Ho un grande “difetto”, sono una giornalista specializzata in comunicazione. Questo influenza ciò che penso e, di conseguenza, ciò che faccio. Mi capita anche quando lavoro per la ONLUS Diritti Diretti che progetta, insegna e comunica il turismo accessibile dal 2008.
Fin dal giorno in cui Diritti Diretti è nata, infatti, ho notato l’esistenza di un forte contrasto tra ciò che la maggior parte degli esperti in progettazione universale desiderava comunicare e quello che, invece, riusciva realmente a far percepire a chi non conosceva il loro settore. I primi parlavano di progetti per tutti, mentre i secondi capivano che si trattava di solidarietà verso i disabili oppure di obbligo legislativo.
Da allora, salvo poche eccezioni, poco o nulla è cambiato nella comunicazione dei più sul turismo accessibile – anche e soprattutto in quella istituzionale – nella quale c’è ancora un notevole divario comunicativo tra gli operatori, i media e il pubblico.
Credo che ciò accada perché, ancora adesso, molto è affidato alla “buona volontà” di associazioni e comitati che hanno altre competenze professionali, e poco ad esperti di settore. Di conseguenza, l’immagine più facile da utilizzare per attrarre l’attenzione sul tema rimane la sedia a rotelle e il pubblico percepisce che la progettazione universale “riguarda qualcun altro”, per il quale provare emotività o ammirazione, perché “poveretto!”, sorride sempre nonostante tutto e, allora, bisogna aiutarlo. Dopo qualche minuto di empatia, però, il pubblico torna alla sua vita quotidiana perché la maggior parte delle volte non recepisce che la progettazione universale significa qualità e sviluppo socio-economico per la comunità e l’imprenditoria.
Oggi, la vera sfida del turismo (di tutto il turismo!) è quella di fare arrivare il proprio messaggio ai destinatari, evidenziando i vantaggi di strutture ricettive e attività attente ai desideri di ogni turista. E il vero obiettivo della nostra ONLUS Diritti Diretti è di avvicinare il cosiddetto “turista medio”, che non sa di aver bisogno di particolari prodotti, strutture, programmi e servizi, malgrado il turismo accessibile riguardi anche lui, perché, magari, ha bambini nei passeggini, persone con allergie o intolleranze alimentari in famiglia, genitori anziani, grossi trolley quando viaggia, pesanti carrelli da spingere quando va a fare la spesa e così via.