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Sardegna: sempre più protagonisti attivi

Persone con diversi tipi di disabilità e di ausili, sul viale di un parcoNon è tempo di stare soli, di rintanarsi, rinchiudersi o isolarsi, in epoca di crisi. La crisi è complessità, è una sfida per tutti. Le persone con disabilità gravi, le loro famiglie e organizzazioni, sono esperte di bisogni e processi complessi in cui di necessità si fa virtù, ove si alimenta la progettualità dell’altro per ampliare gli orizzonti e le mete esistenziali e sociali, cioè per costruire “ben-essere” personale e collettivo.
Noi, associazioni di familiari con persone con disabilità grave e che «necessitano di maggiori sostegni» (more intens support), ci muoviamo con la forza dell’esperienza, la conoscenza e la riflessione, in linea con princìpi e metodi nell’ottica dei diritti, perché essi siano però applicati ed esigibili. Ci muoviamo dunque nell’ottica dei diritti umani della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, dove viene affermata «l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e interrelazione di tutti i diritti umani e libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni», a cominciare dal «diritto al progetto personalizzato e all’inclusione» (Preambolo c).
Non sono parole. Si tratta di reali percorsi di vita, progetti personalizzati realizzati, che hanno al centro la persona: solo così si evitano i rischi, sempre dietro l’angolo, di cadere nell’assistenzialismo o nell’esclusione. Oggi infatti – come ha detto a suo tempo Pietro Barbieri, alla Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità di Bologna – si è ancora «davanti al bivio fra modelli e servizi istituzionalizzanti e segreganti, mentre occorre operare con decisione per la scelta di modelli e prassi inclusive».

Ma in Sardegna non siamo certo all’anno zero, partiamo bensì da un punto di forza: l’esperienza attuata a partire dal 2000 dei piani personalizzati inclusivi per le persone con handicap grave, come da Legge 162/98, modello di coprogettazione e partecipazione, una buona prassi ormai istituzionale, voluta fortemente dalle famiglie dei più “fragili” e dalle loro associazioni.
In seguito, la scelta regionale verso la personalizzazione e il rinforzo della domiciliarità è stata potenziata anche da altri programmi, come ad esempio il Ritornare a casa, e ora interessa una grande platea di destinatari (circa 38.000 piani personalizzati, di cui circa 36.000 in base alla Legge 162/98 e 2.000 nell’àmbito di Ritornare a casa), con importanti risorse economiche e finanziarie del Bilancio Regionale (circa 140 milioni di euro).
Il nostro Comitato dei Familiari per l’Attuazione della Legge 1632/98 in Sardegna, con le oltre quaranta organizzazioni che rappresenta, ha sempre lottato per mantenere i livelli raggiunti, quasi veri e propri livelli essenziali sociali di assistenza: la Regione dà le linee di indirizzo, criteri di accesso trasparenti e uniformi nel territorio, diritti diventati esigibili in ogni Comune e non arbitrari o discrezionali per l’Assessore o l’Operatore Sociale di turno, dove i destinatari hanno il controllo su tutto il processo amministrativo e il potere di coprogettare. Viene superata, in altre parole, la visione per “patologie” – al contrario di quanto alcuni superficialmente ritengono – guardando alla situazione personale e a quella del “funzionamento”, e la cogestione dei servizi avviene con il proprio Comune, processo, questo, che tende a garantire pari opportunità, contro ogni discriminazione.
Certo, restano degli aspetti critici, come le difficoltà di gestione annuale per i destinatari e i Comuni (la Legge Finanziaria 2014 sembra promettente in tal senso, prevedendo la triennalità dei finanziamenti regionali), o la necessità di rinforzare percorsi di vita indipendente per persone con sofferenza mentale e gravi disabilità, oltre all’esigenza di distinguere e migliorare altri filoni dei servizi. Tutto è migliorabile, ma è fondamentale non fermarsi ed evitare di fare passi indietro nei diritti acquisiti.

