Quella stanza con le pareti di vetro

Avevamo lasciato Giorgio Genta in partenza per l’Olanda, insieme alla sua famiglia e a quelle sette valigie e mezzo nelle quali è compresso tutto il mondo di una persona con una disabilità molto grave, come la figlia Silvia. Questo è il suo racconto di quella settimana ad Amsterdam, condito dalla sua consueta arguzia

Simona e Silvia Genta ad Amsterdam

Silvia Genta e la sorella Simona, nella “mitica” stanza dalle pareti di vetro dell’Hotel Ibis di Amsterdam

Se andate ad Amsterdam e siete persone con disabilità, prenotate la stanza 733 dell’Hotel Ibis, proprio a lato della Stazione Centrale. A noi ha salvato la vita e capirete perché.
Arriviamo in Olanda dopo un volo letteralmente tragico, con una “leggera” tempesta e Silvia – agitatissima – che dev’essere sedata pesantemente e poi ventilata con il pallone Ambu [attrezzatura utilizzata per il supporto dell’attività respiratoria, N.d.R.] per tutta la durata del volo. All’Aeroporto di Amsterdam affittiamo una camera in un centro privato di pronto soccorso, riusciamo a fare un consulto telefonico con un amico rianimatore in Italia, “reinquadriamo” la ragazza e – stressati e stremati – ci trasciniamo all’albergo, fortunatamente – grazie alla saggezza della sorella di Silvia – adiacente la Stazione Centrale.
Dimenticavo. Da Shiphol, l’Aeroporto di Amsterdam, dopo alcuni disguidi tecnici (= addetti all’assistenza andati  a farsi un panino e una birretta), prendiamo un comodissimo treno che ci porta in quindici-venti minuti alla Stazione Centrale. I due gradini del vagone vengono superati previa rampetta mobile su ruote, messa prontamente a disposizione dai baldi giovani dell’assistenza tornati dallo spuntino.

All’atto della prenotazione ci avevano avvisati che tutte le camere adatte alle persone con disabilità erano occupate. Non eravamo dunque preparati all’“evento prodigioso”: all’ultimo minuto, infatti, si libera la leggendaria “stanza d’angolo” al settimo piano e qui trasciniamo le sette-otto valigie (non riusciamo neppure più a contarle!), la mezza dozzina di colli a mano e sospingiamo delicatamente Silvia sulla sua carrozzina da viaggio che ha resistito (la carrozzina) meglio di noi alle traversie aeronautiche.
La “stanza d’angolo” – che costa esattamente come tutte le altre – è molto ampia, ha un letto confortevole e non troppo basso, un perfetto bagno con maniglioni nei punti strategici e un campanello d’emergenza collegato a un filo rosso, che percorre “a pavimento” tutto il perimetro del bagno stesso e che quindi permette di richiedere aiuto in caso di scivolamenti a terra. Ma la “sensazionalità” è data dal fatto che due pareti (per un totale di 9 metri e mezzo lineari) sono interamente di vetro e permettono una vista straordinaria su tutta Amsterdam.
Ed è questa vista eccezionale che ci consentirà nelle successive ventiquattr’ore di “tornare a vivere”, mentre lentamente riprendiamo vigore. Soprattutto Silvia, comodamente sdraiata al centro del letto e circondata dai suoi tre “schiavi” (uno, il più vile, si vendicherà facendole vedere tutte le partite di calcio degli Europei), nonché dai consueti saturimetri, aspiratori, pompe di alimentazione ecc., si sente finalmente alloggiata secondo il suo rango e dimostra la solita incredibile capacità di ripresa. Noi un po’ meno.

Eccoci (due giorni dopo!) a fare i bravi turisti, attenti a non essere investiti da una delle 450.000 biciclette – dato aggiornato al mese di dicembre del 2011 – che animano la circolazione stradale, assieme a tram di notevole lunghezza e ad autobus scoperti a due piani, sui quali arditamente saliamo.
Ma Amsterdam, più che di strade, è fatta di canali e ci imbarchiamo lesti su un vetratissimo vaporetto fluviale (talvolta piove, statisticamente tredici giorni su trenta a giugno, mai però durante il nostro soggiorno), non tanto accessibile, ma i sei-sette gradini con Silvia in braccio (la ragazza è un po’ ingrassata, sarà sui 45 chili, metterla subito a dieta!) valgono bene la comodità del tour di circa un’ora attraverso i quartieri più pittoreschi.
Si passa a fianco del mitico Hotel Europa, molto fin-de-siècle, che il signor Heineken (sì, quello della birra) dicono acquistasse per il disappunto di non trovarvi una camera libera per un suo caro amico. Peccato non poter fare altrettanto!

Simona e Silvia Genta ad Amsterdam

Ancora Silvia e Simona su uno dei tanti ponticelli di Amsterdam

Andiamo per musei – favoloso il nuovo Van Gogh, con ingresso “preferenziale ma non discriminante” per persone con disabilità – visitiamo il mercato dei fiori e i negozi di alimentari annessi alla Stazione Centrale.
Chi non considera debitamente l’importanza dei negozi di alimentari a pochi metri dall’albergo è persona sprovveduta e destinata a restar digiuna. Il nostro “spirito ligure”, per altro, si ribella all’idea di pagare 15 euro la prima colazione in albergo, quando con 3, 4 euro e mezzo, assolutamente non di più, si può acquistare una buonissima confezione di poulet rôti à la provençale, con letto di insalata freschissima e patate arrostite pure quelle (l’insalata no!), completa di salsina vinaigrette a parte, il tutto sufficiente per la fame media di due persone.
Quanto sopra descritto lo si può trovare nei banchi frigo (immensi) di Hema o di Albert Heijn, pregiate catene alimentari locali.
In un gigantesco negozio di tali catene, proprio dietro a Piazza Dam, troviamo persino uno scaffale dedicato all’olio d’oliva, ove vi sono anche bottiglie di prodotto “non taroccato”. Silvia solitamente predilige l’extravergine “fior di mosto” monocultura da olive taggiasche (piccola parentesi di golosità rivierasca: le olive taggiasche denocciolate sono assai difficili da trovare perché essendo molto piccole, è un’impresa disperata il denocciolarle senza distruggerle. Una piccolissima ditta artigianale di Cisano sul Neva, in provincia di Savona, ne produce di prelibate sott’olio, ottime per ogni insalata estiva…). Non hanno proprio quello, ma va bene quello che troviamo.

Dopo sei giorni in terra – o acqua – d’Olanda (il confine è notoriamente sottile) torniamo.
Il viaggio di ritorno è leggermente meno drammatico. Solo un po’ di dispnea e un respiro orribilmente raschiante per Silvia, con molto caldo per tutti.  A casa alle 4,30 del mattino, naturalmente senza dormire, scopriamo che l’orribile rumore respiratorio era prodotto da un insufficiente “spessoramento” della cannula tracheale. Sollevando leggermente la medesima, il respiro è perfetto. O quasi.
Dopo venti minuti di sonno ristoratore  su una durissima sedia, si ricomincia. Urge andare a recuperare il vil cane Milton (chi vuole in omaggio un bellissimo dalmata maschio con un appetito da tigre?) dalla costosa pensione frequentata da cagnette per bene, affinché le sue vacanze non ci costino più delle nostre.
La vita continua. La vacanza è finita.  Meno male!

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