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Se le leggi diventano «benevoli consigli»

Ragazzino in carrozzina con insegnante di sostegnoAlzi la mano chi non è stato mai impropriamente usato dietro insistenza, imposizione o cortese favore, in compiti che esulano dal proprio status di docenti. «Ma che venissero gli Ispettori Ministeriali! Che ce lo dicano loro come possiamo tenere la scuola aperta e gli alunni in classe senza avere gli organici minimamente sufficienti per permettere la frequenza!». Queste parole echeggiano alle ammonizioni bonarie di chi tenta di far comprendere che di abuso si tratta.
Le soluzioni adottate per tirare la coperta corta fanno un baffo all'”olandese volante” del calcio Hendrik Johannes Cruijff, ritenuto il miglior fantasista di tutti i tempi. Certo, sì, un calciatore: infatti pare che in Italia la mamma, gli spaghetti e il calcio non subiranno mai né tagli né esautorazioni. Per tutto il resto non si può usare più nemmeno “MasterCard”, come vorrebbe la pubblicità. Abbiamo tutti sotto gli occhi le cronache tragiche dal punto di vista finanziario e non solo.
La cronaca nera, ad esempio, ci ammonisce che anche per recuperare un prestito di venti euro a un vicino della porta accanto si può essere uccisi. Ma torniamo alla realtà scolastica che rispetto alla mia dissertazione è fulcro del “Si salvi chi può!”.

Ci sono 94.000 docenti di sostegno, a dire del ministro Gelmini, che però da due anni non fornisce dati in regime di trasparenza, tranne citarli in conferenze scritte da portavoce di dubbia competenza. Di questi docenti, secondo ufficiose dichiarazioni recenti di opinionisti e consulenti di organizzazioni che conducono indagini, sono 1.880 quelli sistematicamente utilizzati per supplire docenti assenti o posti ancora vacanti, se non pure supplenze da conferire “fino ad avente diritto”, che gli aspiranti delle graduatorie di Istituto rifiutano a propria tutela, per ragionamenti e meccanismi che sarebbero assai contorti da spiegare.
Vogliamo dare un’imperativa occhiata alle fonti normative, visto l’assunto che “La legge non ammette ignoranza”? Vogliamo alzare la testa, giacché è ora di dire basta alla politica del “volemose bene” e del “damose da fa’” delle scuole, rassegnate a tutto ciò che piove dall’alto o adesso viaggia in “trafori ironici”, ma il cui esito disastroso è mal gestito dalle singole Istituzioni?
Qui si sta legittimando quello che serpeggia in proposte vuote ed errate pedagogicamente, messe a punto da persone ed enti che non hanno un giorno di vissuto d’aula, dove ti manca dalla carta igienica al bidello, dal registro agli arredi d’aula – banchi compresi – dalla fotocopia al dirigente scolastico. Ma sì, diamo al vicario le redini della scuola, ma… a costo zero! E non vi è alcuna traccia delle indennità spettanti ai docenti vicari. Anche loro impropriamente sfruttati. Anche loro a colmare tagli e fughe di chi riesce e neanche con certezza ad assicurarsi il collocamento a riposo.
La class action? Finita nel nulla e nulla può risarcire se non un ricorso individuale. Che si rivolgano alla legge o lavorino gratis! In fondo, se loro lavorano gratis, perché un docente pagato dallo Stato non dovrebbe invece fare “di tutto un po’”? Perché, hai visto mai che un domani non ci siano più i docenti di sostegno…
E allora? Meglio fare esperienza, imparare l’arte e metterla da parte! Se poi il danno esistenziale all’alunno disabile si dovesse verificare, è il genitore che deve chiedere risarcimento, è il giudice che deve tirare per la giacca il dirigente scolastico. Il docente? Può essere cacciato solo se «inidoneo allo scopo». Lo dice il Consiglio di Stato. Per uno scopo, però, non appare inidoneo, stante le numerose segnalazioni: le supplenze!

