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Sardegna: un modello da difendere e rilanciare sempre

Giovane in carrozzina spinto in salita da un assistenteIn un periodo di spending review, di ridimensionamento della spesa pubblica, nel mondo delle persone con disabilità e dei loro familiari, cresce la preoccupazione che le conquiste ottenute in anni di battaglie possano essere messe in crisi da incompetenze a vari livelli, da un falso senso di revisionismo e di “caccia all’imbroglione”, dall’incapacità e dall’ignoranza di alcuni politici, ma anche, purtroppo, di persone che ruotano all’interno del mondo con disabilità, ricoprendo cariche rappresentative, quando si trattano i temi relativi alle politiche sociali.
Su tale argomento, infatti, persone serie e insospettabili spesso si avventurano in analisi particolarmente distorte, con faciloneria, con saccenza, ciò che se capitasse in altri settori, darebbe luogo a una rivolta informativa mediatica senza fine. Purtroppo sulle politiche sociali molti ritengono che basti il “buon cuore” e il senso comune per poter dire delle cose, ma non è cosi.
Bene fa dunque la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), con Pietro Barbieri e Carlo Giacobini in HandyLex.org e in «Superando.it», a denunciare in questi giorni le azzardate dichiarazioni di alcuni esponenti di governo e il tentativo scellerato di far pagare il costo della crisi alle persone con disabilità.
Il fatto è che spesso non si conosce la realtà, quella delle persone con disabilità in carne e ossa e delle loro famiglie, mentre altre volte si giudicano fatti marginali con categorizzazioni assolute e altre volte ancora non si conoscono i dati. Eppure si parla inutilmente lo stesso.
Per questo vorrei qui dar conto dei dati relativi al cosiddetto “Modello Sardegna” sulla non autosufficienza, in particolare sui piani personalizzati derivanti dalla Legge 162/98, esperienza che ha fatto rinascere una speranza e che oggi crea benefìci per più di 36.000 persone con disabilità grave.
Cerchiamo dunque di entrare in alcuni dettagli tecnici, partendo dal 2013, ovvero dagli ultimi dati disponibili.

La prima conquista è stata quella della battaglia dentro le Istituzioni per conquistare le risorse adeguate: chi poteva immaginare, nel 2000, che oggi la Regione Sardegna stanziasse di risorse proprie circa 140 milioni di euro per i piani personalizzati delle persone con grave disabilità, di cui più di 115 milioni per i progetti della Legge 162/98, “record italiano” indiscusso?

Lo storico dei finanziamenti sulla Legge 162/98

Anno Piani Totale finanziamento
2000 123 1.337.964
2001 580 4.155.265
2002 1.524 10.516.445
2003 2.344 13.463.000
2004 3.461 21.998.500
2005 6.119 29.245.763
2006 9.222 40.003.630
2007 16.895 58.746.276
2008 25.597 96.126.988
2009 28.351 116.490.577
2010 30.889 101.742.241
2011 33.354 112.119.850
2012 36.174 117.295.566

Ed ecco alcuni dati speficamente riguardanti il 2013:

Tabella 1 – Dati riepilogativi Piani 2012 – Annualità 2013

Piani Nuovi 2013
< 65 anni

13.707

2.465

> 65 anni

22.467

6.905

TOT

36.174

9.370

Piani in corso rinunce 2013
< 65 anni

1.580

> 65 anni

4.969

TOT.         26803

6.549

Finanziamento piani nuovi Finanziamento 3 mesi proroga Finanziamento 9 mesi 2013 Fabbisogno reale 2013 – previsione

€ 18.541.282

€ 23.713.632,76

€ 75.054.202

€ 117.295.566

Ebbene, nel 2013, rispetto all’anno precedente, i piani sono cresciuti di meno del 10% e in particolare sono saliti di numero quelli per gli anziani rispetto a quelli concernenti le persone al di sotto dei 65 anni.
La spesa complessiva, inoltre, non è variata particolarmente rispetto all’anno precedente, dimodoché tutte le paure che i più disinformati pronosticavano, ovvero che quei piani crescessero in maniera esponenziale con una spesa fuori controllo, sono state completamente smentite dai fatti.

