Fondamentali, gli scambi generazionali!

Ben lo dimostra un’iniziativa come il “Progetto Dina Scalise”, che sta per partire in Friuli Venezia Giulia, basato sullo scambio e la condivisione di momenti di vita quotidiana fra giovani e anziani (con patologie neurologiche e non) nell’àmbito della scuola. «I giovani – spiega la responsabile – potranno sviluppare una rinnovata empatia verso gli anziani che, stimolati e coinvolti, potranno mantenere e progettare il loro benessere fisico, psichico, cognitivo ed emozionale»

Doppia immagine di una clessidra tra le mani di un giovane e di un anzianoLa partecipazione al convegno Aspetti medici e legali nella gestione dell’anziano “fragile”. Il futuro possibile per il paziente affetto da demenza, organizzato qualche tempo fa a Pagnacco (Udine), con la partecipazione di medici e operatori sociali intervenuti ad affrontare la patologia attraverso la gestione medica, assistenziale e legale del paziente, analizzando gli aspetti neurologici, psichiatrici, geriatrici e neuropsicologici, tramite un confronto diretto tra i vari esperti, ci ha posto di fronte a un’ampia riflessione sui temi riguardanti appunto il “futuro possibile” per le persone anziane.
La parola anziano ci spaventa. Spesso sinonimo di malattia, il “problema dell’invecchiamento” ci porta a guardare al futuro con molta preoccupazione. E i dati non sono certo confortanti: le patologie neurodegenerative, infatti, aumentano con l’età e il progressivo invecchiamento della popolazione sta portando a una crescita vertiginosa di persone colpite da demenza. Basti pensare alla presenza di ben 12.000 persone malate di Alzheimer in Friuli Venezia Giulia, la seconda Regione più longeva d’Italia.
Proprio da questa realtà, dunque, è partita a Pagnacco un’ampia riflessione per un modello efficace di prevenzione, cura e assistenza agli anziani, considerato che le aree maggiormente in difficoltà sono quelle montane e perciò l’impegno per integrare l’attività assistenziale con quella diagnostica e terapeutica risulta maggiormente arduo, senza contare l’aspetto negativo che solitamente si vuol dare alla demenza, considerandola solo come un elemento biologico e non vitale.
Durante il convegno abbiamo potuto ascoltare qualificati specialisti di fama nazionale, rappresentanti delle Istituzioni e del mondo accademico, che hanno dapprima proposto un inquadramento clinico, per poi procedere attraverso le nuove prospettive diagnostiche-terapeutiche.
In particolare, ci ha fatto riflettere molto uno dei passaggi dell’intervento del noto neuropsicofarmacologo Marco Trabucchi: che cos’è l’identità personale? Fino a quando si conserva? Come possiamo mantenere “allenata la mente” nel rispetto della dignità e della libertà?

Uno dei percorsi di prevenzione dei processi dell’invecchiamento che ci ha maggiormente stupito e che senz’altro potrà portare un grosso aiuto sia per un nuovo approccio verso l’anziano, sia per un miglioramento della qualità di vita dell’anziano stesso, è il Progetto Dina Scalise, “con/per la scuola”.
Ne abbiamo parlato con la responsabile Anna Scalise della Clinica Neurologica e di Neuroriabilitazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine (Centro Interdipartimentale di Ricerca sul Welfare-CIWE dell’Università di Udine), che è stata anche responsabile scientifico del convegno di Pagnacco.

In che cosa consiste e come è nato il Progetto Dina Scalise?
«Il Progetto Dina Scalise si basa su uno scambio/condivisione di momenti di vita quotidiana fra le due diverse generazioni, i giovani e gli anziani, nel laboratorio del futuro della nostra società: la scuola. Stare insieme in maniera attiva, occupati in attività congiunte, modifica infatti la relazione intergenerazionale, educando entrambi gli interlocutori alla condivisione della vita. I giovani svilupperanno una rinnovata empatia verso gli anziani che, stimolati e coinvolti, manterranno e progetteranno il loro benessere fisico, psichico, cognitivo ed emozionale».

