Come si comunica la disabilità nel web?

Una recente, interessante tesi di laurea, dedicata alla comunicazione sulla disabilità online, fa registrare un’evoluzione verso caratteristiche meno legate a canoni del passato. E per non “disperdere” questo e altri importanti studi, è del tutto degno di nota un progetto come “La città raccoglie sapienza”, voluto per raggruppare in un archivio a libera consultazione tutte le tesi di laurea centrate sull’inclusione delle persone con disabilità

Uomo con disabilità al computerNon è mai facile parlare e scrivere di disabilità. Ci sono più “buchi” dove rischiare di cadere che per le strade di Roma! Da quello di enfatizzare la condizione, alla spettacolarizzazione delle capacità, a focalizzarsi sull’assistenza e sulla patologia, a fornire un’immagine passiva delle persone con disabilità. Buchi nei quali siamo caduti tutti e che a volte non sono nemmeno negativi, come si può pensare. Occorre sempre, tuttavia, comprendere il contesto.
Ciò che invece è impossibile è codificare dei comportamenti, tipo «devo fare così». E in ogni caso approfondire è importante, proprio per migliorare quello che si fa. In questo, viene in aiuto anche l’università. Una tesi discussa nei giorni scorsi, infatti, ha studiato la comunicazione online, aiutando a capire.

Inclusione, comunicazione e rappresentazione della disabilità. Orientamenti e tendenze nell’informazione giornalistica online: è questo il titolo della tesi di dottorato di Alessio Covelli, dottore dell’Università di Roma Foro Italico (tutore Lucia De Anna, docente molto attenta alla tematica), in un progetto di ricerca nell’ambito del dottorato internazionale Culture, disabilità, inclusione: educazione e formazione.
«Sono partito – dice Alessio – dai miei interessi di studio verso la comunicazione mediatica, l’informazione e lo sviluppo dei processi di inclusione». E nello studio si prendono in esame anche esperienze in Francia, Malta e Canada, oltre ai siti del «Corriere della Sera» e della «Repubblica».
In mezzo ai “buchi” citati all’inizio, sembra che qualcosa si sta muovendo in meglio, pur con aspetti da migliorare. Spiega Covelli: «Il ricorso a immagini stereotipate e a particolari registri emozionali da parte degli operatori della comunicazione e dell’informazione concorre fortemente a esprimere e a rinsaldare percezioni all’interno delle quali, con proporzioni leggermente differenti da nazione in nazione, le persone con disabilità sono identificate come membri “tragici” e “indifesi” o “coraggiosi” “eroi superumani”».
Viene qui in mente lo spot, bellissimo, di Channel4, TV che in Gran Bretagna trasmise le Paralimpiadi di Londra 2012, che però si concludeva con un Meet the SuperHumans, “incontra i SuperUmani”.
Occorre tenere presente che il periodo preso in esame è il 2012, anno in cui si è svolta proprio la citata Paralimpiade di Londra, che ha certamente portato a qualche eccesso, comprensibile magari, e secondo me anche in qualche maniera positivo (pur eccedendo, infatti, si pone l’attenzione sulle abilità), di “superomismo”.
Su questo avevamo riflettuto anche noi in InVisibili, il blog del «Corriere della Sera.it», segnalando, in quel caso, un’altra tesi sulla comunicazione e la disabilità, partendo questa volta dallo sport: quella di Silvia Galimberti all’Università Cattolica a Milano, che si era soffermata in un capitolo ad analizzare il termine SuperCrip, che identifica una visione “superomistica” della disabilità.

Rispetto all’estero, in Italia ci sono attenzioni meno stereotipate. Nell’informazione online 2012, secondo Covelli, si nota «la persistenza di approcci tradizionali focalizzati sull’assistenza, ai quali tuttavia si affianca con una discreta diffusione un modello pluralistico e inclusivo basato sul riconoscimento dell’uguaglianza di diritti e opportunità di partecipazione che amplia lo sguardo sulla persona. All’estero sembrerebbe invece più marcato il ricorso a modelli tradizionali che, poggiando su una visione medicalizzante e patologica della disabilità, forniscono un’immagine passiva di dipendenza, caritatevole, pietistica e di svantaggio».
Insomma, ci si muove verso una comunicazione meno legata a canoni del passato. Covelli osserva infatti «come, rispetto ad altre ricerche realizzate sui media tradizionali, gli approcci orientati a una visione inclusiva e partecipativa della disabilità occupino sulla stampa online uno spazio di maggior rilievo rispetto al passato. Ciò, insieme al maggiore coinvolgimento delle associazioni e delle persone con disabilità, rappresenta un passo in avanti per una comunicazione più adeguata sui temi della disabilità».

Una tesi molto approfondita, dunque, interessante non solo per chi si occupa di comunicazione, e che verrà pubblicata. Spesso sono però lavori importanti che si perdono. Ecco perché è del tutto degno di nota anche il progetto denominato La città raccoglie sapienza della Fondazione Aiutiamoli a Vivere, in collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, per «la raccolta nazionale di tesi di laurea riguardanti il tema delle pari opportunità per disabili, l’integrazione e l’inclusione, con l’obiettivo di creare un archivio consultabile da parte di tutti».

Testo già apparso – con il titolo “Comunicare la disabilità. Una tesi su quella online” – in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

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