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Bene l’UNAR, ma non basta a dare lavoro

Particolare di volto di uomo anziano, con espressione pensierosa e mani sulla bocca

«Si ritiene che l’attività lavorativa “allo sportello, ovvero a contatto con il pubblico ” potrebbe essere svolta anche dalle persone cieche, sorde o mute. Infatti, ogni disabilità ha delle caratteristiche proprie che variano da persona a persona; inoltre, la disponibilità di ausili e nuovi strumenti tecnologici permettono la piena espressione personale e professionale della persona con disabilità [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
È quanto testualmente affermato dall’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, riferendosi alla lettera-esposto presentata da numerose Associazioni della Sardegna contro un bando indetto nel settembre scorso dal Comune di San Teodoro (Provincia di Olbia-Tempio), per l’assunzione di una persona con disabilità, sulla base della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) [di tale questione si legga già ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.].
Quel contestato bando aveva in sostanza escluso i cittadini con disabilità visiva, uditiva o intellettiva, restringendo la partecipazione alla sola disabilità fisica, in palese contraddizione con le mansioni previste.

La comunicazione dell’UNAR, inviata al Comune di San Teodoro, affronta il caso nei suoi diversi aspetti, alla luce della legislazione europea e italiana, sottolineando l’esigenza di conoscere – essendo la Legge riferita a tutte le persone con disabilità – se l’Amministrazione Comunale abbia acquisito, coerentemente e preventivamente all’emanazione del bando stesso, un parere tecnico circa l’inidoneità di ciechi, sordi e muti per il lavoro messo a concorso.
In tal senso, l’UNAR solleva diverse perplessità sul fatto che il Comune sardo non abbia fornito chiarimenti in merito e che abbia assunto la decisione in modo del tutto discrezionale, senza per altro avvalersi delle Commissioni del Servizio Sanitario Regionale e della specifica Commissione per i servizi di avvio al lavoro.
Pertanto, conclusivamente, l’organismo della Presidenza del Consiglio auspica «che codesto Comune, per l’indizione di prossimi avvisi e bandi in favore delle categorie di cui alla Legge 68/99, possa avviare preventivamente un confronto con gli uffici pubblici competenti in materia e le associazioni di categoria al fine di avere a disposizione un quadro chiaro sulla materia e quindi evitare contestazioni e eventuali contenziosi». Auspicio – aggiungiamo subito – che deve intendersi in modo esteso a tutti i Comuni italiani e a tutte le Istituzioni pubbliche che debbano procedere all’assunzione di persone con disabilità mediante concorso.
Non sfugge per altro il fatto che la Deliberazione del Comune di San Teodoro può essere annullata solo mediante ricorso al TAR della Sardegna (Tribunale Amministrativo Regionale), ciò che non è del resto praticabile, perché legato alla scadenza dei sessanta giorni. E tuttavia, si impongono certamente alcune considerazioni.

Al di là delle scadenze, infatti, quando la Pubblica Amministrazione crea un danno evidente, non è soggetta a nessuna sanzione economica! E se si considera che nessuna Istituzione sarda rispetta le disposizioni della Legge sul diritto al lavoro per le persone con disabilità, chi e quando interviene per sanzionare l’organizzazione statale che non rispetta la norma da essa stessa approvata? Perché il mancato rispetto della Legge 68/99 prevede tempi, procedure e sanzioni [pur discutibili, N.d.R.] per i datori di lavoro privati, ma non per la Pubblica Amministrazione?
Tutti interrogativi che, al di là della facile rivendicazione, nascono dal fatto che in Sardegna le Istituzioni locali, quelle Regionali e il Servizio Sanitario non procedono alla copertura di quasi quattrocento posti vacanti riservati ai giovani con disabilità disoccupati.
Ecco perché per l’attuazione della Legge 68/99 si impone l’esigenza di prevedere l’attivazione di un’organismo “terzo autonomo”, che sia preposto all’applicazione e al rispetto delle disposizioni legislative sul lavoro.

Ma il caso di San Teodoro impone un’ulteriore riflessione. L’applicazione discrezionale della Legge 68/99, infatti, si caratterizza per la discriminazione e non solo per l’occasione negata al lavoro. Chi risponde e in quali termini deve rispondere, quando l’Amministratore Pubblico, ignorando le opportunità esistenti, esclude illegittimamente delle persone, negandone la dignità, prima ancora che lo stesso diritto al lavoro?
Riflettere su tutto ciò significa affrontare compiutamente il superamento in positivo di ferite dolorose e laceranti per ogni persona umana, anche per evitare – fatto frequente – che si scivoli nel “moralismo” o si affidino al dimenticatoio del tempo episodi come questi, parlandone in termini di “spiacevoli incidenti di percorso”, magari da rinverdire alla prossima discriminazione o discrezionalità.
Insomma, la comunicazione dell’UNAR ci rafforza nelle nostre convinzioni per andare avanti con impegno, ma la sola reprimenda non basta, per fare rispettare la legge e dare lavoro ai giovani disoccupati con disabilità.

Ringraziamo Cesarina Pibiri del Comitato Nazionale Genitori Familiari Disabili Uditivi e della FIADDA Sardegna (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti delle Persone Audiolese), per l’invio alla nostra redazione della comunicazione spedita dall’UNAR al Comune di San Teodoro.

Presidente della FISH Sardegna (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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