Il prossimo 5 aprile ad Abbasanta (Oristano) si affronteranno questi temi caldi nel seminario intitolato Nuove idee sulla disabilità: buone prassi su progetti personalizzati e percorsi sociosanitari in rete. Si può fare!, incontro organizzato – con il sostegno della Fondazione CON IL SUD -, dall’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi), dall’Associazione Italiana Sindrome X Fragile e dalla Sezione Sarda di quest’ultima, con una stretta rete di collaborazione con le organizzazioni del Comitato dei Familiari per l’Attuazione della Legge 162/98 in Sardegna, dell’Ufficio Disabilità dell’Università di Cagliari, di Confcooperative e del Comune di Bidonì (Oristano).
Vi si parlerà appunto di progetti personalizzati delle persone con disabilità grave, nell’àmbito di percorsi sociosanitari realizzati con i familiari e le loro associazioni, in coprogettazione con i servizi sanitari e con operatori, professionisti e cooperatori sociali di tutta l’Isola.
Sarà un’ulteriore occasione per rinforzare la rete inclusiva dei servizi sociosanitari, con al centro la persona e il suo progetto di vita, oltreché per potenziare da una parte l’alleanza con gli operatori sociali e sanitari, dall’altra la partecipazione attiva dei diretti interessati e dei loro familiari: devono essere loro, infatti, i protagonisti nella scelta dei servizi e nel prendere decisioni per la loro assistenza, nei processi e nei percorsi che li riguardano. Grazie insomma a questo metodo e a questa pratica, se ne migliora la qualità della vita e migliorano i servizi stessi, insieme alla comunità e alla società intorno.

L’incontro di Abbasanta sarà una nuova tappa del percorso iniziato nel 2013 dalle organizzazioni promotrici e dal Comitato dei Familiari per la Legge 162/98, che ora sta proseguendo nel 2014 e che ha già visto svolgersi numerosi incontri, laboratori, gruppi e workshop, progettati e realizzati insieme, persone con disabilità, loro familiari e associazioni con i loro i figli, operatori, educatori, studenti, professionisti del sociale, dell’educazione e della sanità, in un’attività di formazione e riflessione sulla  progettazione personalizzata, con modalità operativa e partecipata.
In sostanza, ci si confronta a partire dalle esperienze in atto e ci si forma alla maggiore consapevolezza (empowerment) dell’essere parte attiva della rivoluzione sociale, culturale (e anche scientifica), dove la disabilità è una relazione sociale, non una condizione soggettiva della persona, come la Classificazione ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha scientificamente dimostrato.
E davanti alle nuove fragilità, povertà ed emergenze – come quella del lavoro o quella educativa e sociale -, o di mancanza di speranza per il futuro e di fiducia verso le stesse Istituzioni (fragilità non solo individuali, ma anche dei sistemi e cioè di tutti), si prova a rilanciare, o meglio a “ribaltare” proprio con la forza dei più vulnerabili. Si vogliono rinforzare le partnership, dove ognuno ha il proprio ruolo, con l’agire di ciascuno di noi, con la consapevolezza del valore della stessa alleanza, della necessità di un nuovo patto educativo e sociale e di dover collaborare tra famiglie, operatori e istituzioni.
Ripartiamo da noi!, si chiamava ad esempio un workshop del dicembre scorso, dove dando fiducia a ciascuno, ai ragazzi con disabilità, agli operatori, agli educatori e agli assistenti personali – davvero figure chiave dei processi inclusivi -, è emerso che ciascuno è, o dev’essere, attore protagonista, come operatore, come genitore o come cittadino. Dal canto loro, i ragazzi con disabilità sono diventati più consapevoli e protagonisti, dichiarando di essere essi stessi «i datori di lavoro dei propri operatori».
Occorre impegnarsi e ripartire da noi – ecco appunto il senso del titolo di quel workshop – cioè da ciascuno e da noi insieme. In altre parole, è emersa la necessità del contributo di ciascuno, per spingere e operare con forza ancora maggiore, per andare nella direzione giusta di una società inclusiva per tutti.

