Questa volta è proprio il caso di essere soddisfatti!

Dopo infatti che il ministro Fornero aveva chiesto all’INPS di sospendere l’applicazione di quella contestatissima Circolare con la quale si era deciso di prendere in considerazione anche il reddito del coniuge, nel fissare il limite per le pensioni di invalidità, arriva ora la notizia che «l’Istituto continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido»

Primo piano di giovane sorridente«Il direttore generale dell’INPS Mauro Nori ha diramato un provvedimento [Messaggio n. 717, N.d.R.] dove si prevede che “sia nella liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido”».
Questo il contenuto del messaggio ricevuto poco fa dall’Ufficio Stampa della CGIL Nazionale, confederazione sindacale che insieme alla CISL e a varie altre organizzazioni del Terzo Settore – prima fra tutte la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) -, e testate come la nostra, tanto si era impegnata in queste settimane per ottenere la sospensione di quella contestatissima Circolare n. 149, prodotta dall’INPS il 28 dicembre, con la quale l’Istituto aveva stabilito di prendere in considerazione, quale criterio per l’assegnazione della pensione alle persone con invalidità civile al 100%, anche il reddito del coniuge, indipendentemente dal numero di figli. In caso quindi di un reddito lordo annuo superiore a 16.127,30 euro, ciò avrebbe portato, sin dal 1° gennaio di quest’anno, a perdere la pensione di 275,87 euro al mese.
Un provvedimento, questo, già definito da Pietro Barbieri, presidente della , come «un atto gravissimo, una decisione politica che colpisce i più poveri, espropriandoli di una pensione dall’importo risibile», e anche «una decisione che provoca inaccettabili ripercussioni oltre a insostenibili disparità di trattamento». In tal senso Barbieri, insieme a tante altre organizzazioni, sia del Terzo Settore che del mondo sindacale, aveva chiesto «l’immediata sospensione» di un atto ritenuto «contrario a ogni regola democratica e morale», oltre a pretendere anche «chiarezza rispetto ai meccanismi di assunzione del provvedimento».

Il “sussulto”, per altro, si era già avuto nei giorni scorsi, quando Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo uscente, aveva scritto al presidente dell’INPS Antonio Mastrapasqua, chiedendo all’Istituto di «sospendere l’applicazione della Circolare e di attendere che nel merito della vicenda arrivi un pronunciamento legislativo, anziché un atto amministrativa». Ed era stato proprio questo uno dei principali motivi di contestazione, ovvero appunto il fatto che la grave decisione amministrativa dell’INPS non si fosse basata su alcun dettato normativo, ma su una Sentenza della Corte di Cassazione, nemmeno pronunciata a Sezioni Unite, del 2011 (Sezione Lavoro 25 febbraio 2011, n. 4677), per altro di segno contrario ad altri pronunciamenti della stessa Corte.
Contemporaneamente, il ministro Fornero aveva avviato un’istruttoria sulla Circolare, sottolineando che «ogni decisione al riguardo debba essere presa solo a seguito del completamento» dell’istruttoria stessa e chiedendo all’Istituto «di valutare tutti gli aspetti giuridici, di merito e di equità connessi all’applicazione della nuova soglia reddituale».
La Circolare di cui si parla, aveva aggiunto la responsabile del Dicastero, «ha comprensibilmente creato forte preoccupazione sociale, in quanto il nuovo indirizzo si pone in antitesi con quanto operato negli ultimi trent’anni, in coerenza con i pronunciamenti della stessa Corte di Cassazione degli anni precedenti». «Il problema – aveva concluso pertanto Fornero – va affrontato in modo organico e socialmente equo attraverso un intervento normativo».

Almeno per una volta, quindi, crediamo sia proprio il caso di essere soddisfatti. (S.B.)

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