La telemedicina contro quel “killer silenzioso”

Più di 15 milioni di italiani soffrono di ipertensione – una delle principali cause “a monte” di tanti decessi per ictus e infarto – e circa la metà di essi ne sono ignari. Ma è possibile oggi, grazie alle moderne tecnologie, intervenire meglio per monitorare e prevenire i problemi derivanti dall’ipertensione, nota anche come il “killer silenzioso”? Ne parliamo con i realizzatori di “AmicoMED”, un innovativo servizio basato sulla telemedicina

Donna che si misura la pressioneIl “killer silenzioso”: così viene anche definita l’ipertensione, problema che si presenta spesso senza una precisa sintomatologia, ma che oggi, secondo stime accreditate, colpisce oltre 15 milioni di italiani, circa metà dei quali ignari appunto di soffrirne. Anche per queste ragioni, si tratta di una delle principali cause “a monte” dei tanti decessi per ictus e infarto.
Ma è possibile oggi, grazie agli avanzamenti delle moderne tecnologie, intervenire meglio per monitorare e dunque prevenire tutti i problemi derivanti dall’ipertensione? Ne abbiamo parlato con Alessio Ascari e Giangiacomo Rocco di Torrepadula, cofondatori entrambi della Società QuasarMed, nella quale il primo è coordinatore esecutivo, il secondo amministratore delegato.
Nello specifico, QuasarMed è nata per consentire alle persone un controllo autonomo, sicuro e agevole della propria salute attraverso l’impiego di nuove soluzioni di monitoraggio dei dati biometrici, cercando di diventare un punto di riferimento nel mondo per i servizi di telemedicina, anche in collaborazione con importanti partner internazionali.

Innanzitutto sarebbe importante fare avere ai Lettori qualche dato preciso sul “fenomeno ipertensione” nel nostro Paese.
«Sono più di 15 milioni gli italiani che soffrono di ipertensione, come recitano i dati prodotti dalla SIIA (Società Italiana Ipertensione Arteriosa). Di tutte queste persone quasi la metà non ne è consapevole, mentre tra coloro che sanno di soffrirne, solo il 25% tiene la propria pressione sotto controllo. È quindi pari al 75% la percentuale di italiani ipertesi che non si cura né si controlla (dati Istat 2010/IMS).
Spesso sottovalutata, l’ipertensione viene per altro definita il “killer silenzioso”, dal momento che raramente dà sintomi facilmente percepibili e identificabili, ma resta una delle principali cause “a monte” di gravi problemi cardiovascolari quali l’ictus e l’infarto».

Come è nata, da parte vostra, l’idea di creare un servizio di telemedicina per i pazienti non acuti?
«Ci siamo accorti, studiando il mercato mondiale, che non esistevano progetti di telemedicina per pazienti in fase non acuta, né tanto meno dedicati alla prevenzione, al di là di alcuni studi di ricerca (anche in Italia) e di alcuni primi sviluppi negli Stati Uniti, in particolare nell’àmbito del diabete. Ad oggi, infatti, i progetti di telemedicina rientrano in due categorie: teleconsulto e telemonitoraggio. Nel primo caso si tratta di un servizio di primo contatto e filtro nei confronti dei pazienti, per garantire l’accesso a una cura professionale, laddove vi sia scarsità di strutture sanitarie, e questo tipicamente nei Paesi emergenti o in aree remote di Stati come il Canada o la Norvegia. Nel secondo caso, invece, serve da supporto alle strutture ospedaliere per situazioni complicate o post-acute, che richiedono sistemi molto sofisticati e costosi, di difficile utilizzo senza una continua presenza professionale.
QuasarMed è quindi tra le prime aziende al mondo a cercare di colmare questo “gap”, grazie ad AmicoMED, un servizio clinico professionale erogato da una Centrale Medica in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro, in grado di supportare al meglio clienti, famiglie, medici e farmacie, nel prevenire e gestire patologie croniche in fase non acuta, come appunto l’ipertensione.
Con AmicoMED il cliente/paziente ha inoltre a disposizione per la prima volta al mondo un’interpretazione dell’andamento della pressione nel tempo: ogni volta, infatti, che l’utilizzatore inserisce una misura, vi è un algoritmo unico al mondo che analizza quella misura e la confronta anche con tutte le misurazioni precedenti, fornendo deduzioni cliniche che aiutano a individuare specifici trend nell’evoluzione della pressione e quindi a meglio prevenire e curare l’ipertensione».

Ma si tratta di un dispositivo di facile utilizzo anche da parte dell’utente?
«Pascal, questo il nome dell’algoritmo, in onore del fisico cui si deve l’unità di misura della pressione, è, come detto, il primo al mondo nel suo genere, in grado di interpretare ogni singola misurazione della pressione in funzione della storia pressoria del paziente, e nel contesto di tutte le misurazioni già effettuate. Per far questo Pascal si fa letteralmente “in 20”, ovvero il numero delle risposte che fornisce per ogni singola misura. Per compiere le sue analisi, infatti, esso scompone la pressione in tutte le sue componenti e distingue ciascuna di esse in relazione agli orari delle rilevazioni e ad ulteriori parametri. Ovviamente il cliente/paziente non vede tutti questi passaggi, ma riceve dei responsi complessivi e facilmente comprensibili, comunque con un dettaglio per la pressione sistolica (la “massima”) e diastolica (la “minima”). Al contrario, tutti questi dettagli vengono resi disponibili ai cardiologi della Centrale Medica, che nell’analizzare in dettaglio la situazione possono avvalersi della potenza di analisi fornita da Pascal, arrivando così a referti ancora più dettagliati e approfonditi.
L’algoritmo ha ottenuto la validazione della SIIA e il 3 dicembre dello scorso anno è stato marcato CE come “dispositivo medico di Classe IIa”, la medesima cui appartengono, ad esempio, i misuratori di pressione. A testimonianza infine della validità e dell’innovatività del progetto, è già stata depositata domanda di brevetto per la metodologia su cui l’algoritmo si fonda».

