Nel bel tempo andato, una delle più ricorrenti giustificazioni ai molti misfatti di corruttela che infarcivano e infarciscono da sempre la politica italiana era racchiusa in due semplicissime parole: «Tengo famiglia!». Oggi, però, questa scusante è quasi abbandonata e quindi dobbiamo constatare il totale disimpegno dei nostri “nominati” dalle politiche familiari, anche nel lessico del malcostume.
Che poi oggidì questi misfatti siano diventati così diffusi da essere confusi con gli atti politicamente leciti e da essere oggetto di continui deprezzamenti sul piano della gravità dell’infrazione e della pena correlata, è purtroppo opinione corrente.
Una specifica variante sul tema, tuttavia, non ci risulta ancora utilizzata: «Tengo famiglia con disabilità!». E che la più faticosa, costosa e impegnativa delle varianti familiari non sia ancora stata adottata politicamente come scusa per arraffare, mallevare, distogliere o riciclare denaro, appare quanto meno singolare, pur presentando un aspetto consolatorio per nulla trascurabile.
Forse in un Paese dove le tasse le pagano prevalentemente i più poveri, le abitazioni vengono concesse ad affitti ultra-equi solo ai più ricchi, i fondi per coprire le multe delle ormai storicamente famose “quote latte” vengono stornati da quelli destinati all’assistenza ai malati gravi, in un tale Paese, dicevamo, finché esisteranno genitori, sorelle, fratelli e talvolta persino amici, che giornalmente e incessantemente si adoperano per consentire la miglior vita possibile alle persone con disabilità, esisterà ancora una possibilità che assieme alla dignità della classe politica non tutto sia andato perduto.