Politiche regionali e disabilità: convergenze e contrasti

I budget dell’assistenza, la compartecipazione alle spese, i progetti di domiciliarità, la solitudine dei familiari assistenti di cura, ma anche questioni più generali, come i rischi di regressione sociale e la sfiducia nelle Istituzioni: temi quanto mai delicati e discussi, di cui parliamo con Lorena Rambaudi, assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria e anche coordinatrice del medesimo settore nella Conferenza Stato-Regioni

Lorena Rambaudi

Lorena Rambaudi, assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria

Lorena Rambaudi è assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria ed è coordinatrice – nel medesimo ruolo – della Confertenza Stato-Regioni. Una lunga militanza politica e un brillante cursus honorum costruito “dal basso”, nonché un’indiscussa competenza specifica nel settore (Rambaudi proviene dal mondo della cooperazione sociale), l’hanno portata a occupare importanti posizioni di governo locale in una Regione dove le problematiche delle fasce deboli hanno un impatto particolarmente significativo.

Lorena – mi permetto di darti del tu perché ci conosciamo da molti anni e ci siamo seduti allo stesso tavolo a innumerevoli convegni – oggi la situazione delle persone con disabilità viene considerata a rischio di regressione sociale, non solo per motivi economici, ma anche culturali. Qual è la tua opinione in materia e cosa “mette in piedi” la tua Regione per contrastare tale tendenza?
«Le persone con disabilità, come tutte le fasce fragili e deboli, sono oggi a rischio più che in passato, perché la politica dei tagli e di un disimpegno dello Stato Sociale porta a una difficoltà dei servizi sul territorio. Bisogna mettere in atto politiche integrate sanitarie e sociali per dare un supporto reale.
La Regione Liguria ha cercato in questi anni di mantenere i propri impegni anche sul piano economico, non riuscendo però a compensare i tagli nazionali. Siamo ben consapevoli che sul territorio i servizi non danno risposte a tutti i bisogni, ma la situazione è di grande emergenza e noi stiamo cercando in ogni modo di far fronte ai tagli.
Per noi è importante affermare in primo luogo culturalmente questo fatto: non si può abbandonare lo Stato Sociale e ci dev’essere un livello di responsabilità di tutti gli Enti – dallo Stato, alle Regioni, ai Comuni – accompagnato da risorse finanziarie, professionali e progettuali, per dare qualche risposta in più alle persone e far sì che l’Amministrazione Regionale mantenga il più possibile il proprio livello d’impegno».

La Liguria ha scelto di gestire il budget dell’assistenza alle persone con disabilità attraverso i Distretti Sociali. Alla luce dell’esperienza degli ultimi anni, credi sia stata una scelta felice?
«L’idea di gestire il budget attraverso i Distretti Sociali è una scelta adeguata perché credo che sia il territorio a dover programmare i propri interventi. L’alternativa sarebbe quella di finanziare progetti della Regione fuori contesto temporale. I Comuni, invece, sono a contatto con i cittadini e tutti i giorni chiamati a dare risposte. Possono quindi fare scelte oculate di programmazione e avendo grande vicinanza con le persone, devono avere maggior capacità di programmare i propri interventi e le proprie risorse, anche in forma associata, in base alle priorità dei problemi emergenti».

Alcune associazioni e alcune persone che si occupano con competenza e passione di disabilità affermano di non condividere l’impostazione di compartecipazione alla spesa attuata dalla Regione anche nei confronti delle persone con disabilità grave. Cosa rispondi a queste contestazioni?
«La compartecipazione alla spesa è un tema molto delicato e credo che la politica debba avere il coraggio di affrontarlo senza ritenere i servizi alla persona come servizi a totale carico pubblico. In questo modo, infatti, il sistema non regge e far partecipare le persone in base alla propria capacità economica è una politica di equità che permette di indirizzare le risorse alle fasce di popolazione che davvero non possono permettersi un’assistenza di tipo privatistico, avendo risorse molto limitate. Un sistema di compartecipazione il più equilibrato possibile non deve mettere in difficoltà le famiglie, ma dev’essere rivolto a chi può contribuire».

