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Chi di sociale ferisce di sociale perisce?

Persona paraplegica con esoscheletro

Un uomo paraplegico che usa un esoscheletro, così come il giovane che darà il calcio d’inizio, il 12 giugno, ai Campionati Mondiali di Calcio in Brasile

Tutti ormai stanno facendo il conto alla rovescia: il 12 giugno, in Brasile, incominceranno i Mondiali di Calcio. Non tutti, ma molti, sapranno anche delle grandi proteste in quel Paese contro i fondi ingenti spesi per la manifestazione, che si sarebbero potuti usare, almeno in parte, per interventi sociali a fronte delle grandi sacche di indigenza e arretratezza che caratterizzano ancora uno Stato che vive una stagione di forte progresso economico, con tutte le luci e le ombre che questo comporta.
Forse è per questo, per recuperare un’immagine mediatica sociale, che i Mondiali saranno aperti, con il calcio d’inizio nella partita inaugurale (Brasile-Croazia a San Paolo), da una persona paraplegica con un esoscheletro che gli permette di “camminare”.

Due sono le possibili considerazioni. La prima è relativa all’eventuale uso strumentale della disabilità dentro una sorta di “guerra”, non a caso, tra poveri, dove il miraggio del camminare, grazie al portento delle tecnologie, sembra proprio utilizzato per fini politico/mediatici.
La seconda considerazione è relativa alla promozione straordinaria che questo tipo di tecnologia, attualmente costosissima (si stima, per alcuni modelli, attorno ai 50.000 euro), avrà a fronte di una sua reale utilità e sensatezza tutta ancora da dimostrare.
Di esoscheletri e di modalità per far camminare chi è rimasto paralizzato, se ne parla infatti periodicamente sulla stampa da decenni, recentemente anche sul supplemento «Nova» del «Sole 24 Ore» o in occasione dell’“invenzione” di una mamma inglese per “far camminare” con sé il proprio bambino con paralisi cerebrale infantile.

Il cammino è la grande “promessa” di ogni intervento riabilitativo; ma deve fare i conti con le reali possibilità cliniche e con una severa analisi dei costi e benefìci, visto che, a volte, il peso di queste strutture può arrivare anche a 30 chili, oltre alle necessità correlate alla loro gestione (metterle e toglierle) e alla velocità di movimento infinitamente più lenta di quella realizzabile utilizzando una carrozzina a spinta manuale. Il tutto considerando ovviamente la realtà specifica di quella persona disabile, le sue condizioni di salute, l’età, il suo assetto emotivo, l’ambiente architettonico e relazionale che lo circonda.

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