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Inclusione e sostegno: per fare un po’ di chiarezza

Bimba con disabilità insieme a insegnante di sostegnoLeggo con meraviglia gli articoli critici suscitati dal mio intervento sul tema dei docenti per il sostegno. Se per altro quelle voci sono di totale dissenso a quanto avevo scritto su queste pagine, è del tutto evidente che non mi sono espresso con chiarezza e quindi attribuisco solo a me le cause di tali critiche.
È vero che rispetto alle proposte di Giuseppe Felaco avevo scritto che esse potevano essere prese in considerazione, se si fossero prioritariamente realizzate due condizioni, ovvero la formazione obbligatoria iniziale e in servizio dei docenti curricolari e la riduzione del numero di alunni per classe. Successivamente, però, avevo anche affermato che – pure ammesso che tali condizioni dopo molto tempo si realizzassero – sarebbe stato del tutto impensabile licenziare gli oltre centomila attuali docenti per il sostegno. Impensabile non solo per motivi sindacali e politici, ma anche per ragioni didattiche, che non ho espresso in quel mio breve e rapido scritto, perché le avevo già esposte in numerosi scritti anche recenti.

Ho duramente criticato e continuo a criticare la proposta della Fondazione Agnelli [avanzata nel rapporto intitolato Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Erickson, 2011, elaborato appunto dalla Fondazione Agnelli, insieme all’Associazione TreeLLLe e alla Caritas Italiana, N.d.R.], che vorrebbe rimandare l’80% degli attuali insegnanti di sostegno a fare i docenti curricolari, lasciandone solo il 20%  a lavorare in gruppi itineranti di consulenza alle singole scuole.
E ho criticato, assai di recente, anche le proposte di “spalmare” il numero dei docenti per il sostegno anche sui casi di altri BES (Bisogni Educativi Speciali), ipotesi circolate dopo la pubblicazione della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 sui BES stessi e della successiva Circolare 8/13. Ho criticato e critico quelle proposte poiché, conoscendo ormai da decenni la situazione concreta dell’inclusione scolastica, mi rendo conto che non è pensabile affidare ai soli docenti curricolari, sia pur formati e sia pur con classi ridotte di numero di allievi, la didattica concernente l’inclusione di alunni con disabilità molto gravi.
Io stesso mi sono sempre battuto per fornire suggerimenti alle famiglie per ottenere dagli Uffici Scolastici – e in mancanza dai Giudici – il massimo delle ore di sostegno possibile in base alla normativa. Ed è pur vero che ho criticato e critico la totale delega di troppi docenti curricolari del progetto didattico di inclusione ai soli docenti per il sostegno.
Pensare tuttavia che un mio articolo possa negare tutto quello che ho sempre scritto negli anni e che continuo a scrivere giornalmente nelle mie risposte a quesiti sui siti web, mi convince che quando scrivo debbo innanzitutto tener presente che non tutti possono aver letto le altre cose da me pubblicate e che quindi possono essere tratti in inganno da un solo articolo.

La mia posizione è stata sempre chiara: sono contrario alla delega al solo docente per il sostegno; per questo chiedo la realizzazione di condizioni culturali e organizzative che garantiscano la presa in carico del progetto didattico di inclusione da parte di tutti i docenti curricolari, che però debbono essere aiutati e sostenuti in ciò dai colleghi per il sostegno. Ciò, quando si realizzeranno le condizioni sopra richieste, dovrebbe produrre una minore richiesta di ore di sostegno e ridurre al minimo il ricorso ai Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), che sta producendo una vera e propria deriva giurisdizionale dell’inclusione scolastica.
Ma tutto ciò non potrà mai eliminare gli insegnanti per il sostegno, la cui presenza oraria, però, potrebbe ridursi con il progredire negli studi dei singoli alunni con disabilità, nella logica della “prossimità dei sostegni” formulata da Andrea Canevaro. E, aggiungo, anche in quella dell’efficacia dell’inclusione che, in base all’articolo 12, comma 3 della Legge 104/92, deve realizzare la crescita degli alunni in autonomia.
In particolare, per le persone minorate della vista, ho sempre ritenuto che un alunno ben inserito e integrato fin dalla scuola dell’infanzia, man mano che va avanti negli studi potrebbe progressivamente richiedere un minor numero di ore di sostegno, grazie soprattutto alle nuove tecnologie informatiche, sino a pervenire, negli ultimi anni di scuola superiore, anche a fare a meno del docente per il sostegno. Oggi, invece, si dà acriticamente e sempre il massimo delle ore di sostegno, senza curarsi degli effettivi bisogni e della crescita in autonomia di questi alunni.
So bene che nel caso di persone minorate visive con altre minorazioni aggiunte o nel caso di alunni con autismo, ciò è impossibile, ma i minorati visivi “normodotati” debbono riuscire a farcela se vogliono veramente realizzare la loro autonomia.

Anche l’amica Maria Luisa Gargiulo avrebbe potuto superare le reali difficoltà incontrate nello svolgere le traduzioni, se avesse trovato un docente di buon senso come lo fu la mia di latino e greco di allora. Questa signora, durante le versioni, si sedeva vicino a me col vocabolario sulle gambe e mi diceva: «Dimmi il nominativo della parola che ti serve o il paradigma del verbo che vuoi cercare. Se me li dici giusti in latino o greco, io ti leggo quello che c’è scritto sul vocabolario, altrimenti vuol dire che sei ignorante e allora, per questo compito… ti attacchi!».

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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