Trenta denari fu il prezzo del più vile dei tradimenti e chi li intascò non fece poi una bella fine.
Ottanta miliardi (di euro), invece, sembra sia stata la spesa lorda degli italiani nel 2011 per i giochi pubblici e faranno pure una cattiva fine: sembra infatti che lo “Stato biscazziere” ne incasserà circa 14 (e ricordiamo che si stanno condonando decine e decine di miliardi di tassazione evasa ai gestori dei giochi!), i concessionari 9.
Ma perché diciamo che quei miliardi sono “frutto di un tradimento”? Innanzitutto perché sporcano indelebilmente la candida veste – forse già non tanto candida – di quella Repubblica cinta di serto turrito, che dovrebbe tutelare la salute dei suoi figlioli anche contro le ludopatie, quella Repubblica che non dovrebbe sfruttare e incentivare le debolezze dei suoi Cittadini a mo’ di gangster di Chicago anni Trenta. Di quei Cittadini che spendono – nonnetti e poppanti compresi – circa 1.300 euro a testa all’anno in giochi!
E poi, perché non dire che con tutto quel mare di luccicanti moneti da un euro, fresche di busta paga o di libretto pensionistico, poteva essere risolto il mare di problemi di un numero sterminato di persone con disabilità? Bastava, in luogo della vincita in esecrabile denaro corrente – che in barba al vecchio detto latino un po’ di odoraccio continua ad avere – bastava , dicevamo, stabilire altri premi.
Qualche esempio: in luogo di una vincita di 10.000 euro, un bel biglietto con scritto: «Grazie Vincitore, una persona con disabilità gravissima tua concittadina ti ringrazia per il mese di assistenza domiciliare 24 ore su ventiquattro che le hai donato!».
Una vincita di 50.000 euro? «Il Dopo di Noi “di Cornucopia” ti ringrazia per l’impianto di elevatore a binario che permetterà ai genitori superstiti che vivono con i loro figli con disabilità nostri ospiti di trasferire il peso della disabilità dalle loro spalle all’ausilo ad alta tecnologia».
Vincita di un milione di euro? «La sua Regione le ha dedicato un mezzobusto in finto marmo screziato di lapislazzuli, posto nella sala dedicata ai corsi di qualificazione per il personale di supporto all’assistenza familiare, con stage di un anno presso le famiglie. E l’ultimo corso finanziato dalla sua vincita ha permesso di assistere di notte venti persone totalmente non autosufficienti , allungando di sette anni l’aspettativa di vita dei loro caregiver familiari. I caregiver familiari sentitamente ringraziano».