Il nostro è un Paese davvero anomalo: riesce infatti a disperdere, con disinvoltura e colpevole indifferenza, risorse umane importanti.
Questa riflessione l’ho avuta tornando a casa da un incontro che mi ha tanto positivamente sorpreso, quando cioè sono stato ospite – occasione della quale sarò sempre grato – dell’Istituto Don Orione di Chirignago, un piccolo centro alle porte di Venezia-Mestre, realtà da sempre al servizio del bene comune, dedita al recupero alla vita di persone desiderose di intraprendere un cammino in piena autonomia, che una volta raggiunto quest’obiettivo, però – per niente facile né scontato – si troveranno a dover affrontare una realtà amara perché il nostro Paese, la sua organizzazione, le sue infrastrutture, sono del tutto inadeguate. E va sottolineato che questo non è solo un problema strutturale, ma anche e soprattutto culturale.
Sono convinto che la risposta alla drammatica sofferenza che nutrono le tante persone con disabilità, insieme alle loro famiglie, si possa trovare aumentando le occasioni di mobilità sociale, creando cioè le premesse per entrare con più facilità nel mondo del lavoro, per occupare una casa, per frequentare la scuola con dignità.
L’attualità impone a noi tutti di fare un passo avanti: recuperare, infatti, e integrare le persone con disabilità non è solo un dovere morale, ma anche e soprattutto economico.
In un momento di forte crisi, come quello che stiamo attraversando, il contributo degli oltre cinque milioni di persone con disabilità potrebbe aiutare ad affrontare, anche in maniera significativa, il nostro debito pubblico. Si tratterebbe solo di riuscire a vedere le potenzialità al di là dei limiti: un processo a dir poco rivoluzionario per una società che voglia dirsi civile.
Vorrei quindi che le Istituzioni, pubbliche e private, e le persone che le presiedono riflettessero su questo punto e che tale obiettivo diventasse una scommessa per loro stessi.