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Donne quasi sempre «senza angeli e senza voce»

Elisa Di Lorenzo (a destra) riceve la Menzione d'Onore al Premio Letterario Franz Kafka del 2011, per il suo libro «La mia storia. Una donna, la malattia, la ritrovata serenità»Che cosa succede quando i sintomi di una malattia ereditaria progressiva e invalidante compaiono nella vita di una donna già adulta? Quando è già moglie? Quando è già madre? Che tipo di impatto ha la disabilità causata da questo tipo di patologia sulle dinamiche intrafamiliari, sulla femminilità della donna già matura e sugli affetti dei propri congiunti?
Elisa Di Lorenzo, classe 1948, affetta da malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) esce allo scoperto. (Annalisa Benedetti)

Durante questo mio ultimo ventennio, ho potuto toccare con mano l’estrema difficoltà di molte donne con disabilità insorta in età matura a parlare di questi argomenti. Soprattutto donne appartenenti alla mia generazione. La generazione nata nel Dopoguerra.
La maggior parte di loro, non avendo potuto conseguire un’istruzione adeguata, hanno dovuto fare la scelta di svolgere lavori di fatica fisica e quindi anche di essere destinate a un certo ambiente di ristrettezze culturali. Quando poi – già mogli e mamme – la patologia ha iniziato a manifestarsi sul loro corpo, queste donne, oltre al lungo calvario vissuto per risalire a una diagnosi e al grande shock iniziale della diagnosi stessa, sono rimaste anche vittime di una totale disinformazione. Molte di loro non hanno avuto modo di accedere alla nuova tecnologia informatica e quindi, rimaste isolate, si ritrovano tuttora costrette a tacere, se non addirittura a nascondere la loro sofferenza.
Eppure ogni giorno queste donne – rimaste “senza angeli e senza voce” – si infondono coraggio da sole, per affrontare i disagi della malattia invalidante e altri acciacchi dell’età che avanza. Non possono permettersi di abbattersi, loro, per non deludere ulteriormente i partner che le hanno “scelte sane”. Continuano a occuparsi della gestione della famiglia e del gravoso impegno verso i figli che hanno messo al mondo all’insaputa della grave malattia. Situazione che si rende ancor più drammatica quando si scopre di averla a propria volta trasmessa.

Ho avuto modo di incontrare molte persone colpite dalla mia stessa patologia [la malattia di Charcot-Marie-Tooth, N.d.R.] e ho potuto notare molta più difficoltà e sofferenza interiore nelle donne in cui la disabilità ha fatto la sua comparsa in tarda età. Risulta molto difficile per loro parlare della sfera privata e familiare, se non confidenzialmente a quattr’occhi.
Io stessa, nei miei primi ritrovi, sfociavo in un fiume di lacrime appena iniziavo a parlarne e ammetto che è molto forte anche il senso di pudore che si prova riferendosi alle incomprensioni domestiche e la scarsa sensibilità verso la donna che è stata stravolta da una malattia di cui spesso arriva a vergognarsi.
Ci sono davvero mille problematiche che si innescano in una famiglia quando una donna già moglie e mamma scopre di avere una patologia genetica rara ed ereditaria. Partendo dal forte senso di colpa per averla potuta trasmettere ai figli e magari conseguentemente ai nipoti, per questi motivi spesso nascono difficili conflitti genitoriali da affrontare e superare, che portano solo ad amari tristi silenzi e a drastiche separazioni dal compagno.
A volte, invece, per l’apparente quieto vivere, affinché i figli già generati crescano in una “serena” armonia, la donna sceglie di vivere situazioni molto pesanti psicologicamente. Pur di tenere unita la famiglia, accetta infatti di continuare la convivenza, anche se non si sente più desiderabile come donna, né ritenuta capace di continuare ad amare, visto che oltre al fisico è cambiata anche la sua personalità interiore, in seguito alla sofferenza e allo stravolgimento per il suo nuovo stile di vita.
Poi, quando con grande soddisfazione “tutto sommato” riesce a vedere i figli cresciuti e realizzati che escono di casa, rimane da sola a tirare avanti alla meno peggio tra le sue condizioni in continua progressione e le altre tante preoccupazioni familiari che normalmente vanno moltiplicandosi.
Le priorità sono sempre per gli altri componenti della famiglia. Lei si limita a chiedere aiuto solo all’estremo bisogno perché sa bene che è difficile per tutti potersi dedicare a lei senza una richiesta o una lamentela.

