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Si colpisce nel mucchio, sperando di beccare i disonesti…

Ombra di persona in carrozzina«Colpire indiscriminatamente nel mucchio delle persone disabili, con la speranza di smascherare i pochi disonesti»: parole semplici, ma del tutto condivisibili, quelle di Angelo Gandolfi, già sindaco del Comune di Monte Marenzo (Lecco), persona con disabilità grave e “pluridecennale”, che dopo avere ricevuto l’ennesima richiesta di inviare la propria documentazione medica al Centro Medico-Legale dell’INPS, dichiara di avere «meditato alcuni giorni sull’opportunità o meno di scrivere la sua lettera – che qui di seguito pubblichiamo – al direttore provinciale dell’INPS e al ministro Sacconi, soprattutto perché essa richiedeva di mettere in piazza situazioni delicate e intime». «Alla fine – conclude però – condividendo la scelta con mia moglie, mi sono messo alla tastiera del computer perché, ci siamo detti, un sussulto di dignità val bene la rinuncia ad un po’ della propria privacy».
Il caso di Gandolfi – per la cui segnalazione ringraziamo l’Ufficio Stampa della
UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) – è in sostanza un altro tra i tanti che ben testimoniano «quanta sia nel nostro Paese la faciloneria con cui si cercano di combattere i falsi invalidi, colpendo di sana pianta quelli veri», come hanno commentato da queste pagine i responsabili del portale Autismo Parliamone, in riferimento a un’altra grave vicenda, dai toni quasi paradossali, riguardante un ragazzo con autismo e da noi documentata (se ne legga cliccando qui).

Al Direttore Provinciale dell’INPS di Lecco Andrea Pasta
Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi

