Leggere con le dita, i ciechi lo fanno da quasi due secoli. Riconoscere infatti al tatto degli oggetti maneggiabili è una cosa che le persone non vedenti fanno abitualmente, cosicché rendere accessibili al tatto opere di scultura e architettura, creandone dei modellini, è l’unico modo per far conoscere a chi non vede queste forme d’arte.
È assurdo invece pretendere di far “vedere” ai ciechi i capolavori dell’arte pittorica: è quasi come voler spiegare a un analfabeta la fisica quantistica parlando in cinese!
In tal senso, si muovono nel solco delle soluzioni positive e auspicabili i componenti dell’UNIVOC di Reggio Emilia – l’Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi, struttura di volontariato che affianca l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) – che in questi giorni hanno fatto appello a chi sa costruire modellini di realizzarne alcuni dei principali monumenti della Provincia. Infatti, questo è l’unico sistema utile per far conoscere a chi non vede una cupola rinascimentale, la forma di una grande statua, i bastioni di un castello o il Duomo della propria città.
Ecco, finalmente, un’iniziativa valida e molto interessante. I promotori, cui va il nostro plauso e il nostro pieno appoggio, hanno capito che riprodurre in tre dimensioni, ma a scala ridotta, ciò che è già in tre dimensioni è una mossa vincente per fare un servizio utile a chi non vede.
Al contrario,trasformare in tre dimensioni un’opera d’arte nata a due dimensioni, per far sì che essa sia guardata e non toccata, significa compiere una mistificazione, uno sfregio alla creazione artistica, una truffa, non soltanto in senso economico, per il denaro che si estorce a chi crede di fare un’opera buona, ma proprio verso i destinatari di queste mostruose riproduzioni. Infatti, mentre chi – prima di diventare cieco – ha potuto ammirare delle opere pittoriche, si accorgerà subito di quanto inutili e talora stomachevoli siano quei goffi tentativi, chi invece non ha mai goduto del senso della vista verrà facilmente ingannato, facendogli credere che quei tratti deformati che sente sotto le dita gli facciano veramente superare la disabilità e comprendere la bellezza dell’arte pittorica.
La terza truffa, infine, è quella nei confronti dell’opinione pubblica che si commuove e plaude quando sente un cieco dire «mi sono emozionato nel riconoscere sotto le dita il sorriso affettuoso e triste della Madonna». Potere dell’autosuggestione o, meglio ancora, della suggestione indotta, mettendo in bocca a quella persona delle parole di cui un cieco nato non conosce neppure il significato visivo e dalle quali non è in grado di trarre una immagine mentale.
E qual è il tocco finale che completa l’inganno nei confronti del “pubblico pagante”? È quello di colorare il rilievo ottenuto con la stampante a 3D, riproducendo i colori originali del dipinto e anche le ombreggiature, in modo che chi guarda l’opera la trovi riconoscibile rispetto all’originale. Infatti, se la lasciassero così come viene fuori dalla fresa digitale, tutta del colore della resina di cui è fatta, la gente si renderebbe subito conto dell’abisso che la separa dalla creazione artistica, pur senza essere capace di comprendere l’ulteriore scadimento di qualità dell’oggetto, provocato nel cieco dal carattere analitico del senso del tatto, che lo costringe a conoscere soltanto un centimetro alla volta, impedendogli la visione d’insieme.