Giangiacomo Rocco di Torrepadula

Giangiacomo Rocco di Torrepadula, amministratore delegato della Società QuasarMed, realizzatrice del Progetto “AmicoMED”

Più in generale, quale può dirsi, oggi, l’obiettivo della telemedicina?
«Innumerevoli studi scientifici ed economici hanno provato che la telemedicina è in grado di migliorare l’efficacia e l’appropriatezza delle cure, contenendo al tempo stesso i costi delle stesse. Nei Paesi sviluppati, infatti, la spesa sanitaria è cresciuta negli ultimi cinquant’anni di quasi due punti percentuali all’anno più velocemente del Prodotto Interno Lordo (PIL), raggiungendo oggi valori tra l’8 e il 10% del PIL stesso in Paesi come l’Italia (e molto superiori per altri Paesi, come ad esempio Stati Uniti). È chiaro che questo trend risulta insostenibile nel lungo periodo e numerosi studi hanno appunto provato che la telemedicina può contribuire a stabilizzare – se non addirittura ad invertire – questa tendenza, consentendo così di aumentare il numero di persone seguite (e magari curate), con un significativo beneficio per il sistema sanitario oltre che per lo stile di vita e il benessere delle persone stesse.
Si può dire quindi che l’obiettivo della telemedicina sia quello di aiutare le persone, rendendo più facile ed economica la fruizione della tecnologia e dell’assistenza medica. In tal senso, la nostra società sta lavorando su nuovi fronti, seguendo sempre la medesima logica: un servizio facile ed economico con una user experience [“esperienza d’uso”, N.d.R.] che non sia “da malato”.
In questi primi mesi di attività abbiamo già salvato una persona e aiutato una seconda che correva un forte rischio: ciò che sorprende è che in entrambi i casi si trattava di persone giovani (sotto i 50 anni) che non immaginavano neppure di avere un problema ipertensivo. Questa da sola è una bellissima ricompensa per tutti i nostri sforzi. Speriamo quindi che la telemedicina possa diventare così “facile” da poter dare un contributo non solo alla cura, ma specialmente alla prevenzione, con un’evidente ricaduta positiva anche sul sociale».

Si è parlato recentemente di un GPS salvavita installato su un orologio da polso e ideato da una persona settantenne con cardiopatia, strumento progettato per essere azionato in situazioni di emergenza e per chiamare un’ambulanza, fornendo le coordinate geografiche del paziente colpito da un attacco di cuore e pertanto impossibilitato a chiedere aiuto. Anche noi ci siamo soffermati su tale tecnologia, occupandoci ad esempio del Progetto ADAMO, avviato in collaborazione con l’Istituto Mario Boella di Torino. Offrire maggiori servizi attraverso la telemedicina potrebbe dunque costituire realmente il nostro futuro “salvavita”, ma di fronte a tecnologie in continua evoluzione, sembra che nella Sanità del nostro Paese perdurino grandi difficoltà a investire in soluzioni digitali e tecnologiche (E-Health e Virtual Health). Da “addetti ai lavori”, come pensate che si potrebbe e dovrebbe agevolare l’innovazione?
«Tutti vogliamo che la telemedicina esploda finalmente in tutta la sua potenzialità, ma dobbiamo capire che si tratta di una cosa molto nuova, non chiara al grande pubblico, e spesso nemmeno agli stessi operatori sanitari (che correttamente, per altro, sono prudenti nell’adottare innovazioni). Come tutte le novità, essa ha bisogno di essere comunicata, spiegata e accettata dall’opinione pubblica. Facendo un esempio banale: oggi tutti usano abitualmente e nessuno negherebbe il valore dei personal computer, ma si pensi a quanto tempo ci è voluto per ottenerne una diffusione capillare.
La situazione di crisi attuale complica ulteriormente le cose, così come il progressivo affollamento cui stiamo assistendo di servizi e applicazioni mobili (App), che si dichiarano medicali, senza in realtà avere alcuna particolare valenza clinica o algoritmo clinico/servizio medico alle spalle, minando in tal modo la credibilità del sistema (non a caso le autorità regolatorie stanno intervenendo, sia a livello di Linee Guida, sia ragionando su percorsi autorizzativi anche per tali tipi di App).
Questo però non ci deve scoraggiare. La nostra esperienza, infatti, è un esempio che quando l’innovazione esiste ed è concreta, viene premiata pur in un quadro così difficile. La nostra Società, infatti, è stata interamente finanziata con capitali privati, da persone che hanno creduto all’idea e che stanno seguendo l’azienda nella sua evoluzione. I clienti hanno iniziato a provare il servizio, spesso in modo ripetuto, e stanno incominciando a scoprire le potenzialità che lo stesso può offrire per la loro salute in modo così comodo. Riteniamo quindi che sia questa l’unica strada possibile per la diffusione: dimostrare soluzioni credibili e scientificamente/clinicamente valide, rendendole alla portata di tutti, per consentire appunto a tutti di “toccarne con mano” i benefìci. L’aumento dell’adozione di questi sistemi farà poi crescere anche l’esperienza, con evidente beneficio per la stessa offerta di servizi, che potranno in tal modo ulteriormente innovarsi e arricchirsi sempre di più.
Noi che viviamo da dentro questo mondo siamo molto ottimisti perché i primi segnali li stiamo vedendo proprio su di noi».

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo