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Le mie gambe continuano a zoppicare, ma la mia anima no

Mirella SantamatoMirella Santamato è un’affermata giornalista, scrittrice e poetessa a livello internazionale. La sua prorompente bellezza l’ha portata anche a posare come modella per servizi fotografici e a sfilare sulle passerelle della moda. La sua intelligenza ha messo in difficoltà gli uomini.
Sposata, mamma di Elisa ed Elena, entrambe laureate, conduce una vita piena di impegni, tra conferenze, seminari e redazioni. È inoltre vicepresidente dell’Associazione “Altro pensiero”. (Annalisa Benedetti)

Mirella, la sua lotta per affermarsi nella vita comincia da piccolissima, quando una forma di poliomielite le paralizza gran parte dei muscoli del corpo e la porta alla soglia della morte. Chi la salvò?
«L’amore di mia mamma, che si prodigò, giorno e notte, per anni e anni, con ginnastica e pratiche terapeutiche affinché le mie gambe potessero riacquistare la forza di camminare. Ci siamo riuscite insieme e ora posso camminare in modo sufficientemente disinvolto, anche se con l’uso di un bastone».

Che cosa ricorda della sua infanzia e della sua adolescenza?
«Tanta paura. Paura di questa “diversità” che agli occhi degli altri appariva così strana e che mi attanagliava d’angoscia ogni volta che incontravo un bambino nuovo. Attraverso gli occhi degli altri bambini percepivo la loro e la mia paura. Credo che tutti i bambini sentano la paura di un mondo che non conoscono ancora, ma un handicap amplifica e aumenta questa percezione».

I suoi genitori decisero di portarla in Svezia per una particolare riabilitazione. Che cosa imparò in quegli anni e come fu l’impatto con il rientro in Italia?
«In Svezia non curarono le mie gambe, ma, appunto, la mia paura. La mia paura di cadere, ad esempio. In Italia cercavano, per diminuire il rischio delle cadute, di limitare le mie uscite fuori casa, in Svezia esattamente il contrario. Più c’era rischio di cadere, più loro mi spronavano a farlo e mi procuravano della cadute apposta affinché io superassi quella paura. Solo cadendo si impara a cadere e a non farsi male. Io imparai a cadere, come fanno gli stunt-men nei film. Ora posso andare ovunque e non ho più paura».

Come si è evoluto negli anni il rapporto con il suo corpo e la sua femminilità?
«Superata l’età infantile, tutti hanno l’impatto con la sessualità e tanti disagi adolescenziali nascono proprio da questo “impatto” sconosciuto. Come ho già detto, un handicap semplicemente amplifica i problemi: se un adolescente normale ha, supponiamo, un quoziente 80 di disagio, un adolescente con handicap ne avrà 180. Sapevo che un handicap fisico non avrebbe limitato la mia capacità di studio, né probabilmente quella lavorativa, se fossi stata brava, ma quella affettiva? Quella sessuale? Questi erano i campi impervi su cui mi dovevo misurare».

E come è andata?
«L’indagine su questo campo è stata sorprendente. Pensavo, come tutti mi avevano indotto a credere, che fossero le mie “gambe”, la mia “coda di pesce” ad impedire agli uomini di amarmi. Invece no. Il mio corpo andava loro benissimo, anzi! Il novanta per cento degli uomini che ho incontrato avrebbero fatto sesso con me sempre! Ero riuscita ad essere così bella fisicamente da risultare una donna attraente, fotografata dai più grandi fotografi di moda! Il punto, ahimè, era un altro. Il vero handicap non erano le mie gambe poco salde, ma il mio cervello troppo saldo. Gli uomini fanno fatica a relazionarsi con una donna intelligente, purtroppo. Vogliono ancora dominare, come è nel loro antico patrimonio culturale e non capiscono cosa si perdono! Insomma, il mio handicap non era ciò che “funzionava male” in me, ma ciò che funzionava “troppo bene”!».

Lei cita spesso l’anima come l’elemento del nostro essere dal quale tutto dipende: la sofferenza, la malattia, il dolore, ma anche la forza, la gioia e la voglia di vivere…
«L’anima è un termine molto discusso, sia in filosofia che nelle religioni. Parlo di anima intendendo la forza vitale che ci anima, appunto. È una forza divina, trascendente, che, se ben compresa, ci aiuta a capire la vita. Solo se seguiamo i sentieri che l’anima ci indica, possiamo percorrere la vita in modo stupendo. Il rispetto delle esigenze dell’anima è prioritario su tutto il resto!».