Ci può spiegare approfonditamente il concetto di “vivere l’anziano”. rispetto all’educazione familiare e scolastica?
«Gli anziani che verranno coinvolti nel periodo scolastico saranno di età superiore ai 65 anni, con un’anamnesi che non presenti patologie psichiatriche o mediche invalidanti e un Mini-Mental State Examination [test per la valutazione dei disturbi dell’efficienza intellettiva e della presenza di deterioramento cognitivo, N.d.R.] basale superiore o uguale a 25/30. I bambini-ragazzi, invece, saranno studenti frequentanti le scuole dell’infanzia e quelle primarie di primo grado degli istituti che aderiranno volontariamente al progetto, supportati da un team multidisciplinare, composto da un medico-neurologo, uno psicologo-neurologo, un assistente sociale, un farmacista e un avvocato di diritto sanitario-diritto civile.
Le attività svolte, di scrittura, lettura, ludiche e multimediali, saranno orientate alla stimolazione dei diversi domìni cognitivi (memoria, attenzione). Il presupposto scientifico su cui si basa il progetto è appunto l’ipotesi che il contatto continuativo e attivo con i bambini-ragazzi possa rappresentare per gli anziani una sorta di “allenamento-riabilitazione cognitiva semplice”, piacevole e inconsapevole, che dovrebbe prevenire o quanto meno rallentare la patologia dementigena. Tecnicamente dovrebbe rappresentare un metodo di stimolazione cognitiva multimodale non strutturato e spontaneo, oltreché di miglioramento del benessere emotivo, praticato da ragazzi frequentanti le scuole del Friuli Venezia Giulia, che aderiranno al progetto con la supervisione degli insegnanti.
Viceversa, la presenza costante degli anziani nella loro vita scolastica potrà rappresentare per i bambini-ragazzi un metodo educativo per imparare a vivere insieme agli anziani stessi, apprezzandone gli insegnamenti, i saperi e la complicità, come fonte viva e inesauribile di esperienza ed emozioni, mediandone l’inserimento responsabile nella vita».

Avete pensato anche a un percorso con gli studenti delle scuole superiori?
«Certamente. Qui ad essere coinvolti saranno adulti di età superiore ai 65 anni, che frequentano regolarmente un Centro Diurno per Anziani e che potranno avere già una diagnosi di deterioramento cognitivo, senza disturbi comportamentali tali da compromettere la partecipazione al progetto. I ragazzi, invece, saranno studenti frequentanti le scuole superiori che si recheranno presso i Centri Diurni, sempre supportati dal personale medico costituito.
In questo caso il presupposto scientifico si basa sull’ipotesi che il contatto con i ragazzi possa rappresentare una sorta di “riabilitazione cognitiva”. Al contempo gli studenti impareranno ad approcciarsi gradualmente anche ad anziani con un disturbo patologico cognitivo. La consapevolezza di che cosa sia la malattia, la possibilità di imparare a conoscerla e ad affrontarla potrà insegnar loro a rinnegare gli stereotipi dell’ignoranza, che portano ad allontanare ciò che non si conosce e quindi si teme. Ne consegue che in famiglia gli anziani, anche quando affetti da deflessione delle funzioni cognitive, non saranno più “messi da parte”, ma naturalmente avvicinati dai giovani. L’obiettivo finale sarà la valutazione dell’efficacia di un tale tipo di stimolazione, sia per quanto riguarda la prevenzione dello sviluppo di demenza, sia il miglioramento della qualità di vita.
Esiste del resto una responsabilità verso gli anziani, che vanno aiutati a cogliere il senso della loro età, e anche una pari responsabilità verso i giovani, che vanno educati sin dall’infamnzia a “vivere l’anziano” in tutti i suoi aspetti».

Dopo queste parole, quindi, possiamo certamente affermare che il Progetto Dina Scalisein partenza proprio nei prossimi giorni – sia stato pensato “guardando al futuro”. E si tratta di un tema che tocca indistintamente tutti, perché tutti invecchiamo e tutti dovremmo guardare al futuro con la consapevolezza che il miglioramento della qualità della vita dipende da noi e da un ambiente adeguato, che favorisca la gestione, ma soprattutto la prevenzione delle malattie, contribuendo a un pensiero maggiormente positivo verso la terza età. In altre parole, non dobbiamo avere paura di invecchiare, ma solo pensare a come vogliamo invecchiare.
In occasione della Giornata Mondiale degli Anziani del 28 settembre scorso, Papa Francesco ha affermato che «un popolo che non custodisce i “nonni” è un popolo che non ha futuro». Concludiamo perciò con l’auspicio che si possa lavorare… pensando a un futuro, di serenità, salute, dignità e pienezza.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti sul Progetto Dina Scalise: progettodinascalise@gmail.com.

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