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La cultura dell’handicap dev’essere superata

Giorgia Meloni

Un’immagine di Giorgia Meloni, presidente del partito Fratelli d’Italia. «Non può – scrive Antonio Giuseppe Malafarina – Giorgia Meloni o chicchessia riprendere una collega perché parla di handicap e lei stessa parlare di “portatori di handicap”»

Che confusione istituzionale! Emma Bonino si sente esclusa dalla corsa per il Colle più prestigioso per via del tumore che l’ha colpita e dichiara: «Il Quirinale? Non sono handicappata, per far politica non bisogna per forza essere giovani e forti». Affermazione di primo acchito irriguardosa nei confronti delle persone con disabilità e allusiva a una visione antiquata della disabilità stessa: la cultura dell’handicap è superata da tempo, almeno formalmente, e intendere che l’handicap, la disabilità, rappresentino un drastico impedimento a diventare primo cittadino d’Italia non è gentile né veritiero.
Se ne accorge Giorgia Meloni che pungola: «Cara Emma, è vero che hai tutte le carte in regola per continuare a fare politica anche in questo momento difficile. Ma è bene che tu sappia che come la malattia non può fermare te, un handicap, anche grave, non ferma la passione di chi ha voglia di fare politica e dedicarsi al proprio popolo e i tanti portatori di handicap che ogni giorno fanno cose straordinarie nel disinteresse generale». La toppa rischia d’essere peggiore del buco

Vale la pena continuare a ricostruire i fatti, osservando con scrupolo le affermazioni delle parti. La Meloni prosegue proponendo come presidente della Repubblica Antonio Guidi, ministro per la Famiglia e Solidarietà Sociale nel primo Governo Berlusconi, e concludendo che quella della Bonino è stata un’uscita infelice. Guidi, collega di partito della Meloni e con tetraparesi spastica, precisa che: «Le sue dichiarazione [della Bonino] sull’handicap rappresentano un grave errore».
Chiude la questione l’Associazione Coscioni, espressione del partito Radicale vicina ai temi della disabilità, con un comunicato in cui si addebita alla Meloni di avere frainteso, in quanto «Emma Bonino milita nel partito che è stato di Luca Coscioni e che agisce concretamente per fornire alle persone anche gravemente disabili tutti gli strumenti per la libertà di espressione, e quindi anche per fare politica».
Il comunicato sostiene la buona fede dell’ex ministro degli Esteri, ricordando che ella stessa aveva evocato un presidente disabile, come fu Churchill, e chiarisce «di non considerare né la malattia né la disabilità come un “handicap”, cioè come uno “svantaggio”», ovvero che «la persona malata e disabile non è “handicappata” per la politica, cioè non è svantaggiata».

Ebbene, mi sembrea che i politici, quando vogliono, sappiano fare bene oscura chiarezza sulle loro dichiarazioni!
Primo, che c’entra Churchill? Era dislessico e soffriva di depressione. La storia è ricca di uomini di potere con disabilità che hanno fatto bene il loro mestiere, da Giulio Cesare a Franklin Delano Roosevelt.
Io però sarei cauto a dire che tutte le persone disabili potrebbero facilmente essere buoni capi di Stato, perché il ruolo impone di mantenere ritmi e di superare ostacoli che la persona può non essere in grado d’affrontare o che la società non è ancora capace di mettere in condizione di superare. Ragion per cui è vero che è sbagliato, anzi è sbagliatissimo, considerare la disabilità un netto ostacolo alla partecipazione alla vita politica, questo è uno stigma da abbattere. Però bisogna considerare che una persona con grave disabilità al Colle richiede il ripensamento del ruolo. Via ogni tipo di barriera, e sarebbe ora. E sarebbe la volta buona per arrivare a una vera inclusione.

Tornando all’attualità della querelle politica non mi è chiaro cosa intendesse, a questo punto, la Bonino definendosi «non handicappata». Il comunicato dell’Associazione Coscioni ci dice che la pensa giusta sulla disabilità, però non ci illumina sul perché dell’uso della parola “handicappato”. Forse voleva dire che certe condizioni rappresentano un ostacolo che non ha niente a che vedere con la disabilità, bensì con l’etimologia della parola handicap, che ha origini radicate in campo sportivo e indica la presenza di un ostacolo nella competizione.
Se così fosse, la frase della Bonino sarebbe da leggere in questo modo: «Non sono ostacolata (dal tumore), per far politica non bisogna per forza essere giovani e forti». Così la frase non avrebbe nulla da eccepire e sottintenderebbe semplicemente che la malattia non va considerata come un ostacolo. Io penso che la Bonino – per come conosco l’impegno dei Radicali nel campo della disabilità, pur non condividendone alcune posizioni – intendesse questo. Azzardo: l’ex ministro Guidi parla di «grave errore a proposito di handicap», e ha ragione, ma non dice che la Bonino parli male delle persone con disabilità; come dire (lui che conosce bene la disabilità), che non è detto che la Bonino avesse intento offensivo, mentre è chiaro che abbia usato incautamente un termine.

La terminologia è importante. Mostra che dietro c’è un certo tipo di cultura. La cultura dell’handicap deve essere superata. Non può Giorgia Meloni o chicchessia riprendere una collega perché parla di handicap e lei stessa parlare di «portatori di handicap». Questi politici dovrebbero svecchiarsi di più. Siamo nell’era dove la disabilità non sta più nella persona, ma anche – anzi, più che altro – nell’ambiente. Se finalmente abbracciamo questa mentalità, poi possiamo parlare liberamente di handicap, “sportivamente” parlando. Allora l’handicap torna ad essere quello che è: un termine tecnico, un ostacolo, una penalizzazione. Allora potremo usarlo disinvoltamente. Farlo adesso è scivolare sugli sci fra i paletti di uno slalom a tutta birra. Si rischia di farsi male. Invece che di salire al Colle, di capitombolare rovinosamente a valle.

Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Bonino, Meloni: uno slalom per niente speciale”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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