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Perché quell’Ordinanza è importante

Un vagone della metropolitana di RomaAbbiamo dato notizia, nei giorni scorsi, di quell’Ordinanza prodotta il 22 ottobre scorso dal Giudice Civile del Tribunale di Roma Federico Salvati, riguardante l’accessibilità della metropolitana e degli autobus capitolini, che ha avuto ampio risalto anche da parte di testate come «Repubblica.it» (se ne legga cliccando qui e qui). Abbiamo anche dato spazio, successivamente, a un’analisi del provvedimento, curata da Gabriele Favagrossa (la si legga cliccando qui), il quale, dopo aver parlato di «importanza e condivisibilità» dell’Ordinanza, «rispetto ai princìpi generali che sancisce e alle motivazioni che esplicita», aveva voluto anche evidenziarne una serie di “punti deboli”, che a suo parere rendono l’Ordinanza stessa, «in parte inadeguata e in parte incompleta».
Ma cosa ne pensa Alfonso Amoroso, l’avvocato padre di Arianna, quindicenne con grave disabilità, che come avevamo riferito, è stato il promotore dell’azione dalla quale quel provvedimento è derivato? Questa è la sua opinione, che ben volentieri riceviamo e pubblichiamo. (S.B.)
 

Il Tribunale di Roma, con un provvedimento ai sensi della Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione”, N.d.R.], ha ordinato al Comune di Roma e all’Azienda ATAC [la società dei trasporti della Capitale, N.d.R.] la cessazione dei comportamenti discriminatori nei confronti della minore Arianna Amoroso, affetta anche da disabilità motoria.
Con questo provvedimento del 22 ottobre scorso, si è ottenuto finalmente che entro un anno dalla notifica dell’Ordinanza, l’ATAC dovrà dotare di pedane tutte le linee che esplicano il servizio nei luoghi vicino alla residenza della minore. E inoltre si è stabilito che, sempre nello stesso termine, il Comune installi servoscala a piattaforma ribaltabile nelle stazioni della metropoolitana non fornite di ascensore.
Ancora una volta, dunque, questa piccola ragazza ha dato il suo fondamentale contributo all’inclusione sociale senza limiti e senza barriere, dimostrando che spesso sono i piccoli gesti a fare grandi le cose. Che le parole, il camminare il vedere e il sentire sono solo “piccoli limiti superabili”, mentre il non poter partecipare, il non poter esserci è il fondamentale dramma dell’emarginazione.
Non posso nascondere, in questo senso, che nel prossimo futuro, quando vedrò un ragazzino con il passeggino o un uomo sulla sedia a rotelle viaggiare su un autobus o prendere la metropolitana, non potrò fare a meno di pensare con orgoglio e soddisfazione a questa piccola ragazzina che negli ultimi anni ha insegnato a noi genitori di non arrenderci mai, ai suoi fratelli e ai suoi amici che il non parlare non è stare zitti e che con il suo sorriso, con il suo malumore, con i suoi limiti e le sue virtù, le cose possono anche cambiare.

Questa iniziativa è stata mirata a garantire il diritto all’inclusione sociale della minore, troppo spesso costretta a rimanere a casa quando i suoi amici con l’autobus o con la metropolitana facevano semplici passeggiate oppure andavano al cinema ovvero al teatro. E questo provvedimento altro non rappresenta che l’ennesima lezione di Arianna a tutti i Sindaci di Roma che dal 1971 – anno di entrata in vigore della prima legge sull’abbattimento delle barriere – hanno programmato la citta facendo finta che lei – e ovviamente tutte le persone con disabilità motorie croniche o momentanee – non esistesse.
Questa vittoria di Arianna è anche, naturalmente, una prima vittoria per tutti quei disabili, anziani, genitori con passeggini o carrozzine, persone con i carrelli della spesa o semplici “pigroni” che, con l’attuazione del provvedimento, potranno cominciare a spostarsi per Roma senza la paura o la certezza di non poter superare uno scalino. È la vittoria di una ragazza che, nonostante le sue perenni difficoltà, con le sue richieste e con i suoi occhi, sta cercando solamente di insegnare ai distratti la sua voglia di vivere e la sua esigenza di essere.
La sua è una lezione, principalmente a noi genitori, per comprenderne i bisogni e i diritti, per capire che il problema spesso non è la sua disabilità, ma l’ostinato rifiuto che le Istituzioni pongono al suo crescere. Ed è infine una lezione impartita a tutti quelli che per un momento pensano di doversi arrendere, perché spesso la resa è frutto della paura di perdere e Arianna, avendo poco da perdere, continua a pensare che forse è meglio rischiare tutto per poter confessare di vivere.