So che quello che sto per dire sarà di forte impatto, ma credo che una giovane disabile – pur dovendo faticosamente accettare la sua diversa fisicità e vedere penalizzata la sua serenità giovanile – ha secondo me più possibilità di scelta di fronte alle problematiche della vita. Quanto meno, le generazioni più giovani sono meno disinformate, fanno parte di una società meno chiusa, hanno genitori e amici disposti a tutto per aiutarle e accompagnarle nella realizzazione della propria vita e dei propri sogni. E se arriva l’amore, chi l’apprezza interiormente accetta anche la sua condizione fisica.
Ai miei tempi non era così. I disabili erano “mostri da nascondere”, da recludere. Chi è divenuto disabile in età avanzata, si è trascinato forse questa mentalità e si è ritrovato solo (o sola) a farci i conti. Senza l’aiuto di nessuno. Specialista o meno.

La mia esperienza tutto sommato è stata positiva. Ho due figlie che hanno ormai 36 e 33 anni, che stanno bene e che sin dalla loro adolescenza mi sono sempre state molto vicine, aiutandomi come fanno tuttora. Devo proprio a loro il merito di essere riuscita a mantenere una bella famiglia unita.
Il mio matrimonio ha rischiato molte volte la sopravvivenza. Ancora oggi fatico molto a vivere serenamente il rapporto coniugale, perché resto convinta che un uomo – per quanto rimanga legato alla compagna malata, mettendo a disposizione anche tutte le sue risorse economiche – non potrà mai continuare ad avere lo stesso rapporto d’amore di prima e contemporaneamente svolgere il ruolo di assistente.
Ci vuole davvero molto coraggio e sensibilità per vivere accanto a una persona con disabilità perché deve poter capire le sue vere e indispensabili esigenze in casa e fuori, senza una continua richiesta di aiuto ed io, spiacente di ammetterlo, sono convinta che l’uomo in generale possegga molti meno requisiti della donna.
L’indole della donna, anche se disabile, propone di essere sempre responsabilmente all’erta, programmando ogni sua ora del giorno. E la notte riflette: consapevole di non poter pretendere aiuti da nessuno; deve solo sopportare, amministrare e incoraggiare tutti i componenti che ha intorno, rimandando in continuazione qualche suo sogno o realizzazione personale. Per fortuna poi arriva un nuovo giorno e nuovi programmi assieme alla gioia della famiglia unita e all’affetto reciproco dei teneri nipotini dai quali, occupandosene in caso di bisogno, riesce a fare grande scorta di felicità.

L’avere scritto un libro sulla mia esperienza [E. Di Lorenzo, La mia storia. Una donna, la malattia, la ritrovata serenità, Padova, CLEUP, 2010; se ne legga nel sito del Gruppo Donne UILDM, cliccando qui, N.d.R.] del “prima e dopo” la malattia, mi ha aiutata ad uscire dal corto circuito di conflitti, pensieri e sensi di colpa.
Avrei voluto raccogliere anche altre testimonianze per completare questo articolo, per rompere quel “silenzio-rifugio” nel quale ci si annienta. Perché è solo con il lento e seppur sempre diffidente confronto delle proprie esperienze che si può cominciare a migliorare la propria qualità di vita, ad avere meno paura, a sentirsi meno sole. Che insieme, forse, ci si può aiutare.
Ma non ho trovato altre voci. La mia resta l’unica di quel folto sottobosco di donne con disabilità apparentemente meno intraprendenti, semplicemente perché meno visibili.

*Testo già apparso nel sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo Quando la disabilità sopraggiunge nella vita di una donna adulta, qui ripreso, con alcuni lievi riadattamenti al contesto, per gentile concessione.

Il Gruppo Donne UILDM
13 eventi e altrettante pubblicazioni della collana Donna e disabilità, un centinaio tra articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, circa 80 segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, più di 450 segnalazioni bibliografiche e circa 600 risorse internet schedate: parlano da sole le cifre del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca ArcaduAnnalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani e Gaia Valmarin) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità (il nostro sito se n’è occupato con l’articolo disponibile cliccando qui).
Recentemente il Gruppo Donne UILDM ha anche ricevuto da Decima Musa Caravaggio (Associazione Culturale Europea-Compagnia Teatrale) il Premio Decima Musa «per il valore di un’attività finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità, che sottolinea e affronta il problema specifico e la situazione delle donne disabili» (se ne legga nel nostro sito cliccando qui).

L’indirizzo del Gruppo Donne UILDM è www.uildm.org/gruppodonne. Al repertorio di cui si è detto, si accede cliccando qui. Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook (cliccare qui).

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