Un Servizio Sanitario Nazionale da salvare

La Fondazione GIMBE – che ha anche lanciato una specifica sottoscrizione sul tema – rileva che la recente Nota di Aggiornamento del DEF (Documento di Economia e Finanza), prodotta il 20 settembre scorso dal Governo, «lascia trasparire un chiaro disegno di smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, subordinando in pratica alle esigenze finanziarie del Paese i diritti dei cittadini sanciti dall’articolo 32 della Costituzione»

Mano che con una forbice taglia la parola Sanità«La Nota di Aggiornamento del DEF (Documento di Economia e Finanza), prodotta il 20 settembre scorso dal Governo, lascia trasparire un chiaro disegno di smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, che spianerà la strada all’intermediazione finanziaria e assicurativa dei privati».
La denuncia proviene dalla Fondazione GIMBE, organizzazione costituita nel 2010 dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che sul tema ha anche lanciato una sottoscrizione, centrata sul cosiddetto “Manifesto della Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

«Dopo i 25-30 miliardi di euro già sottratti al Servizio Sanitario Nazionale per il periodo 2012-2015 – sottolinea dunque in una nota Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – il Ministero dell’Economia e delle Finanze cala ora inesorabilmente la sua scure, programmando un definanziamento che riduce la quota di PIL destinata alla sanità pubblica dal 7,1% al 6,7%. La riduzione inizierà nel 2015 (ultimo anno interessato dai tagli già deliberati), con un timido 7,0%, per poi perdere un altro 0,3% nel biennio 2016-2017, giusto il tempo necessario per “far partire anche la terza gamba della Sanità, quella delle assicurazioni integrative” come ha dichiarato in questo giorni il ministro Lorenzin».
«Alla concretezza del dato finanziario – prosegue Cartabellotta – nelle misere due pagine del lungo documento, destinate a “rispondere alle grandi sfide della sanità e dell’assistenza”, non fa eco una programmazione sanitaria coerente, anzi tra le righe emerge la volontà di subordinare alle esigenze finanziarie del Paese i diritti dei cittadini sanciti dall’articolo 32 della Costituzione e dai princìpi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, al di là di una serie di concetti “alla moda” (appropriatezza, governance, lotta agli sprechi, informatizzazione, HTA [Health Technology Assessment, N.d.R.]), si leggono espressioni decisamente preoccupanti, quali “prestazioni non incondizionate”, “ridisegnare il perimetro dei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.]”, il tutto sotto una “regia nazionale” di fatto gestita dal Dicastero dell’Economia e delle Finanze».

«Inoltre – dichiara ancora il Presidente della Fondazione GIMBE -, accanto a un disordinato elenco di azioni da tempo annunciate (e mai attuate), dal DEF emergono clamorose contraddizioni: come verranno attuate le misure di prevenzione secondo il principio health in all policies [“Sanità in tutte le politiche”, N.d.R.] che, se rigorosamente applicate, contribuirebbero di fatto a ridurre il PIL? Quante risorse è disponibile a sacrificare lo Stato (da tabacchi, alcool, giochi pubblici), per attuare “la prevenzione di tutti i comportamenti a rischio”? Senza investimenti, come sincronizzare la riorganizzazione degli ospedali e lo sviluppo dei sistemi territoriali socio-sanitari in un sistema dove convivono la resistenza della cultura ospedale-centrica e la carenza di esperienze e modelli consolidati di cure primarie?».
«Se le Istituzioni intendono quindi liberarsi di una consistente parte della spesa pubblica attualmente destinata alla Sanità – conclude Cartabellotta – non possono e non devono nascondere i loro piani tra le righe di un documento finanziario. Infatti, un cambiamento epocale di tale portata merita una riforma del Servizio Sanitario Nazionale condivisa da tutti i portatori d’interesse della Sanità italiana». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@gimeb.org.

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