A conclusione di una serie di articoli apparsi sulle pagine di questo sito e incentrati sulle persone con disabilità che “necessitano di più intensi supporti” (i cosiddetti “gravissimi”), oltreché sulla necessità di individuare quali siano le provvidenze di natura sociale, sanitaria e assistenziale maggiormente utili a sostenere le famiglie che se ne prendono cura, dobbiamo necessariamente identificare queste persone, senza per altro creare separazione e pregiudizio nei confronti di altre persone con disabilità.
Tale esigenza – a parere di chi scrive – è emersa anche a seguito delle iniziative di protesta indette dalla ONLUS Comitato 16 Novembre [se ne legga in questo stesso sito cliccando qui, N.d.R.], in seguito alla mancata devoluzione ai destinatari di 100 milioni di euro promessi già alla fine del 2010 e destinati a «interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) per la ricerca e l’assistenza domiciliare dei malati».
Lo stesso Comitato, poi, chiede che – oltre al rifinanziamento del Fondo per la Non Autosufficienza – lo stanziamento per la SLA venga istituzionalizzato e aperto anche alle persone con disabilità affette da altre patologie degenerative progressive o comunque necessitanti di assistenza vitale ventiquattr’ore su ventiquattro, previo censimento preventivo a carico dell’Amministrazione.
Ebbene, il censimento necessario a “contare” le persone interessate da tale provvedimento dovrà basarsi – almeno così vogliamo sperare – su una precisa definizione di tale “stato di necessità” che non lasci margini ad ambiguità o ad interpretazioni discrezionali.
In tal senso, la definizione proposta dalle nostre famiglie è la seguente: «è persona con disabilità che necessita dei più intensi supporti assistenziali (persona con disabilità “gravissima”) chi non è in grado di compiere autonomamente gli atti indispensabili al mantenimento in vita (respirare, mangiare e bere, evacuare feci e urine) e necessita di assistenza continua ventiquattr’ore su ventiquattro. Tale assistenza, talvolta prestata da più persone contemporaneamente, è così vincolante da non poter essere interrotta neppure per pochi minuti, pena possibile ingravescenza o immediato pericolo di morte».
Ora vediamo di interpretare correttamente quanto proposto e quindi di dare alle parole il significato più preciso possibile:
– Chi non è in grado di compiere autonomamente gli atti indispensabili al mantenimento in vita: tutti questi atti? Più di uno di essi? Anche solamente uno?
– …e necessita di assistenza continua…: l’assistenza continua, prestata come sopra specificato, è obbligatoriamente associata alla mancanza di autonomia al compimento degli “atti essenziali”?
Una ragionevole delucidazione della definizione proposta potrebbe essere la seguente: la mancanza di autonomia nell’esplicare gli “atti essenziali” può riguardare anche solo uno di tali atti, purché tale mancanza renda indispensabile un’assistenza continua ventiquattr’ore su ventiquattro ecc.
Cerchiamo di chiarire ancor meglio, scendendo nel concreto, sempre però evitando accuratamente gli steccati e le “guerre” tra le patologie e le persone:
– respirare: la delucidazione proposta indica come mancanza di autonomia respiratoria la respirazione assistita (ventilazione assistita; concentratori di ossigeno; somministrazione di ossigeno in continuo o comunque frequente; apparecchiature di supporto per apnee gravi ecc.) e la respirazione resa possibile da protesi tracheostomiche;
– mangiare e bere: incapacità di portare cibo e bevande alla bocca, correlata a mancanza di controllo della deglutizione; nutrizione artificiale (enterale, duodenale, parenterale) tramite protesi (PEG ecc.);
– evacuazione di feci e urine: mancanza di evacuazione spontanea di feci e/o urine; evacuazione di feci attraverso ano artificiale; eliminazione di urine tramite catetere ecc.
Naturalmente l’incapacità a compiere gli atti indispensabili al mantenimento in vita e la necessità di assistenza continua ventiquattr’ore su ventiquattro possono essere causate anche da gravissime disabilità intellettive e relazionali.
Forse qualcuno, a questo punto, si chiederà il perché di tanta ostinazione nel voler definire con la maggior precisione possibile la cosiddetta “disabilità gravissima”, ma la risposta è assai semplice: persino il concetto di “non autosufficienza” – che ai più appare abbastanza chiaro – è stato recentemente oggetto di un seminario di studi organizzato da un partito politico [Seminario di Studi del Partito Democratico, “Non autosufficienza: solidarietà tra generazioni per un welfare moderno di comunità”, Roma, 22 marzo 2012, a cura di Giuseppe Fioroni, responsabile del Welfare del Partito Democratico, N.d.R.], proprio per meglio ridefinirlo, considerando la definizione stessa come strumento fondamentale per reperire le risorse necessarie.
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).