C’è una corrente spirituale o di pensiero o una religione alla quale sente di appartenere?
«Non sento di appartenere a nessuna corrente di pensiero se non, appunto, al libero pensiero. Lo spirito si fa “sentire” dentro il cuore di ognuno di noi, per chi lo sa individuare tra le tante voci che parlano dentro di noi. Individuare questa “voce di verità” è stata la mia salvezza. Credo che le religioni o le filosofie contengano “brandelli di verità” mescolati a tante falsità e inganni. Per nostra fortuna, abbiamo una strada maestra dentro di noi che, una volta aperta, ci guida sicura verso la verità e lì troviamo la felicità».

I seminari e le conferenze che conduce, aiutano le persone a trovare la propria “strada maestra”?
«Sì. Li ho creati proprio perché nella mia vita seguire il sentiero dell’anima è stato risolutivo. Nessun problema umano, anche se molto grave, ha sempre la sua “soluzione”, ma spesso noi siamo ciechi e non vediamo. I seminari che conduco un po’ in tutta Italia sono fondati su una scoperta molto utile: fin da bambini ci danno delle “istruzioni sbagliate” per giocare il Grande Gioco della Vita. Ma, da sempre, abbiamo anche le “istruzioni giuste”, solo che le ignoriamo. Da qui il titolo del mio ultimo libro Le principesse ignoranti [Equilibri Sospesi, 2008, N.d.R.]. Le “principesse” sono le nostre anime, sempre di stirpe divina, ma sono “ignoranti”, cioè non conoscono la strada».

Ci sono studi o percorsi particolari da affrontare per specializzarsi in questo tipo di attività? E in che modo si tiene aggiornata?
«Per mia natura ho sempre studiato molto, perché sono curiosa e voglio capire. I miei studi universitari [Laurea in Lingue e Letterature Straniere alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, N.d.R.] mi hanno permesso, nel tempo, di accedere a varie conoscenze, ma la vera conoscenza non è nei libri. È scritta direttamente nel nostro cuore. Lì mi tengo “aggiornata”, se così vi piace definire. Il cuore sa, la mente deve essere messa al servizio del cuore e non viceversa… questo è uno dei “segreti” che svelo nei miei corsi».

Nel 1994 esce col suo primo romanzo autobiografico: Io sirena fuor d’acqua (Mondadori). Che cosa rappresentava per lei l’acqua? Perché ha fatto di tutto per uscirne? Quanto le pesava la coda? O pesava di più agli altri?
«La metafora della “sirena” mi è sembrata coerente con il problema di una donna che, pur essendo bella, aveva una parte del corpo “non funzionante”, proprio come una coda di pesce. Sempre sotto metafora, l’acqua era l’ambiente conosciuto e protetto in cui una persona con handicap di solito viene tenuta, ma io sono voluta andare “fuori dall’acqua”, nel grande mondo “vasto e cattivo”, dove non si risparmiano colpi a nessuno. Ho voluto, in altre parole, conoscere il Grande Gioco e, possibilmente, imparare a vincere! La “coda” era un “handicap” ovvero, semplicemente, uno svantaggio di partenza, come la parola significa etimologicamente. Ero partita svantaggiata, ma il buon cavallo si vede alla lunga corsa, no? E allora ho preso parte alla “grande gara” e ho scoperto cose incredibili. Chi volesse approfondire questi aspetti non ha che da leggere i miei libri».

Passiamo per un attimo dal sacro al profano. In uno dei suoi ultimi concerti a Sydney, Lady Gaga si è presentata sul palco travestita da sirena seduta su una sedia a rotelle. Commenti?
«Sì, la cosa mi ha molto divertita, perché ho pensato che venire imitata da un personaggio così discusso e famoso era molto buffo e anche importante. Si dice che il segno del successo sia dato da quante più persone ti imitano. Beh, direi che, sotto questo particolare punto di vista, è stato molto gratificante. Una grande conferma del valore raggiunto».

Un'altra immagine di Mirella SantamatoTorniamo a lei. Quando collaborava con il periodico «Visto» (Rizzoli), teneva la rubrica denominata Il coraggio di ricominciare, che trattava storie di persone, famose e non, che avevano realizzato un totale cambiamento nella loro vita. C’è una storia più di tutte che le è rimasta impressa?
«Tutte le storie di vita sono belle e interessanti perché tutto ciò che è umano ci appartiene in qualche modo. Comunque voglio ricordare la storia di Nerone, un pittore che risiede in provincia di Reggio Emilia e che è riuscito, solo con la forza di volontà, ad uscire da un problema di alcolismo gravissimo e a risorgere con la sua arte, ora riconosciuta in tutto il mondo. Sono diventata amica di molte delle persone che avevo intervistato in quel periodo, proprio perché erano tutte persone con una “marcia in più”».