Ragazzina in carrozzina con insegnante di sostegnoLe Linee Guida del Ministero per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità, varate il 4 agosto 2009, vigono ad oggi tra l’indifferenza generale e la consuetudine che per far rispettare le leggi in Italia serve il tribunale. Non necessita conoscenza e applicazione, le leggi sono consigli, o meglio: sono ritenute “benevoli consigli”! I dettami, inoltre, non hanno prodotto giurisprudenza propria. Sono una rassegna delle leggi previgenti.

Tre passi soli mi preme ricordare delle citate Linee Guida:
– pagina 14: «…è contraria alle disposizioni della Legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico”».
Nelle proposte progettuali, al contrario, si moltiplicano soluzioni della serie: togliamo qualche ora di servizio a docente dalla contemporaneità e “ammucchiamo su i diseredati”, magari – “idea geniale” – per gruppi omogenei di disfunzionalità degli alunni. Una triste deportazione, ovviamente fuori dall’aula, verso le aberranti “aule di sostegno”. Lo dico da anni: dove c’è l’aula cosiddetta di sostegno non ci sono io. A tutto c’è un limite!

Secondo passo:
– pagina 15: «…l’insegnante per le attività di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d’integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto».
L’ho premesso, è nel mio titolo Invece supplì! [si riferisce al titolo originale del presente testo, che era appunto “Invece supplì!”, N.d.R.]. E di riso ce n’è poco davvero. Supplì al telefono? No: non c’è nemmeno l’italianissima mozzarella. Supplì di persona, sì, il docente, subendo un abuso sia pure quando il fine vorrebbe giustificare i mezzi. In vece? Certo, usato avverbialmente “dicesi di persona o di cosa che sia in luogo d’altra”. In luogo d’altra? Sempre, quando torna comodo… tranne poi scoprire che la stessa docente è considerata dai più assegnata all’alunno e non alla classe nel team a pieno titolo come titolare.

Terzo e ultimo passo, della serie “non c’è due senza tre!”, anche se suggerisco a tutti i Lettori un ripasso dell’intero testo:
– pagine 15 e 18: «Le opportunità offerte dalla flessibilità organizzativa per il raggiungimento del diritto allo studio degli alunni con disabilità sono molteplici. […] L’assegnazione dell’insegnante per le attività di sostegno alla classe, così come previsto dal Testo Unico L. 297/94 [in realtà Decreto Legislativo 297/94, N.d.R.] rappresenta la “vera” natura del ruolo che egli svolge nel processo di integrazione. Infatti è l’intera comunità scolastica che deve essere coinvolta nel processo in questione e non solo una figura professionale specifica a cui demandare in modo esclusivo il compito dell’integrazione. Il limite maggiore di tale impostazione risiede nel fatto che nelle ore in cui non è presente il docente per le attività di sostegno esiste il concreto rischio che per l’alunno con disabilità non vi sia la necessaria tutela in ordine al diritto allo studio. La logica deve essere invece sistemica, ovvero quella secondo cui il docente in questione è ‘assegnato alla classe per le attività di sostegno’, nel senso che oltre a intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe collabora con l’insegnante curricolare e con il Consiglio di Classe affinché l’iter formativo dell’alunno possa continuare anche in sua assenza».
Chioso precisando unicamente che quel «possa continuare anche in sua assenza» non è e non può essere interpretato come «il docente di sostegno è una risorsa della scuola che in assenza di altre risorse viene impunemente distratto dai propri compiti per sopperire ai tagli continui perpetrati e giustificati con un patto di stabilità che mortifica e uccide la scuola pubblica e il diritto allo studio di cittadini che hanno pari dignità e diritti in base alla Costituzione in una nazione civile».

*Coordinatrice provinciale dell’ANIEF di Roma, Associazione Professionale Sindacale. Testo già apparso in «Trensetter», rubrica dell’ANIEF, con il titolo Invece supplì! E’ ora di cambiare menù e qui ripreso, con lievi riadattamenti, per gentile concessione.

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