A volte basta la parola

Strana la sensazione vissuta durante una vacanza alle Canarie, sorta di “equilibrio disarmonico”, quello cioè di vivere da un lato una situazione di relativa accessibilità, ma dall’altro di sentirsi sempre “marchiati come diversi” da un termine come “minusvalidos”. «Ma forse – scrive Simone Fanti – è solo questione di tempo e anche la cultura della diversità si farà strada»

Tino Scotti, "basta la parola!"

Tra il 1959 e il 1972 l’attore Tino Scotti pronunciò il celebre slogan “Basta la parola!”, nei caroselli televisivi dedicati a un noto lassativo

Basta la parola… per turbare una bella esperienza. A pesarmi è stata cioè la definizione di minusvalidos, lemma con cui gli spagnoli indicano le persone con disabilità. Mi sarebbe piaciuto a un certo punto fermarmi e chiedere: «Ma meno valido rispetto a chi?»…
Viviamo in un’epoca in cui tutto è comunicazione. Si pensi solo al turbinio di notizie capaci in pochi secondi di far volare o deprimere le Borse di tutto il mondo, alla rivoluzione del nostro modo di agire pre e post invenzione degli sms, o ancora alla funzione di altoparlante dei social network che hanno dato voce ai pensieri di milioni di persone. Tutto è parola. Voci molteplici che diventano frastuono se si perde il concetto di fondo: le parole servono a definire le cose che ci circondano e sono lo specchio della cultura di una popolazione.

Basta la parola, recitava anche un famoso slogan. E la parola in questo caso è minusvalidos. Un termine che ben definisce la sensazione che ho provato, quella cioè di essere sempre considerato dalle persone come “un po’ meno degli altri”.
Strano, infatti, se traccio un bilancio della vacanza appena conclusa a Lanzarote (Canarie), mai mi sono sentito in difficoltà: ho trovato pochi luoghi inaccessibili, almeno per la mia disabilità. Sono arrivato e ho potuto noleggiare una vettura con comandi al volante. Provate a cercarne una tra le società di noleggio italiane! Persino i pullman (una parte ovviamente) delle escursioni erano pensati e attrezzati con una pedana per sollevare le carrozzine, cosicché mi sono potuto godere il tragitto lunare che s’inerpica lungo le pendici del Vulcano Timanfaya. Uno spettacolo veramente unico che consiglio. Forse le spiagge non erano adeguatamente organizzate, ma non potrei giurarci, visto che al bagnasciuga preferisco la piscina con cocktail e un buon libro.
Eppure è rimasta persistente la sensazione di essere visto come un “diverso”, di non essere mai stato completamente considerato una persona paritaria. Sensazioni, senza dubbio, perché a parte qualche imbecille che ha parcheggiato sul posto riservato ai disabili, non c’è stato nulla di tanto fastidioso. Ma, si sa, gli uomini vivono anche di sensazioni.
Mentre scrivo penso a quale possa essere la parola che riassume l’intera esperienza e mi viene in mente l’ossimoro, quella figura retorica, cioè, che permette di accostare due termini fortemente in contrasto tra loro: equilibrio disarmonico. Da un lato l’accessibilità e quindi il tentativo di rendere accogliente l’ambiente agli ospiti con disabilità, dall’altro la sensazione ben rappresentata dal termine minusvalidos e la non completa accettazione della persona con disabilità.
Ma forse è solo questione di tempo, le autorità spagnole hanno dato la possibilità di visitare queste isole, poi la cultura della diversità si farà strada.

Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, è stato pubblicato da “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Peccato per quel minusvalidos”.Viene qui ripreso per gentile concessione dell’Autore e del blog.

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