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Nessun «nemico» tra le persone con disabilità!

Manifesto utilizzato a Milano, nell'ottobre del 2011, in occasione della mostra di arte contemporanea «Unione tra affinità e diversità»Qual riedizione aggiornata (e priva di connotazioni politiche) dello slogan di Léon Blum e del Fronte Popolare Francese degli anni Trenta del Novecento*, risuona l’invito all’unità d’azione nella diversità dei pensieri (“federati nella diversità”, potrebbe essere uno slogan della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – FISH) per le persone con disabilità.
Troppo spesso, infatti, particolarismi e “patologismi” – suddividere cioè le persone con disabilità per patologie – hanno frenato e reso meno efficace l’azione delle Associazioni e delle Federazioni che ci rappresentano.

L’azione delle singole associazioni “specialistiche” è necessaria ed encomiabile, quando mira a evidenziare le specifiche peculiarità e necessità delle persone con disabilità che combattono e convivono con esiti di particolari patologie o situazioni. Meno utili, a mio giudizio, per l’insieme delle persone con disabilità, lo sono invece quando richiedono previdenze e attenzioni specifiche, correlate strettamente  a “steccati clinici” (escluso forse il campo della ricerca scientifica).
Fondi espressamente destinati al supporto esistenziale di persone affette da una sindrome particolare sono encomiabili in via di principio, ma generano fatalmente “guerre tra poveri” perché sono espressione di scelte basate su criteri opinabili.
In base a quali criteri, tanto per scendere nel concreto, è possibile affermare che le persone in stato vegetativo o di minima coscienza siano “più meritevoli” di supporto rispetto a quelle con cerebrolesione “non acquisita” (cioè connatale), a persone con disabilità complesse, a chi ha una sindrome post-polio, a chi è affetto da una malattia neurogenerativa, magari a lenta progressione?
Riteniamo non sia  possibile farlo, se non facendo riferimento alla “complessità assistenziale”, cioè al “carico di lavoro” specialistico e di aiuto umano che grava essenzialmente sulla famiglia.

Determinare e quantificare l’importanza e l’ammontare dei supporti a favore di queste persone, facendo prevalere l’esigibilità del diritto sulla “situazione di cassa”, dare di più a chi ha maggiori necessità, senza nulla togliere alle necessità degli altri, senza polemiche e personalismi: questa è la vera sfida che segna la demarcazione tra il mondo astratto delle belle idee e quello concreto della fatica, del sudore e talvolta della rabbia.

*Coalizione di partiti politici di sinistra che fu al governo in Francia tra il 1936 e il 1938. 

**Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

Rispetto ai contenuti del presente testo, suggeriamo la lettura – sempre nel nostro sito – anche di: Caregiving familiare e disabilità gravissima: assai più di una ricerca (di Giorgio Genta, cliccare qui); I gravissimi: chi sono e quanti sono? (di Giorgio Genta, cliccare qui); Oggi la priorità è il riconoscimento giuridico dei disabili gravissimi (di Giorgio Genta e Dario Petri, cliccare qui); Ciò che conta è la complessità della persona (di Marco Vesentini, cliccare qui); Disabilità gravissima? No, grazie (di Giampiero Griffo, cliccare qui); Non sempre le parole sono pane (di Giorgio Genta, cliccare qui); Se la questione della gravità diventa terreno di contrapposizioni (di Cecilia Marchisio e Natascia Curto, cliccare qui); Non ci sono disabilità gravi più gravi di altre (di Nadia Covacci, cliccare qui); Sui gravissimi, ricapitolando (di Giorgio Genta, cliccare qui); Parliamo di «persone che necessitano di maggiori sostegni» (di Giampiero Griffo, cliccare qui); Autodafé ovvero le parole bruciano come il fuoco? (di Giorgio Genta, cliccare qui); Tutto questo nel silenzio più totale (di Chiara Bonanno Madussi, cliccare qui); …Ma non dimentichiamo mai il disabile di Saracinesco (di Glauco Perani, cliccare qui).
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