Come nei più avanzati dibattiti scientifici e sociali, abbandonata la tradizionale visione istituzionalizzante e segregante, si è dialogato in questi mesi – anche nel febbraio scorso, durante l’incontro denominato Work in Progress – senza negare le criticità. Dal punto di vista dei familiari, si riconosce che finalità e obiettivi si modificano, man mano che i figli, prima bambini, poi crescono e diventano ragazzi e adulti, escono dal “circuito scuola”, dove le cose si fanno più difficili, pericolose per il rischio della ricaduta verso l’istituzionalizzazione, soprattutto per  coloro che «necessitano di maggiori sostegni», mentre sono portatori, come sancisce la Convenzione ONU, del diritto a «trattamenti uguali».E vengono presentate, in differenti gruppi di lavoro tematici, pratiche e progetti di inclusione, di autodeterminazione, del vivere in comunità, dell’attuazione del diritto all’educazione e all’istruzione, di vita indipendente, del rispetto dei diritti umani per le persone che «non possono rappresentarsi da sole» e dell’accesso per tutti con i medesimi diritti e doveri, su base di uguaglianza e senza discriminazioni, in ogni àmbito della vita, nelle cure e nella salute, nello studio e nell’istruzione, nella formazione e nel lavoro, nell’abitare e nel muoversi, nella partecipazione alla vita del proprio Paese ecc.

Utopia? No, passi decisivi di un ribaltamento sociale ormai in atto e irreversibile, dell’estensione del cosiddetto “Modello Sardegna”. Alcuni sono gli elementi emersi “vincenti”, dai vari incontri di cui si è detto, che possono essere utili ed essenziali per la diffusione e la trasferibilità delle buone prassi in corso. Vediamoli qui di seguito:
– No alla delega ai professionisti del sanitario e del sociale: le persone con disabilità e i loro familiari sono consapevoli di essere coproduttori, cofirmatari dei progetti che li riguardano (Legge 162/98; cure e programmi domiciliari; progetto Ritornare a casa; altri programmi socioassistenziali e sociosanitari; il Piano Educativo Individualizzato – PEI – della scuola; progetti personalizzati di tirocini formativi lavorativi ecc.).
– Non si torna indietro: non più destinatari passivi del sistema dei servizi, ma tutti membri, cittadini attivi, attuando, di fatto, l’esercizio di cittadinanza (si è datori di lavoro; si contribuisce all’erario; si creano posti di lavoro e si fa emergere dal lavoro nero il lavoro di cura; si diminuiscono notevolmente le spese assistenzialistiche e sanitarie).
– Partecipazione, co-progettazione e personalizzazione: concetti chiave e metodo pratico sono spinti fino in fondo nell’esercizio del diritto di scelta e dell’assistenza indiretta nei progetti personalizzati, non solo per una categoria di persone, ma anche per coloro che – più “gravi” – non possono rappresentarsi da soli; il tutto in un sistema di rete sociale e di presa in carico globale: no ai voucher, no ai sussidi, pure sotto forma di erogazioni monetarie; sì alla coprogettazione, cioè al sostegno, da parte delle istituzioni, al proprio personale progetto di vita, inclusivo, con la famiglia, le reti sociali e la comunità.
– Creare esperienze di partecipazione e coprogettazione in azione, di crescita e rafforzamento delle reti delle organizzazioni familiari e sociali della comunità nei territori, collegandosi anche alla presa in carico da parte delle istituzioni e alla coprogettazione tra cittadini e istituzioni stesse.

Il lavoro è appunto in progress, ma le persone con disabilità e le famiglie sono sempre più protagoniste attive dei processi sociali dei propri figli in difficoltà e la famiglia è risorsa fondamentale della vita: «Nulla su di Noi senza di Noi e le Nostre Famiglie» è lo slogan, per promuovere alleanze volte al bene comune.

ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi); Comitato dei Familiari per l’Attuazione della Legge 162/98 in Sardegna; componente della Commissione Regionale della Sardegna per la Legge 162/98.

È disponibile il programma del Seminario che si terrà il 5 aprile ad Abbasanta (Oristano), di cui si parla nella presente nota. Suggeriamo anche la lettura del Contributo al Programma del nuovo Presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, testo elaborato dal Comitato dei Familiari per l’Attuazione della Legge 162/98 in Sardegna. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: abc@abcsardegna.org.

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