Perché dopo cinque anni di utile servizio, rischia ora di chiudere completamente i battenti il Progetto Nemo, iniziativa avviata nel 2007 dall’Associazione L’abilità di Milano, per rispondere al bisogno di gioco dei bambini con disabilità e di sollievo delle loro famiglie? «Facile la risposta – spiegano dall’Associazione L’abilità -, mancanza di fondi. Infatti, il Progetto è stato cofinanziato per due triennalità, grazie ai fondi della Legge 285/97 e tramite l’Assessorato alla Famiglia, alla Scuola e alle Politiche Sociali del Comune di Milano. Quella legge, però, sostiene solo progetti innovativi e non può essere certo definito come innovativo un servizio come Nemo, che è ormai parte integrante dell’offerta socioeducativa della città? Esso, infatti, dovrebbe ampliare la filiera dei servizi del Comune di Milano sulla disabilità, filiera che sull’infanzia è davvero carente».
Vediamo un po’ di cifre su Nemo, riferite al solo 2011: 45 bambini con disabilità che hanno frequentato settimanalmente due spazi gioco; 12 bambini con disabilità grave-gravissima nei servizi di sollievo; 80 genitori incontrati negli spazi di counselling e sostegno educativo; 15 genitori che hanno frequentato i gruppi di self help (“auto aiuto”); 12 genitori che hanno chiesto consulenza allo sportello psicologico; 574 alunni e 38 insegnanti della scuola primaria nei laboratori scolastici sul tema Diversità.
Ora, dal dicembre scorso, sono stati già chiusi il “Sabato di sollievo”, il gruppo di self help, lo sportello psicologico e le iniziative nelle scuole. «Teniamo duro sullo spazio gioco – ricordano ancora gli esponenti dell’Associazione L’abilità – ma fino a quando?». E aggiungono: «Vale la pena ricordare che Nemo è stato anche presentato il 9 marzo 2011 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in quanto selezionato dal Tavolo di Coordinamento tra il Ministero e le città riservatarie ai sensi della Legge 285/97, come progetto di eccellenza per l’integrazione e il sostegno alle famiglie di minori con bisogni speciali legati alla salute (disabilità, disagio psico-fisico, ospedalizzati) dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza e, su un altro versante, che la nostra Associazione ha cofinanziato al 50% i costi del progetto, utilizzando i propri fondi, anche quelli del 5 per mille».
Cifre e fatti, quindi, che parlano da sé, rispetto ai quali sono ora in molti a chiedere che non venga chiusa una buona prassi così “vincente”, lasciando scoperti i bisogni di tanti bambini con disabilità.
Mentre quindi anche un quotidiano di grande diffusione come «Il Corriere della Sera» ha ripreso a sua volta la questione il 1° aprile scorso, dedicando un’intera pagina al problema (se ne legga cliccando qui), L’abilità ha lanciato un appello anche in Facebook (cliccare qui), chiamandolo molto semplicemente Salviamo Nemo, al quale naturalmente anche la nostra testata aderisce senza riserve. (S.B.)