Annusate, toccate, ascoltate: Roma è pronta a parlarvi!

Ha certamente “lasciato il segno”, a giudicare dai commenti dei nostri Lettori, la riflessione da noi pubblicata qualche giorno fa, con il titolo “Tornare a vedere il mondo”, scritta da Rosa Mauro, una donna diventata gravemente ipovedente, in età già adulta, che raccontava con quale metodo sia tornata a “immaginare il mondo”. E in una grande città come Roma, quali sono le sensazioni?

Statua del Nilo in Piazza del Campidoglio a Roma (foto di Giovanni Dall'Orto)

La statua del Nilo in Piazza del Campidoglio a Roma (foto di Giovanni Dall’Orto)

Avevo pensato questa volta di proporre una riflessione sul modo in cui le persone con disabilità visiva, e anche quelle come me, disabili sensoriali e fisiche, vivono in generale le città, ma mi sono resa conto che c’era materiale per più di un intervento e siccome da qualche parte dovevo pur cominciare, sono qui per raccontare della mia città, Roma.

Vivere la città è difficile per un disabile, sopratutto se è una metropoli. Nonostante le nuove tecnologie, infatti, troppe sono le variabili che non possono essere contemplate da un dispositivo, sia pur sofisticato: auto in divieto di sosta, gruppetti in sosta proprio nel bel mezzo del marciapiede, e adattamenti stradali, quali semafori acustici o percorsi tattili, inesistenti.
Eppure, se ci si pensa bene, non è che i vedenti se la godano poi molto di più la città o il quartiere: spesso sono così impegnati semplicemente a muoversi da un capo all’altro, magari in macchina e nel traffico, che non fanno il minimo caso a dove vanno e a dove si trovano… I riferimenti visivi sono utili al fine di trovare una strada rapidamente e perfino quando sono al parco, magari con i loro figli, difficilmente si guardano intorno.
E invece, ogni città ha un’anima differente, non solo visiva, perfino Roma. È difficile pensare a Roma in maniera non visiva… Vengono subito in mente i monumenti, il Foro, il Colosseo e si pensa immediatamente: come potrebbe fruire di queste cose chi non ha la vista o chi la possiede molto danneggiata? Il tatto, signori! Laddove infatti è possibile toccare i monumenti, la sua bellezza si scopre anche maggiore, nella liscia superficie del marmo, ma anche in quella butterata, sofferta, dove le mani della storia, degli uomini, sono passati, come nel Colosseo.
Purtroppo, non sempre la città “si lascia toccare”, ma dove questo è possibile, la scoperta delle sue forme riempie di meraviglia. Toccare una colonna antica, la sua pietra che ha visto i millenni passare, è un’emozione che entra dentro, per rimanerci. E quando ho avuto l’occasione di toccare delle statue romane, grazie a un’associazione, la loro perfezione mi ha lasciata senza fiato.
E i parchi, con il loro mutare ad ogni stagione, morbidi sotto i piedi in primavera, un sollievo in estate, quando finalmente trasmettono il poco di fresco che l’asfalto nega. I parchi di Roma, con quella strana mescolanza di città e di natura, che si scopre nei rumori, e negli odori, nei respiri affannosi e giovani di chi corre, nel respiro tranquillo che senti se ti siedi su una panchina e accanto a te c’è una persona in età avanzata. E in lontananza le macchine, e il frastuono della città, come una specie di mare…

