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Servizi sociosanitari e livelli essenziali: alcuni aspetti

Due persone in carrozzina entrano in una struttura sanitariaLe prestazioni sociosanitarie sono definite dall’articolo 3 septies del Decreto Legislativo 229/99; il successivo Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie) ha stabilito la tipologia delle prestazioni e i criteri di finanziamento cui le Regioni devono tener conto nel disciplinare gli interventi socio sanitari. Infine, il DPCM del 29 novembre 2001 ha definito i Livelli di Assistenza Sanitaria (LEA) che devono essere assicurati dal Servizio Sanitario Nazionale, compresi (allegato 1c) quelli dell’area socio-sanitaria.
Tale normativa è stata recepita da alcune Regioni, mentre molte altre non lo hanno fatto, continuando a regolamentare i servizi secondo precedenti o successive disposizioni regionali.

Le norme sopra elencate indicano le prestazioni sociosanitarie, specificando quali siano a completo carico del fondo sanitario, quali a compartecipazione sanità/sociale, quali di esclusiva competenza sociale. I criteri per la loro individuazione sono stati stabiliti dal citato DPCM del 14 febbraio 2001, tenendo conto della natura del bisogno, della complessità e intensità dell’intervento assistenziale e della sua durata.
Per ciascuno di questi criteri vengono definiti alcuni aspetti. L’intensità assistenziale viene definita in base alle  fasi temporali che caratterizzano il progetto personalizzato (intensiva, estensiva, lungoassistenza), fasi nelle quali cambia l’onere economico  a carico del settore sanitario (a carico delle ASL) e quello sociale (a carico dell’utente e/o del Comune).
Il successivo Decreto sui LEA, che ha definito quali siano le prestazioni che il servizio sanitario è tenuto a garantire, individua quelle finanziate interamente dalla sanità e quelle a compartecipazione. Ovviamente sono scomparse quelle che l’Atto di Indirizzo sull’integrazione sociosanitaria individuava a completo carico del fondo sociale.

La lettura della normativa – al fine di individuare quali prestazioni ricadano tra quelle a completo carico della sanità e tra quelle a compartecipazione (e con quale percentuale) – non è agevole ed è per  certi versi contraddittoria, legittimando differenti interpretazioni.  Cruciale è la definizione di ciò che è riconducibile alle diverse fasi dell’intensità assistenziale che determina una diversa componente nell’assunzione di spesa da parte della sanità e dell’utente/Comune.
Le fasi dell’intensità assistenziale determinano inoltre anche costi diversi delle prestazioni e dei servizi; gli standard sono evidentemente più elevati nella fase intensiva e diminuiscono progressivamente spostandosi a quella di lungoassistenza, così come cambiano anche le figure professionali che li compongono.
L’analisi dello standard, collegato alla tipologia di utente – al di là della sigla utilizzata – offre indicazioni fondamentali riguardo l’intensività dell’assistenza fornita che, come detto, definisce gli oneri a cario della sanità o del sociale (utente/Comune).
Va ricordato infine che mentre la quota  sanitaria (intera o parziale)  non prevede compartecipazione a carico dell’utente e quindi grava sul fondo sanitario, quella sociale prevede compartecipazione a carico dell’utente e nel caso il reddito  sia insufficiente, è tenuto a compartecipare il Comune di residenza dell’assistito.
Ai fini di una più esatta comprensione della normativa sopra indicata, pare inoltre utile affiancare ai testi precedentemente citati anche il documento Prestazioni residenziali e semiresidenziali della Commissione Nazionale per la Definizione e l’Aggiornamento dei LEA, approvato il 30 maggio 2007, che pur avendo una semplice funzione di indirizzo, offre importanti indicazioni al fine dell’interpretazione delle norme sopra richiamate.

La scheda che segue non si propone di dettagliare la normativa riguardante gli interventi sociosanitari, ma intende semplicemente focalizzare alcuni aspetti, cercando di “collocare” i servizi e le prestazioni all’interno delle griglie sopra richiamate. Il  riferimento, pertanto, non potrà essere dato dalle sigle delle strutture e dei servizi, quanto invece dal contenuto dell’offerta assistenziale.
Per meglio chiarire: ci possono essere sigle che in determinate Regioni indicano prestazioni riconducibili alla fase di lungoassistenza, mentre in altre il loro contenuto può essere riferibile a quello della fase estensiva o intensiva. Pare necessario allora, per evitare somme ingiustizie, cercare di capire cosa è collocabile all’interno di quelle fasi che determinano assunzioni di oneri della sanità con un range che va dal 100 al 40%.

Le fasi e la ripartizione dei costi
Come indicato precedentemente, l’appartenenza alle diverse fasi determina una diversa ripartizione dei costi tra sanità e sociale. Nella fase intensiva gli oneri sono sempre a completo carico della sanità; così in quella estensiva, ad eccezione di alcune prestazioni/servizi; nella fase della lungoassistenza, invece, gli oneri sono ripartiti tra sanità e sociale, a seconda della tipologia di interventi e della diversa intensità.
Le aree che prenderemo a riferimento sono quelle riguardanti la disabilità, gli anziani non autosufficienti e la salute mentale. Come vedremo, la ripartizione dei costi nelle varie fasi non è omogenea, così come non sempre è chiaro ciò che appartiene alla fase estensiva e a quella di lungoassistenza (in alcuni casi vengono citate, in altre si può solo presupporre).
Interessante, inoltre, è analizzare le normative di riferimento citate sia nei LEA che nella tabella A dell’Atto di Indirizzo. Vengono infine aggiunte le sigle utilizzate nel citato documento della Commissione Nazionale LEA, che declina anche ogni “codice di attività” con un’ipotesi di standard assistenziale.