Passando poi a parlare dell’Ordinanza, non vanno considerati tanto i limiti di essa, bensì quelli dell’azione giudiziaria, ovvero del ricorso per discriminazione.
Già in passato, sull’argomento, avevo avuto modo di osservato che la Legge 67/06 concede un potere ristretto al singolo, in quanto, per agire, dev’esserci una legittimazione certa, concreta e reale. A tal riguardo, avrebbe difettato di questi requisiti la richiesta di una ragazza disabile di 15 anni che avesse manifestato un interesse su linee dell’autobus da lei non frequentate.
Pensando poi alla necessaria “non genericità dell’azione”, bisogna ricordare che un Giudice non ha poteri illimitati, ma deve pronunciarsi su quanto espressamente chiesto. Pertanto la domanda dev’essere specifica e non generica. A tal proposito, quindi, dev’essere postulato – prima della richiesta generica di discriminazione – il dato specifico, l’elemento particolare della  discriminazione (ad esempio il marciapiede di Via Davila al civico 89) e successivamente va specificato il tipo di intervento architettonico richiesto, la fattibilità specifica di esso e infine, ma solo infine, la rimozione dello stesso, la creazione del particolare accorgimento e la successiva condanna per discriminazione.

I poteri della piccola Arianna su questo annoso argomento erano dunque molto limitati. Ben altri poteri possono avere ad esempio le associazioni, ma il singolo Cittadino può far solo sentire la sua piccola voce e nel caso di Arianna, anche questo è complicato.
Con tale Ordinanza, pertanto, Arianna, senza nessuna voglia di sostituirsi alle associazioni o alle Istituzioni, ha solamente cercato di indicare una strada. Ma tutti noi siamo certi che l’iniziativa politica e quella sociale devono sempre avere il sopravvento. Vorremmo in sostanza non sentirci soli e vorremmo un mondo accessibile e aperto, ma spesso alle domande non arrivano mai risposte e non c’è tempo di aspettare una soluzione da altri.
Per questo Arianna ha dato almeno a noi genitori, ai suoi fratelli e agli amici una piccola lezione di come si possano rimuovere alcuni ostacoli e ora aspetta con impazienza di non dover essere costretta a iniziare “cause storiche”, per dire a tutti che esiste.
Purtroppo, non siamo molto fiduciosi e pertanto continueremo a dimostrare il nostro malumore e le nostre difficoltà non certo elemosinando aiuti, ma chiedendo diritti e ottenendo delle piccole certezze.

Per questo concludo che a mio parere l’unica cosa che non va in quell’Ordinanza sta nell’aver dovuto chiedere a un Giudice quello che sino ad oggi nessuno aveva fatto. So bene che non è finita qui, so bene che si deve fare di più, ma è triste che per tutto ciò io possa solo sperare nella prossima lezione di Arianna.
E allora teniamoci stretti questa piccola vittoria, questa ennesima sfida vinta, questa grande voglia di continuare a esserci e questo ostinato orgoglio di poter vivere i nostri giorni con questa piccola ragazza dal sorriso contagioso.

*Avvocato.

Sui temi trattati nel presente testo, ricordiamo anche – sempre nel nostro sito – i testi: Quel provvedimento apre una strada da percorrere (cliccare qui), Accessibilità dei trasporti: quel prezioso precedente (cliccare qui) e Quel che non va in quell’Ordinanza del Tribunale di Roma (di Gabriele Favagrossa, cliccare qui).
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