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Ma le chiese non sono di tutti?

Vaccheria di Caserta, Chiesa di Santa Maria delle Grazie

È bella e di valore storico, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Vaccheria di Caserta, ma se l’amica della sposa è in carrozzina, la partecipazione al matrimonio è proibita…

Il 5 ottobre scorso mi sono sposata nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Vaccheria di Caserta e per l’occasione avevo invitato al matrimonio una mia cara amica che da dieci anni è in carrozzina. Per avere accesso alla chiesa di Vaccheria, però, ci sono cinque scalini, difficili da superare per chi non ha l’utilizzo dei propri arti inferiori.
Già durante il primo colloquio intercorso con il parroco don Vincenzo Aveta, avevo esposto la “mia” necessità: rendere, almeno per un giorno, accessibile la chiesa. In quell’occasione mi era stato risposto che prima avrei dovuto accertarmi di avere l’esigenza dell’accessibilità e che poi, eventualmente, si sarebbe provveduto a far salire la persona “a mano”, in quanto l’abbattimento delle barriere architettoniche avrebbe rovinato l’estetica del Santuario.

Capito dunque l’andazzo, in settembre mi sono recata presso l’Ufficio Tecnico della Curia Vescovile di Caserta, per chiedere di applicare la normativa che regola l’accessibilità nei luoghi sacri (Decreto Ministeriale n. 236 del 14 giugno 1989), e mi era stata garantita l’applicazione di una rampa amovibile. Circa una settimana dopo, però, non avendo ricevuto alcun riscontro dagli addetti dell’Ufficio Tecnico, mi sono recata di nuovo presso gli uffici della Curia, apprendendo con somma tristezza e amarezza che nulla era stato fatto e che nulla si sarebbe fatto.
Nel pomeriggio di quello stesso giorno, mio marito – all’epoca dei fatti promesso sposo – con celerità ha inviato al Vicario del Vescovo del materiale informativo e alcuni suggerimenti per far fronte alla questione.

Morale della favola: la mia amica, che sarebbe venuta in macchina e che è campionessa italiana di basket, per assistere alla funzione avrebbe avuto bisogno del sostegno materiale di almeno quattro persone, di buona volontà, per poter avere accesso alla chiesa.
Anche pensando all’articolo 3 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che da quasi sette anni è la Legge 18/09 dello Stato Italiano, ove si parla di «piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società», sentivo di non poter permettere tutto ciò, e quindi ho deciso di contattare Daniele Romano, presidente di Federhand/FISH Campania (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per informarlo dell’incresciosa situazione.
Subito si è attivata una vera e propria rete di solidarietà e nel giro di un paio di telefonate, mi è stato reso disponibile un montascale cingolato, fornito, in via del tutto eccezionale, dal Centro di Servizio per il Volontariato di Caserta, nella persona squisita di Gennaro Castaldi. E qui a tornarmi in mente è stato l’articolo 20 della citata Convenzione ONU, ove si parla (lettera a), di «facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili».

Sono una psicoterapeuta, da anni lavoro con persone con disabilità e più e più volte mi sono trovata dinanzi a situazioni di vita quotidiana che assumono caratteri grotteschi e surreali. In virtù di ciò sono decisa nel mio intento: rendere accessibili il maggior numero di strutture possibili, o per lo meno portare alle luci della ribalta questioni di ordine pratico che non riguardano solo “chi ha il problema”, come tutti siamo abituati a dire, ma tutta la comunità, affinché chiunque e in qualsiasi momento possa godere della bellezza e della spiritualità di qualsivoglia luogo.
Non so come sia possibile che nel 2015, in un sito storico e prezioso come la Vaccheria di Caserta, si discuta e si combatta per l’affermazione di un diritto che dovrebbe essere già acquisito. Non è e non sarebbe dovuta essere una mia preoccupazione quella di dover rendere una chiesa accessibile, anche perché la chiesa è di tutti e per potervi accedere non bisogna aspettare la benevolenza di chi mi possa, letteralmente, caricare in spalla.

Psicoterapeuta.

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