Tabella 2 – Piani Legge 162/98  – Alcune classificazioni significative

Piani < 18 anni  (8,6% )           3133
tra i 19 e 64 anni

11238

Bambini (0-3 anni) (0,06%)          240

Progetti di Vita Indipendente (piani di persone che vivono sole o con un nucleo familiare di due persone – >18 < 65 anni)

(14,8%)          5361
Progetti per gravissimi >= 80 punti (4,7%)          1706
Progetti per gravissimi >= 80 punti < 65 anni (8%)
       1106 su 13.707
Progetti per gravissimi >= 80 punti >65 anni (2,6%)  600 su 22.467

Nella Tabella 2 si dimostra come alcuni problemi sollevati strumentalmente da vari soggetti fortemente impreparati siano privi di senso.
C’era stata ad esempio la richiesta (non solo da parte di politici, ma anche di qualche rappresentante delle persone con disabilità) di espungere i bambini gravemente disabili da zero a tre anni (e qualcuno, giustamente, si era opposto, parlando di “Rupe Tarpea”…). Ebbene, le richieste di bambini da zero a tre anni rappresentano solo lo 0,06% del totale complessivo.
Un’altra (assurda) richiesta era stata quella di espungere coloro che erano in situazione di gravità tale da essere allettati o in situazioni di gravità estrema (sopra gli 80 punti, secondo il criterio di classificazione in uso) e di lasciarli alla tradizionale assistenza domiciliare, privandoli di una personalizzazione e progettualità dell’intervento. Anche qui i dati dimostrano che i piani totali per le persone in questa situazione sono il 4,7% del totale, un valore comunque basso, al di là della non condivisione della proposta che, visti gli obiettivi stessa della legge, sfiorava il ridicolo, di togliere cioè a chi è più grave tra i gravi!

Tabella 3 – Piani Legge 162/98. Report punteggi minimi rilevati – Allegato B  Scheda Salute

punti n°piani

0

(0,8%)             289

1

(0,4%)             142

2

(0,4%)              166

3

(0,6%)             205
TOT. (2,2%)             802

Nella Tabella 3, poi, sono illustrati i numeri di coloro che hanno zero o bassissimo punteggio nella “Scheda Salute” che sta alla base dei piani.
Con la Legge Finanziaria del 2012, il Consiglio Regionale Sardo aveva chiesto di verificare tutti i piani che nella scheda salute avessero punteggio zero o fino al massimo di 5 punti. L’assunto, infatti, era che fosse difficile comprendere come potessero essere considerati disabili gravi persone che avevano zero nella Scheda Salute e come queste potessero avere avuto la certificazione di disabilità grave.
Per questo riteniamo che ci vogliano controlli esercitati direttamente dalla Regione, ma a tutt’oggi sappiamo anche che il Consiglio Regionale non è stato edotto se quei controlli siano stati fatti e quale esito abbiano avuto.
Quindi, sì ai controlli, perché gli abusi vanno colpiti, ma no ai luoghi comuni che circolano spesso in ambienti politici – ma anche professionali – ovvero che «nella Legge 162 ci siano “molti” abusivi». La parola «molti», infatti, è usata in maniera fortemente ignorante: non ci si può infatti assolutamente confrontare con i dati e cercare di influenzare politiche regionali che riguardano la vita e il sostegno delle persone con una faciloneria e un’impudenza che spesso lasciano stupefatti.
In realtà, la Tabella 3 dimostra che se anche tutti i casi in essa riportati fossero “abusivi”, si tratterebbe di poco più del 2%. Da eliminare, quindi, ma veramente un’esigua minoranza.
Credo invece che l’applicazione della legge – per il suo meccanismo intrinseco che attribuisce poche risorse a chi ha basso punteggio nella Scheda Salute – rimanga fortemente sana e per questo – lo ribadisco -, fanno specie coloro che parlano di «spesa fuori controllo» o di «molti abusi», probabilmente con altri fini,  mettendo a rischio i diritti di più di 30.000 persone che hanno bisogno del sostegno della legge come dell’aria e non che essa venga denigrata con incompetenza.
Le associazioni – nel loro rapporto con le Istituzioni e respingendo qualunque polemica – devono a mio parere stigmatizzare chi afferma (falsamente, e con il rischio di “dare spalla” ai “falchi” della politica che vogliono tagliare questa spesa, rendendo vane battaglie dentro e fuori le Istituzioni, come quelle ad esempio di Salvatore Usala del Comitato 16 Novembre) che il modello crea disparità di trattamento, o che si basa sulla patologia.
In altre parole, il tentativo di qualcuno è di ritornare a un modello dove siano le Amministrazioni locali (l’Assessore di turno insieme ai suoi servizi) a dire come e dove vadano spese le risorse per le persone con disabilità, senza la loro personale partecipazione al progetto. E ciò ci farebbe fare un tuffo indietro nel passato di almeno vent’anni.