Con lettera del 15 luglio 2011, il direttore Andrea Pasta mi chiede di inviare al Centro Medico Legale dell’INPS la documentazione medica in mio possesso, per accertare se continua a sussistere la malattia per la quale percepisco l’indennità di accompagnamento.
A questo punto è necessario premettere che nell’immediato dopoguerra, a due anni di età (precisamente nel 1949), sono stato colpito dalla poliomielite. L’attacco ai neuroni motori del midollo spinale è stato particolarmente duro e la conseguente paraplegia mi ha definitivamente tolto l’uso delle gambe. Per alcuni anni mi hanno portato in braccio, poi, grazie alla generosità di alcune persone e alle politiche socio-assistenziali, ho potuto disporre di bellissime ed efficaci carrozzine, a cui mi sono così tanto affezionato da non abbandonarle più per un’intera vita.
Ora, pur dando ampio credito al fatto che la medicina non è una scienza esatta, è corretto ribadire come inoppugnabile il dato clinico che colloca i danni provocati dalla poliomielite come irreversibili, implacabilmente irreversibili. Non solo, con l’avanzare dell’età, nelle persone affette dal morbo di Heine-Medin [negli anni del dopoguerra la poliomielite veniva appunto chiamata così, N.d.R.] si può innescare un progressivo peggioramento delle condizioni dovuto alla cosiddetta sindrome postpolio, da tempo diagnosticata negli USA e ora riconosciuta anche dal nostro Ministero della Salute.
Pertanto, dopo avere abbondantemente superato il mezzo secolo di convivenza con questa malattia e nonostante gli stupefacenti progressi della ricerca scientifica e della pratica clinica, prendo atto che in letteratura medica, e sulla mia pelle, non c’è spiraglio alcuno circa la reversibilità degli esiti da poliomielite. Così come non ho riscontrato miglioramenti fisiologici e funzionali, anche appena percepibili, in virtù dell’incrollabile fede di mia madre, che da bimbo mi ha portato in pellegrinaggio in diversi santuari e luoghi di solide tradizioni miracolistiche.
Un’evidenza tanto ampia e oggettiva e tuttavia incapace di produrre effetti concreti sulla burocrazia. Da oltre quarant’anni, infatti, vengo periodicamente chiamato a rendere ragione – quasi a giustificarmi – sulla sussistenza degli esiti di questa patologia che, come accennato, mi dà diritto a percepire un’indennità mensile di ben 487,39 euro. Mi si chiama affinché documenti di continuare a vivere in simbiosi con la carrozzina, che l’apparato muscolare resti desolatamente atrofizzato e atonico, che le articolazioni inferiori, le ossa delle gambe, il rachide, abbiano assunto forme, diciamo, bizzarre.
Ormai ho perso il conto e la memoria di tutte le visite fiscali a cui sono stato sottoposto. Mi restano alcuni verbali delle Commissioni Mediche, rispettivamente del Ministero della Sanità (anno 1968), dell’Unità Socio-Sanitaria Locale n. 16 di Lecco (anno 1986), del Ministero del Tesoro (anno 1990), dell’Azienda Sanitaria Locale di Lecco (anno 1998) e ancora dell’ASL di Lecco (anno 2004).
Poi, nel 2006 [in realtà nel 2007, N.d.R.], leggendo il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2 agosto 2007 [“Individuazione delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante”, N.d.R.], mi sono detto: «Toh, finalmente questi avvisi di comparizione cesseranno». Infatti la norma approvava l’elenco delle patologie che escludevano per il futuro le visite di controllo e di revisione sulla permanenza dello stato invalidante, prevedendo tra queste le malattie, come la polio, che comportano la perdita della funzionale bilaterale degli arti inferiori. Una vera fortuna, visto che io non camminavo! Inoltre, il Decreto stabiliva che l’istituzione interessata a fare controlli potesse chiedere la documentazione alle Commissioni Mediche delle Aziende Sanitarie Locali. E anche questa era una bella notizia perché, ho pensato, con tutte le visite a cui ero stato sottoposto, chissà quanti fascicoli sulla mia storia clinica si trovano nei vari settori della Pubblica Amministrazione.
Sbagliato. Con il Decreto Legge n. 78/2010 [convertito nella Legge 122/10, N.d.R.], fortemente voluto dal ministro Sacconi, si rimette tutto in discussione e ora mi si chiede di produrre per l’ennesima volta tutta la documentazione sul mio caso o, in difetto, sarò convocato alla visita di controllo.
La ragione di Stato è nobile: snidare i falsi invalidi e con i soldi recuperati mettere una pezza, presumo microscopica, all’esagerato debito pubblico. Condivido lo scopo, anche se mi viene irrefrenabile la battuta che “dietro ogni falso invalido c’è stata, a dir poco, una commissione medica inadeguata” e che forse non sarà mai chiamata a risarcire alcunché. Quello che non condivido è il metodo per raggiungere l’obiettivo, quello che colpisce indiscriminatamente nel mucchio delle persone disabili, con la speranza di smascherare i pochi disonesti. Inoltre, perché non si utilizzano i dati già in possesso della Pubblica Amministrazione e si sposta l’onere della prova su una persona fragile, già gravata da una dimensione di fatica e di non autonomia?
Per quale ragione, dunque, codesto Centro Medico Legale non acquisisce i verbali delle mie precedenti visite in possesso dell’ASL, del Ministero del Tesoro, del Ministero della Sanità, e accerta se sono affetto da poliomielite? Se dai verbali emerge la conferma di questa patologia irreversibile, quale ulteriore chiarimento diagnostico può apportare un certificato che attesti la non deambulazione? Oppure, se codesto Centro Medico Legale considera inattendibili e non veritieri i verbali di tutte le precedenti Commissioni Mediche, perché dovrebbe ritenere più credibile la documentazione in mio possesso che è la medesima in copia?
Sono ormai vecchio e nel corso del tempo mi si sono aggiunte un coacervo di altre malattie, anche gravi, tanto da non avere alcuna voglia di spulciare tra la montagna di referti ed esami diagnostici, né di farmi compilare onerosi certificati medici, né di inviarvi altro oltre a questa lettera/autocertificazione.
Se questa nota non vi dovesse bastare, aspetto serenamente l’invito a presentarmi alla visita di controllo, alla quale non mi sottrarrò per due fondamentali ragioni:
a) la prima per non lasciare inappagata la vostra curiosità, ovviamente tutta professionale e deontologica, di constatare de visu quanto precedentemente attestato da molti medici e come, nonostante il peso delle innumerevoli patologie di cui sono portatore, non sia ancora schiattato e continui legittimamente ad attingere alle risorse dell’INPS;
b) la seconda perché ho un reddito complessivo, compresa l’indennità di accompagnamento, di mille euro al mese e non posso permettermi di rinunciarne alla metà. Sono perfettamente consapevole di citare parametri socio-economici che segnano l’incolmabile distanza tra il ministro Sacconi e il sottoscritto, ma la diversità è tutta a mio vantaggio e mi rende particolarmente fiero.
Ho meditato alcuni giorni sull’opportunità o meno di scrivere questa lettera, soprattutto perché richiede di mettere in piazza situazioni delicate e intime. Alla fine, condividendo la scelta con mia moglie, mi sono messo alla tastiera del computer perché, ci siamo detti, un sussulto di dignità val bene la rinuncia a un po’ della propria privacy.
Angelo Gandolfi

Sui temi trattati nel presente testo, suggeriamo anche la lettura – sempre nel nostro sito – in particolare di: Invalidità civile: a cosa porteranno quelle Linee Guida dell’INPS? (cliccare qui), I ritardi dell’INPS e la pazienza sempre più scarsa dei Cittadini (di Carlo Giacobini, cliccare qui) e Perché la FISH critica l’INPS (cliccare qui).
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