Lei dedica a tutte le donne L’uomo che non c’è (Equilibri Sospesi, 2005) e Perché l’uomo non c’è (Equilibri Sospesi, 2005). È proprio sicura che tutte le donne abbiano conosciuto “L’uomo che non c’è”?
«Credo di sì. L’uomo che non c’è non è solo in relazione alle donne, che rimangono “aliene” dal mondo maschile, ma lui, in realtà, non c’è per se stesso. È l'”uomo programmato”, quello che vuole “dominare” (e che quindi non può conoscere l’amore) le donne e da questo dominio trae piacere sottile. Non importa con quale mezzo ottiene il dominio, ce ne sono di infiniti, dal brutale stupro alla raffinatissima dipendenza psicologica, ma il fine ultimo è sempre lo stesso. Anche quando si inverte la partita, cioè è la donna che domina il maschio, il risultato non varia. Questo meccanismo perverso impedisce la conoscenza dell’amore, che è il vero scopo per cui ci siamo incarnati».

Ci parla della “trappola invisibile” (La trappola invisibile. Ogni momento che non sia d’amore è un momento sprecato, MIR Edizioni 2007) e dell’eros grande guaritore? È inevitabile cadere in questa trappola o c’è un modo per evitarla?
«Non cadiamo in questa trappola, ci nasciamo dentro e, se non viene vista, è impossibile uscirne. È impressa nel nostro DNA storico ed è antichissima. Per questo motivo è difficilissimo vederla (infatti la definisco “invisibile”) e ancora più difficile uscirne. Però è possibile e, quando si riesce, è meraviglioso. Tutto acquista un senso, tutto si appiana e si risolve… L’eros ne è una conseguenza. Solo chi è uscito dalla “trappola” può conosce il divino Eros, che è, appunto, un dio».

Molti personaggi illustri hanno elogiato le sue opere. Quale o quali tra questi ricorda con maggiore affetto?
«Sono stati davvero tanti! Ricordo Barbara Alberti, Dacia Maraini, Giorgio Faletti, tra quelli a me più cari, ma sono stati davvero tanti. Voglio ricordare anche il compianto e bravissimo scrittore Giuseppe Pontiggia, che mi scrisse lettere di una profondità e di una bellezza ineguagliabili».

Ci parli della sua ultima opera, le già citate Principesse ignoranti.
«È un libro molto importante nella mia ricerca, perché parla di ciò che ci arriva dal passato di positivo. Mentre la “trappola Invisibile” è ciò che di negativo ci è stato tramandato e che va superato, le Grandi Fiabe Iniziatiche sono i racconti di guarigione della nostra anima, che ci portano, man mano, a percorrere la strada inversa, quella verso il vivere “felici e contenti” di cui abbiamo perso le coordinate tanto, tanto tempo fa. Abbiamo smarrito la “dritta via” e ci siamo persi nella “Selva Oscura”, come diceva Dante, ma possiamo ritrovare la strada e percorrere la via della trasformazione. Un percorso iniziatico davvero entusiasmante!».

Ha in cantiere altre opere?
«Come ho spiegato prima, i miei libri non nascono dalla mente, ma da profonde intuizioni del cuore e queste non sono programmabili. Tutte le vere “scoperte” sono dovute a profonde intuizioni, che altro non sono che collegamenti con il Divino. Se fossero già nei libri, non ci sarebbe mai nulla di nuovo, no? Quindi non so quando la mia anima intuirà qualcosa d’altro. Solo in quel momento potrò scrivere ancora».

Quando ha un po’ di tempo libero, come le piace impiegarlo?
«Prendo il sole in terrazzo, vado a fare un giro in bicicletta, anzi in “tricicletta”, visto che ha tre ruote, oppure vado al cinema con amici. Cose molto semplici, come vede».

Ha un desiderio particolare per le sue figlie?
«Che siano donne forti e sincere e che la vita sorrida loro come meritano».

Vuole dedicare una poesia a tutte le donne e le ragazze che stanno lottando per affermarsi nella loro vita, disabili e non?
«Certo! La trasgressione – La vera trasgressione / quella al di fuori / di ogni regola, / quella che sorpassa / qualsiasi cosa, / quella per gli esseri umani / con le palle quadre, / la vera trasgressione / alla normalità, / la vera trasgressione, / dicevo, / è… / essere felici!».

Per ulteriori informazioni sulle attività e l’intera opera letteraria di Mirella Santamato: www.mirellasantamato.net.

*Intervista curata da Annalisa Benedetti per il sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e ivi pubblicata con il titolo La vera trasgressione è essere felici. Viene da noi ripresa, con minimi riadattamenti, per gentile concessione del Coordinamento del Gruppo stesso.

Il Gruppo Donne UILDM
13 eventi e altrettante pubblicazioni della collana Donna e disabilità, un centinaio tra articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, circa 80 segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, più di 450 segnalazioni bibliografiche e circa 600 risorse internet schedate: parlano da sole le cifre del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca ArcaduAnnalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani, Gaia Valmarin e Marina Voudouri) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui).

L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede cliccando qui. Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook (cliccare qui).

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