Tornando ai dati, va detto che la Regione Sardegna – nel periodo 2004-2009 – ha aumentato in maniera molto importante gli investimenti nelle politiche sociali. Come si può vedere, infatti, dalla successiva Tabella 4, la spesa pro capite è passata dai 101,3 euro del 2004 ai 199,1 euro del 2009 con un incremento del 96,5%, anche qui il primo in Italia. E nel 2010 l’investimento sul sociale (dati ISTAT pubblicati nel 2013) è stato incrementato fino a 220,4 euro (con un aumento, nel periodo 2004-2010, del 117%).
Molti osservatori chiedono per altro di sapere se i maggiori investimenti sul sociale in Sardegna siano serviti per deistituzionalizzare le persone con disabilità grave e favorire una svolta con la loro permanenza nel proprio domicilio e territorio, presso la propria comunità o tramite percorsi di vita indipendente, in luogo dell’internamento.
Le nostre elaborazioni sui dati ISTAT sembrano confermare questo processo positivo: infatti, la Sardegna spende nel 2009 77 euro pro capite per i servizi alle persone con disabilità, seconda regione in Italia: di quella cifra, ben 72 euro sono interamente destinate a percorsi di sostegno personalizzato e coprogettato di cui alla Legge 162/98 e al Progetto Ritornare a Casa – Programma per promuovere l’uscita dagli istituti delle persone con disabilità grave, incompatibili nell’applicazione originale della Regione Sardegna con qualunque forma di istituzionalizzazione.
Più oltre, la Tabella 6 descriverà questo processo virtuoso nel corso degli anni.
D’altra parte, oltre all’importantissimo risparmio sulla spesa sanitaria, quello nella spesa per le strutture è sostanziato anche dall’indicatore che vede la Sardegna destinare solo il 14,4% del proprio bilancio sociale in strutture, che la vede nella classifica ultima regione in Italia (dati ISTAT). Questa volta, quindi, ultimo è bello!

Tabella 4 – Incremento della spesa dei Comuni per le politiche sociali (confronto 2004-2010)

REGIONI                                               RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

