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La ragione non dà la felicità

Auguste Rodin, "Le Penseur"

Auguste Rodin, “Le Penseur”

Mi sono chiesto spesso, nei giorni scorsi, perché mai non avessi voglia di commentare la chiusura dell’inchiesta condotta dalla Procura di Torino nei confronti di Davide Vannoni e soci della Fondazione Stamina. Eppure le conclusioni, e soprattutto i documenti allegati all’inchiesta, confermano in misura impressionante tutti gli argomenti che, basandoci solo sul buon senso e sulla modesta conoscenza dei criteri e dei metodi della corretta sperimentazione scientifica, noi stessi avevamo a più riprese utilizzato, sia su queste stesse pagine, sia durante la partecipazione a programmi di informazione televisiva (in particolare TGcom 24, che ha dedicato molti approfondimenti in diretta a questo tema). Non ne avevo voglia, perché non c’è da cantar vittoria, neppure avendo ragione, come in questo caso è del tutto evidente.
Ho provato e provo, invece, profonda tristezza per questo epilogo (tuttora incompleto) di una vicenda ancor più triste e dolorosa, prima di tutto per le famiglie ancora coinvolte in un vortice di speranza e di pena, e poi anche per la constatazione del fallimentare sistema italiano di poteri che si contrappongono e non si preoccupano delle conseguenze di atti, di decisioni, di procedure, che rischiano di compromettere definitivamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.

Trovo in tal senso di grande equilibrio le dichiarazioni raccolte per la testata «Vita.it» da Sara De Carli, che ha intervistato Luca Binetti, padre di due bimbi affetti da atrofia muscolare spinale, la SMA, patologia esclusa dalla sperimentazione con il cosiddetto “metodo Stamina”, eppure largamente utilizzata nella fase della comunicazione che potremmo definire della “possibile cura”.
«Parte del problema – commenta Binetti – è stato anche il potere dell’informazione, perché il “caso Stamina” è stato indubbiamente creato dalla bravura di alcuni giornalisti, così come la bravura di altri giornalisti ora lo sta distruggendo. Il problema è che in mezzo ci sono le famiglie e la loro sofferenza». Vero. Ma sulla «bravura dei giornalisti» ci sarebbe invece molto da discutere.
Per me la bravura consiste nel documentare, nei limiti del possibile, la verità dei fatti, verificando le notizie oltre ogni ragionevole dubbio. La bravura sta nell’equilibrio, nella distanza anche emotiva dalle persone delle quali si parla, sta nel rispetto dell’immagine dei minori, sta nella capacità di modificare uno schema narrativo, accogliendo con umiltà professionale gli elementi di segno diverso provenienti, ad esempio, da fonti non considerate all’inizio.
Bravura di un giornalista è anche la capacità di documentarsi, in questo caso, sulle ragioni che stanno alla base di un metodo di validazione scientifica che, pur con tutti i limiti della vicenda, è condiviso dalla comunità internazionale al di là di ogni ragionevole dubbio, e non per puro ossequio agli interessi delle grandi case farmaceutiche.
In tutta questa vicenda, invece, lo schema seguito dal mondo dell’informazione generalista – sia sui quotidiani che nelle emittenti televisive – è stato quello di dare voce praticamente alla pari sia ai sostenitori che ai confutatori delle teorie di Vannoni. Un equilibrio fittizio, che non ha quasi mai tenuto conto della disparità emotiva delle forze in campo. I genitori, ormai convinti di tentare questa strada, sorretti nelle loro convinzioni dall’operato dei Magistrati, corroborati dalla decisione di un Ospedale Pubblico di avviare in modo massiccio le infusioni, confusi dalle contraddittorie decisioni (o meglio indecisioni) dei Ministri di turno, hanno subìto un vero e proprio massacro mediatico, usati, assieme ai loro bambini, e portati addirittura a gesti di ribellione e di protesta pubblica senza alcun precedente nella nostra recente storia sociale.

Una delle conseguenze peggiori è stata certamente la divisione tra famiglie alle prese con patologie analoghe, dalla diagnosi infausta, e dalle cure inesistenti, nonostante la ricerca stia continuando a lavorare, ma con i suoi tempi, e con gli incerti esiti che tuttora attengono al campo delle cellule staminali, in tutto il mondo.
Il nostro Paese è diventato il teatro di una guerra dai risvolti commerciali enormi, il che adesso sta emergendo in modo clamoroso. Smantellare attraverso Stamina le regole della validazione della ricerca era ed è, in buona misura, l’obiettivo reale di questa “guerra” combattuta senza esclusione di colpi.
Ecco perché oggi l’unica vera risposta dovrebbe essere il silenzio. Il rispetto per le vittime – troppe – di questa vergogna italiana. Nella speranza, non nella certezza purtroppo, che questa vicenda si chiuda definitivamente, senza un prolungamento di agonia mediatica, che nessuno merita.

Direttore responsabile di «Superando.it».

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