Prendendo dunque a riferimento i LEA, le quote a carico della sanità sono:
Disabili: 100% a carico della sanità nelle fasi intensive ed estensive (rd1) e nei casi di responsività minimale; 70% per i disabili gravi nei servizi residenziali e semiresidenziali (rd3); 40% nei servizi residenziali  per disabili senza sostegno familiare (rd4).
Anziani: 100% a carico della sanità nelle fasi intensive ed estensive (r1, r2, r2d); 50% nella lungoassistenza residenziale e semiresidenziale (r3/sr); il documento della Commissione LEA specifica inoltre che «le prestazioni individuate con i codici r1, r2, r2d, sono riferibili alla erogazione di cure intensive o estensive ad elevata integrazione sanitaria, mentre le prestazioni individuate con i codici di attività r3 sono convenzionalmente riferibili ad assistenza e terapie di mantenimento, classificabili come prestazioni sanitarie a rilevanza sociale».
Psichiatria: 100% a carico della sanità nei servizi residenziali  e semiresidenziali (riferimento PO 1998/2000); 40% nelle strutture residenziali a bassa intensità assistenziale.
Infine – anche se non è oggetto di questa analisi – all’interno delle cure domiciliari l’assistenza tutelare (trasversale ad ogni area) si ripartisce al 50% tra sanità e sociale.

Il punto, dunque, è cosa connota una fase e come si definisce l’intensività (anche sulla base delle indicazioni del DPCM del 14 febbraio 2001) delle diverse fasi. Evidente – come già sopra richiamato – è che non può essere una sigla a definirne l’appartenenza, quanto le esigenze delle persone, il “consumo” e la tipologia di assistenza, con il conseguente standard di personale. Ciò dovrebbe essere sufficiente per capire che un determinato contenitore andrebbe valutato esclusivamente sul contenuto delle prestazioni che eroga.
Si prenda l’esempio delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) per anziani. In Italia tale sigla accomuna strutture che erogano prestazioni che vanno dalla fase intensiva a quella di lungoassistenza. In alcune Regioni esistono le cosiddette RSA riabilitative (al proposito si veda anche il DPCM del 29 novembre 2001, nella parte riguardante l’assistenza distrettuale, a completo carico del fondo sanitario, ove si parla appunto delle prestazioni riabilitative erogate nelle RSA), che vicariano posti di postacuzie (codice 56 e 60); in altre, accolgono malati a responsività minimale o con rilevanti bisogni sanitari, fino a caratterizzarsi esclusivamente per attività di mantenimento funzionale per soggetti con non rilevanti bisogni sanitari (si veda anche il documento della Commissione sui LEA).
Se collocate in quest’ultima fase, è evidente che sono strutture per cui vale la ripartizione del costo al 50%; se non lo sono, non può che valere il riferimento della fase intensiva ed estensiva dei LEA (100% a carico della sanità).
Se tuttavia in genere non viene messa in discussione l’assunzione di oneri al 100% nella fase intensiva o nelle responsività minimali, viene fortemente contrastata la possibilità che la sanità si faccia carico per intero del costo di ricoveri nella fase estensiva. Questo porta spesso a voler trasferire nella lungoassistenza soggetti le cui problematiche sanitarie – compresa una perdurante instabilità clinica – sono difficilmente compatibili con quel regime.
Emerge in questo caso la differenza con la disabilità, che prevede il 100% da parte della sanità nella fase intensiva e successivamente un 70/30 (non è chiaro di quale fase si tratti).

L’altro parametro di riferimento è dato dallo standard e dal costo della giornata di ricovero, rispetto ai quali pare evidente che uno standard collocato sopra determinati minutaggi – con una presenza infermieristica sulle 24 ore – difficilmente può essere inserito nella cosiddetta fase di lungoassistenza (ed è opportuno al proposito rivedere le definizioni delle fasi nel DPCM del 14 febbraio 2001).

Conclusioni
Questa rapida disamina della complessa normativa nazionale nel settore dovrebbe mettere in guardia da pressappochismi applicativi. E soprattutto dall’idea di darne applicazione in quelle parti dove si può ritenere che la sanità possa recuperare qualche denaro da caricare su utenti e Comuni.
Ovviamente quella analizzata è solo una parte delle problematiche dei servizi sanitari e sociosanitari che attengono a una programmazione regionale attenta al sistema complessivo dell’offerta sociosanitaria, del quale, tuttavia, la corretta applicazione della normativa sui Livelli Essenziali di Assistenza è parte assai importante.

*Gruppo Solidarietà. Il presente testo è stato estratto – per gentile concessione e con lievi riadattamenti al contesto – da un’analisi più ampia, comprendente anche una parte specificamente dedicata alla situazione della Regione Marche. Tale testo integrale (intitolato Servizi sociosanitari e livelli essenziali. Le fasi degli interventi, la tipologia di utenza, gli standard, gli oneri) è disponbile nel sito del Gruppo Solidarietà, cliccando qui, ove si possono rintracciare anche altre utili indicazioni bibliografiche.

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