spesa pro capite 2004

spesa pro capite 2009

spesa pro capite 2010

incremento % 2004 2010

Sardegna

101,3

199,1

        220,4

117,6%

Puglia

39,4

54,7

          63,2

60,4%

Isole

73,2

107,4

        110,1

50,4%

Friuli-Venezia Giulia

148,9

215,1

        222,6

49,5%

Lazio

102,4

140,5

        146,6

43,2%

Basilicata

44,5

63,0

          63,1

41,8%

Campania

37,0

53,9

          52,0

40,5%

Sud

38,1

50,9

          53,1

39,4%

Liguria

103,8

139,5

        142,3

37,1%

Abruzzo

51,9

62,3

          67,5

30,1%

Centro

103,6

131,5

        134,7

30,0%

Italia

92,4

116,3

        117,8

27,5%

Umbria

77,5

95,4

          95,9

23,7%

Lombardia

104,6

123,5

        126,5

20,9%

Veneto

94,7

113,8

        113,5

19,9%

Nord-ovest

111,9

133,2

        134,1

19,8%

Nord-est

135,2

162,9

        161,5

19,5%

Toscana

116,1

136,9

        137,3

18,3%

Emilia-Romagna

148,3

180,1

        173,3

16,9%

Piemonte

124,1

148,6

        143,6

15,7%

Marche

93,2

107,2

        107,7

15,6%

Sicilia

64,0

77,0

          73,5

14,8%

Trentino Alto Adige / Südtirol

257,8

262,2

        267,0

3,6%

Calabria

26,9

25,5

          25,8

-4,1%

Molise

43,2

35,9

          38,1

-11,8%

Valle d’Aosta / Vallée d’Aoste

344,6

269,3

        283,4

-17,8%

Ancora: cliccando qui, si possono scaricare le bozze di uno studio che tiene conto dei dati degli ultimi anni. In particolare segnalo le tabelle dove viene dimostrato che non è vero che il finanziamento del Fondo per la Non Autosufficienza (voluto, devo dire, dalla Giunta di Centrosinistra e confermato anche da quella di Centrodestra) tolga risorse alle altre politiche sociali. Si tratta, anche in questo caso, di una vera “bufala” diffusa da persone che ignorano o che sono interessate a soluzioni istituzionalizzanti a tutti i livelli.

Perché dicono il falso coloro che sostengono che la Legge 162/98 tolga risorse alle altre politiche sociali

Tabella 5 – Raffronto Anni 2004 / 2009 (valori in euro per abitante)

Disabilità Famiglie e minori Anziani Povertà, disagio adulti Multiutenza Spesa pro-capite (b)
Sardegna 2009  77,4

47,8

34,4

30,7

6,6

199,1

Sardegna 2004  23,2

38,2

23

8,5

5,4

101,1

differenza 2004/2009  233,6%

25,10%

49,80%

260,70%

21,70%

96,90%

Sud 2009  8,3

22,8

9,2

5,5

3,3

50,9

ITALIA 2009  25,1

46,4

23,6

9,7

7,3

116,3

Va anche ricordato a questo punto che – ad evitare ogni tipo di equivoco – con l’approvazione in Consiglio Regionale della Sardegna, avvenuta il 15 maggio dello scorso anno, di uno specifico Ordine del Giorno, le risorse dei piani personalizzati sono state messe fuori dal Patto di Stabilità.

Tornando a quanto già accennato dal punto di vista della qualità dell’intervento, rispetto alla personalizzazione e alla domiciliarietà a sostegno delle persone con disabilità grave, sono esattamente 72,67 euro pro capite ad abitante della Sardegna (vedi successiva Tabella 6) quelli destinati a percorsi che escludono in ogni caso l’istituzionalizzazione (su un totale di 77,4 e sempre in base a nostre elaborazioni su dati ISTAT del 2012). E questa tendenza – l’investimento in euro pro capite – viene confermata anche dai dati del 2010:

Disabili Famiglie e minori Anziani Povertà, disagio
adulti e senza
fissa dimora
Multiutenza Spesa pro-capite (b)
Sardegna 2010 87,3 54,3 38,7 29,5 8,4 220,4

 

Tabella 6 – Spesa dei Comuni in Sardegna dedicata agli interventi in ambito domiciliare per persone con disabilità

Anno Totale finanziamento Spesa pro capite in euro

2004

21.998.500

13,16

2005

29.245.763

17,49

2006

40.003.630

23,93

2007

58.746.276

35,14

2008

96.126.988

57,50

2009

121.490.577

72,67 (su 77,4)

Un’altra questione che intendo a questo punto segnalare deriva dai primi dati di uno studio dei caregiver in Sardegna, dove si dimostra che il valore non monetario del lavoro gratuito di assistenza sfiora il mezzo miliardo di euro, a fronte di una spesa pubblica di circa 116 milioni.