Di notte, in estate, nel giardino della mia di casa di periferia, questa si trasforma in una casetta di campagna, silenziosa e avvolgente, ma è un piacere riservato a chi rimane a Roma in agosto!
E vi sono poi gli angoli trasteverini, che odorano di acqua e trasmettono una sensazione di paese antico, con i loro profumi e i muri così vicini, in alcuni vicoli, che il bastone basta a toccarli da un lato all’altro.
Sì, Roma in questo senso è una città piena di difetti e di problemi di mobilità: spero davvero che finalmente potrò camminare per le strade del centro senza storcermi un piede sui sampietrini, che i semafori acustici arrivino in periferia, che gli autisti siano così gentili da accendere sempre le sintesi vocali al volume giusto. Sapete, cari autisti romani, che a Berlino sono accese su tutti i mezzi pubblici e che nessuno protesta?
Mi piacerebbe poi poter vedere più linee metropolitane, ma per il momento a Babbo Natale chiedo solo – ti prego – di aumentare il numero degli ascensori alle fermate, e di farli funzionare! Forse è chiederti troppo, ma potresti anche pensare ai montascale, in modo che non debba “sacramentare” tutte le volte che decido di andare in qualche posto con la metro! E aumenta anche il numero delle panchine perché non servono solo ai senzatetto – che, mi spiace per i benpensanti, hanno diritto di cittadinanza quanto gli altri – ma anche a chi, come me, ha problemi di mobilità. Sapete cosa vuol dire dovere sempre fermarsi in un locale, magari di quelli che graziosamente ti “spennano”, solo per potersi riposare?
E, oh sì, io adoro il Gianicolo, l’aria è fresca, ci sono i monumenti, anche se a volte toccarli è dura… Ma è proprio necessario che gli unici bagni siano in fondo a una lunga rampa di scale? E come ben sanno i miei amici romani impossibilitati a fare le scale o che le fanno con immensa difficoltà come me, questa, purtroppo, non è una prerogativa solo del Gianicolo, dal momento che almeno la metà dei bagni romani è caratterizzata dall’inaccessibilità.
E qui è necessaria una piccola parentesi: Bruno Tescari*, ti chiedo perdono! Quando scrivevi un libro come Accesso al cesso, io stavo ancora relativamente bene, e non avevo compreso affatto l’importanza di quella tua battaglia. Sappi che ora mi sono ricreduta completamente!

Dicevo che se almeno una parte di questi problemi si risolvessero, sentirei la mia città davvero mia. Ma anche così, quando iPhone in mano, mi avventuro da sola in essa, ne sento la complessa bellezza e la potenzialità trascurata dai suoi primi cittadini, almeno finora…
E ora mi rivolgo a te, sindaco Ignazio Marino. Ma ci sei mai stato davvero al Divino Amore, dove vuoi costruire la discarica? Ma ci hai camminato su quei prati e sentito il profumo di quell’aria? Io sì, che ci sono stata, in quella grande risorsa di Roma che sono i castelli, il suo polmone, la sua necessaria appendice naturale. Roma ha bisogno di quel verde intatto, ha bisogno del sorriso del sole sugli alberi, sui prati, ha bisogno che non tutti i venti portino l’odore dei suoi scarti.
E anche il Tevere… Mi rendo conto che chiedo molto, ma deve proprio “profumare” così d’estate? Cercare di amare e aiutare questo nostro fiume trascurato non significa metterci le bancarelle d’estate! Quando lo si costeggia, e soprattutto per chi è piuttosto indifferente alle luci rutilanti, è il nostro olfatto a dare l’idea della sua profonda sofferenza e della mancanza di cura.
Vorrei poter camminare sulle sue rive e sentire un profumo diverso, perché è parte della città, è parte della mia vita. Siamo una città di fiume, che non rispetta suo “padre”, il Tevere e forse, nonostante tutto, io vedo questo più dei vedenti che magari lo osservano ormai indifferenti.

Chiudo quindi queste riflessioni invitando i Lettori in un’altra città, la prossima volta. Vi piacerebbe che fosse una città europea? Oppure? Attendo indicazioni. E naturalmente invito tutti a replicare a quanto scritto. Annusate, toccate, ascoltate… la città è pronta a parlarvi!

*Scomparso nel marzo del 2012, Bruno Tescari, che fu anche tra i fondatori della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), è tuttora ricordato e rimpianto come uno dei più “tenaci combattenti della disabilità”, ciò che fu per decenni. Tra le sue pubblicazioni – mai scontate, mai banali, così come le iniziative proposte e le opinioni espresse – vi fu anche Accesso al cesso, ove aveva affrontato a modo suo la problematica delle barriere architettoniche dei servizi igienici.

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