo di malattie ancora poco note al pubblico e agli stessi specialisti, per le quali, tuttavia, sono stati fatti in pochi anni grandi passi avanti nella ricerca, nella diagnosi e nella cura. Si stima che i pazienti italiani coinvolti in questo problema siano circa cinquecento.
Di tutto ciò si parlerà a Roma, l’8 e il 9 aprile (Centro Convegni Arciconfraternita Sant’Omobono, Via Aurelia, 773), nel corso del 3° Meeting Nazionale promosso dall’AIFP (Associazione Italiana Febbri Periodiche) e intitolato Malattie Autoinfiammatorie: progressi nella diagnosi e nelle terapie, cui parteciperanno specialisti e ricercatori provenienti anche da Siena e da Napoli, oltre che dalla Capitale.
«Chi ha una diagnosi di malattia autoinfiammatoria – spiega Paolo Calveri, presidente dell’AIFP, organizzazione aderente a UNIAMO-FIMR (Federazione Italiana Malattia Rare) – sente parlare di TRAPS o CAPS (acronimi di malattie di cui il nome per esteso è difficile da ricordare), di sequenziamento del gene, di esoni, di polimorfismi, di anticorpi monoclonali, di “farmaci biologici”: si tratta di termini “nuovi” ed evocatori di alta tecnologia. Stiamo quindi parlando di malattie moderne? No, sono infatti malattie genetiche forse antichissime e come esempio emblematico, possiamo ricordare la febbre mediterranea familiare, abbastanza diffusa sia tra gli ebrei che tra i palestinesi, nonostante le loro ataviche differenze religiose e culturali». (S.B.)