Dipendenti disabili e progetti terapeutici di recupero

Per favorire la riabilitazione e il recupero dei dipendenti “portatori di handicap” che debbano sottoporsi a un progetto terapeutico di riabilitazione predisposto da una struttura sanitaria pubblica o da un centro privato convenzionato, i vigenti Contratti Collettivi di Lavoro del pubblico impiego prevedono “misure di sostegno”, che l’amministrazione di appartenenza è obbligata a riconoscere

Donna in carrozzina al lavoro in un ufficioAllo scopo di favorire la riabilitazione e il recupero dei dipendenti – nei cui confronti sia stata accertata la condizione di portatore di handicap – che debbono sottoporsi a un progetto terapeutico di riabilitazione predisposto da una struttura sanitaria pubblica o da un centro privato convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, i vigenti Contratti Collettivi di Lavoro dei diversi comparti e aree dirigenziali del pubblico impiego, prevedono una serie di “misure di sostegno” alle quali il disabile ha diritto e che l’amministrazione di appartenenza – a fronte della condizione in cui versa l’interessato (portatore di handicap) e della necessità di interventi terapeutici appropriati alla disabilità sofferta (progetto di recupero “personalizzato”) – è tenuta obbligatoriamente a riconoscere.

Nel dettaglio tali misure prevedono:
a) la conservazione del posto di lavoro per l’intera durata del progetto di recupero, con la corresponsione del trattamento economico nella misura e per la durata quali previsti in caso di assenza dal servizio per malattia;
b) la concessione di permessi giornalieri orari retribuiti nel limite massimo di due ore per la durata del progetto. Tali permessi sono fruibili senza alcun limite temporale, dal momento che gli stessi, per espressa previsione contrattuale, vengono concessi per l’intera durata del progetto;
c) la riduzione, a richiesta dell’interessato, dell’orario di lavoro, secondo le regole del tempo parziale, limitatamente alla durata del progetto;
d) l’assegnazione del dipendente a compiti diversi da quelli abituali, qualora tale misura sia individuata dalla struttura che gestisce il progetto di recupero come supporto della terapia in atto.
Per la fruizione dei benefìci in questione, non è specificatamente richiesta la condizione di “handicap in situazione di gravità”, ma semplicemente quella di “portatore di handicap” già precedentemente accertata. Il richiedente, inoltre, deve intrattenere con l’amministrazione un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Completato il progetto di recupero, la cui durata è fissata dalla struttura che lo gestisce, il dipendente è tenuto a riprendere servizio – se fruitore del beneficio di cui alla lettera a) – entro i successivi quindici giorni. Qualora poi su segnalazione dell’équipe che segue il progetto, risulti che il dipendente non rispetti le modalità e i tempi previsti dal progetto stesso o addirittura si rifiuti, senza giustificato motivo, di sottoporsi alle terapie specificatamente previste, l’azienda dispone, con le modalità previste dalle norme vigenti, l’immediata revoca dei benefìci già concessi e il rientro in servizio dell’interessato, previo accertamento da parte della competente Commissione Medica, dell’idoneità dello stesso allo svolgimento della prestazione lavorativa.
Gli organismi sanitari preposti all’accertamento in questione sono quelli individuati dagli articoli 6 e 9 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 461/01 le cui competenze sono state successivamente definite dal Decreto Ministeriale del 12 febbraio 2004 nel modo che segue:
– la Commissione Medica Ospedaliera, per gli appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi di Polizia anche ad ordinamento civile; la Commissione Medica dell’ASL, per i dipendenti degli Enti Pubblici non economici, sia nazionali che regionali o locali; la Commissione Medica di Verifica, per i dipendenti dei restanti comparti del pubblico impiego (Ministeri, Scuole, Università, Agenzie Fiscali, Regioni e Autonomie Locali, Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere ecc.).

Qualora infine il dipendente risulti portatore di “handicap in situazione di gravità”, accertata nei modi previsti dall’articolo 4 della Legge 104/92, lo stesso, ai sensi dell’articolo 33, comma 6 della medesima norma, ha diritto a fruire mensilmente – senza alcuna limitazione temporale – di tre giorni di permesso retribuito o, in alternativa, di due ore di permesso giornaliero parimente retribuito.
Tali permessi, come noto, sono finalizzati alla “cura” della disabilità che affligge il dipendente, ai fini, anche, di un possibile recupero delle sue condizioni psicofisiche.
Per quanto precede, consegue pertanto che il dipendente gravemente disabile, qualora richieda anche la fruizione dei benefìci quali previsti dalla contrattazione collettiva, per sottoporsi a progetti di riabilitazione approntati in suo favore da strutture specialistiche, ha diritto sì alle “agevolazioni” di cui alle lettere a), c) e d), ma non anche, per espressa previsione contrattuale, ai permessi orari, di cui alla lettera b), nel limite massimo di due ore al giorno, in quanto già fruitore, allo stesso titolo, degli stessi, quali specificatamente previsti dal citato articolo 33, comma 6, della Legge 104/92.

Esperto in gestione delle risorse umane negli enti pubblici.

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