Tabella 7 – USA: lo studio della Family Caregiver Alliance su valore “forza lavoro” caregiver

Valore forza lavoro non pagata caregivers (negli Stati Uniti d’America) 306 miliardi di dollari
Totale caregivers 44 milioni
Valore pro capite di ogni caregiver 6954 dollari

Tabella 8 – I nostri primi dati dello studio sui caregiver in Sardegna – Legge 162/98 e Ritornare a Casa motore di sviluppo?

Euro investiti – fondi regionali 2011 per piani 2012 € 110.000.000
Euro rientro pubblico (IVA, IRPEF, INPS) alla fiscalità generale – Stima € 45.122.000
tot. Piani finanziati € 33.354
tot. Piani finanziati € 33.354
media stipendio mensile lavoratori (in euro) € 566

Tabella 9 – I nostri primi dati dello studio sui caregiver in Sardegna – La non autosufficienza motore di sviluppo

Valore forza lavoro non pagata caregivers(in Sardegna) € 497.000.000
Totale caregivers € 75.244
Valore “lavoro” non pagatodi ogni caregiver € 6.605
Posti lavoro part-time € 15.000 circa
Risorse monetarie mobilitate (pubbliche e private) € 180.000.000
Rientro euro fiscalita generale € 60.000.000

Infine, ricordiamo che la spesa – o meglio dire gli investimenti per la Legge 162/98 e per il Progetto Ritornare a Casa – , sono di prevenzione alla spesa sanitaria per le persone non autosufficienti. In tal senso la Tabella 10 si commenta da sola…

Tabella 10 – La Legge 162/98 Modello Sardegna fa risparmiare la spesa pubblica?

Estrazione piani 162 con sopra 34 punti scheda salute, ad altissimo carico assistenziale (es. autismo gravissimo, distrofici gravi, allettati,gravissimi traumi cerebrali)
Anno 2010 piani totali L.162 : 31.000 circa
N.piani Costo medio L.162 Totale costo complessivo
> 65 anni 4527 piani 3.712 € 16.807.213
< 65 anni 2124 piani 9.400 € 20.177.382
Se gli stessi piani fossero inseriti in RSA costerebbero: Costo sanitario RSA (40%) per persona
> 65 anni 22.046 € 99.802.242
< 65 anni 22.046 € 46.825.704
NB: I casi con scheda salute sopra i 34 punti, per la loro gravità, avrebbero diritto di accedere alle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali)

In conclusione: il cosiddetto “Modello Sardegna” appartiene a tutti, non ha un colore politico e il nuovo presidente della Regione Francesco Pigliaru ha nel suo programma ufficiale la protezione e il rilancio delle conquiste fatte.
È importante vedere come con questo sistema si dia spazio al miglioramento della vita delle persone, da quelle in situazione di estrema gravità, che non possono rappresentarsi da sole e che hanno diritto comunque alla qualità dell’assistenza personalizzata, fino a coloro che, aiutati dalla legge, hanno potuto essere sostenuti in progetti di vita indipendente, tanto da potersi esprimere ai massimi livelli, qualcuno laureandosi e, perché non dirlo, diventare pure, con grande orgoglio di tutti, Assessore Regionale [il riferimento è a Claudia Firino, donna con disabilità che recentemente è stata appunto nominata Assessore Regionale della Sardegna, N.d.R.]!
Ma le persone con disabilità e le loro organizzazioni devono contribuire a migliorare il sistema e a vigilare che nemmeno un euro venga sottratto ai piani personalizzati. Si rischia altrimenti di ritornare all’istituzionalizzazione. E questo non possiamo assolutamente permetterlo.

Genitore di una persona con disabilità, rappresentante della Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi), già Consigliere della Regione Sardegna.

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