Ritieni che siano attuabili anche in Liguria le politiche di incentivazione del “restiamo a casa” (o “torniamo a casa”), che tanto clamore e consenso stanno ottenendo ad esempio in Sardegna, con relativo travaso di risorse dal “sanitario” al “sociale” e con la creazione di molti nuovi posti di lavoro?
«I progetti i di domiciliarità sono un obiettivo per la Regione Liguria e per tutte le Regioni italiane. Noi abbiamo bisogno di interventi adeguati a sostegno di persone anche con gravi patologie e non autosufficienti,  ma che possano vivere nella propria casa. Questo, però, non è un processo facile, perché si tratta di un cambiamento culturale e organizzativo, oltreché di destinazione delle risorse. Travasare infatti risorse dalla spesa sanitaria a quella sociale non è così facile, perché ci sono delle regole molto precise e vincolanti, che richiederebbero, ad esempio, la ridefinizione da parte dello Statocentrale dei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.] sociosanitari.
Noi stiamo lavorando mettendo le basi perché ciò possa accadere, ma questo, ripeto, è un tema molto delicato e complesso».

La “famiglia con disabilità” è particolarmente esposta a rischi di impoverimento, discriminazione ed esclusione sociale. In particolare sul caregiver familiare si scarica tutta la carenza del sistema assistenziale pubblico verso i cosiddetti “gravissimi”. Come pensi di restituire un minimo di serenità e di pari opportunità alla donna (e più raramente all’uomo) che si prende cura di un familiare che ne ha assoluto bisogno?
«I servizi e il sistema pubblico devono valorizzare l’intervento a sostegno della famiglia, con attività anche di formazione e supporto del caregiver, per cercare di fornire servizi anche di sollievo, che possano andare ad integrare le cure familiari.
Oggi, purtroppo, abbiamo una situazione che tende alla presa in carico totale attraverso la gestione nell’ambito di strutture residenziali e c’è quindi un’assenza di sostegno alla famiglia attraverso le modalità di intervento domiciliare. L’obiettivo dev’essere quindi quello di colmare questa carenza che si viene a creare, in alternativa al ricovero in una struttura, e poter fornire anche dei supporti alla famiglia che decide di prendersi cura della persona».

La crisi di fiducia a livello nazionale nei partiti e nella politica trova facile alimento nella constatazione e nel raffronto tra il “molto-che-si-spreca” (nella migliore delle ipotesi) e il “poco-che-ben-si-impiega”. E in tal senso le Regioni non hanno certo dato il buon esempio! A quando una significativa inversione di tendenza, apprezzabile anche dalle famiglie che vivono con pensioni di invalidità irrisorie, rispetto alle spese che sono obbligate a sostenere?
«La crisi di fiducia nella politica esiste indubbiamente, ma la gestione delle amministrazioni e della cosa pubblica non può far a meno della politica, anzi della buona politica. Certamente abbiamo avuto e abbiamo molti esempi negativi e oggi  ci troviamo di fronte a cittadini delusi e sfiduciati. Però credo che si debba ripartire dalle azioni concrete e da chi in politica si sacrifica e lavora con correttezza e competenza. Attraverso l’operato di queste persone, infatti, si può ripartire per riconquistare quella fiducia indispensabile a poter superare l’apparente distonia tra chi prende le decisioni e chi vive poi le situazioni.
E per concludere una notazione personale, riguardante il “bagno senza barriere” di Loano (Savona). Rispetto a questo, mi fa piacere informarti che insieme all’assessore Berlangieri [Angelo Berlangieri, assessore al Turismo, alla Cultura e allo Spettacolo della Regione Liguria, N.d.R.], abbiamo lanciato il progetto per le Bandiere Lilla, che è un riconoscimento ai Comuni e ai territori della Regione che hanno maturato l’esperienza di un turismo accessibile e dedicato a tutti. Sono molti i Comuni che hanno aderito all’iniziativa e c’è un percorso di verifica delle situazioni concrete che porterà all’assegnazione della bandiera, naturalmente a chi se la meriterà. Anche la tua Loano partecipa a questa iniziativa, avendo maturato negli anni un interesse su questo tema, stimolato anche da cittadini tenaci come te!».

Grazie Lorena, per l’intervista e per l’aneddoto conclusivo che mi permetto di raccontare. Parecchi anni fa, a Loano, lanciammo l’idea di un servizio di ausili per la balneazione, da utilizzare gratuitamente nelle spiagge attrezzate comunali. Era la famosa (!!!) Giornata dell’integrazione balneare. Rambaudi all’epoca era assessore al Sociale della provincia di Savona e non solo partecipò istituzionalmente con il suo Assessorato all’evento, ma anche “fisicamente”, facendo il bagno in mare a fianco delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Qualcuno disse che fu un bell’esempio di governo (provinciale) balneare!

Assessore alle Politiche sociali, al Terzo Settore, alla Cooperazione allo Sviluppo, alle Politiche Giovanili e alle Pari Opportunità della Regione Liguria. Coordinatrice delle Politiche Sociali in sede di Conferenza Stato-Regioni.

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