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Se la sindrome di Down diventa sempre più visibile

Cast del film "Come saltano i pesci"

Il cast del film “Come saltano i pesci” di Alessandro Valori, che uscirà alla fine di marzo. Da sinistra: Simone Riccioni, Marianna Di Martino, Biagio Izzo, Giorgio Colangeli, Maria Amelia Monti, Brenno Placido e Maria Paola Rosini

Ci sono momenti in cui le prospettive vengono ribaltate. Quelli che erano luoghi comuni si scoprono come tali: stereotipi senza vere fondamenta. Se la sindrome di Down diventa visibile, succede che ci si accorga che non è quella che ci si aspettava. Si scopre che si può recitare, ballare, cantare, perfino studiare e far di conto, pensa un po’.
Ma è la società che è cambiata o sono cambiate le persone nate con sindrome di Down? Domanda retorica, chiaro, ma, tornando a livello di pregiudizio, mica poi tanto. Perché il talento va cercato e stimolato a uscire, in ogni persona, di qualunque condizione.

La notizia che Maria Paola Rosini, un’attrice fra le protagoniste del film Come saltano i pesci di Alessandro Valori (nelle sale dal 31 marzo), è nata con sindrome di Down (ne ha scritto sul «Corriere della Sera» Giuseppina Manin), mette ancora una volta in luce come occorra cambiare mentalità e cultura, per modificare, talvolta in maniera radicale, la società. Come in questo caso: la sindrome di Down porta a una condizione di vita dove bisogna far emergere le abilità perché siano di servizio alla comunità e di fiducia per la persona. Ecco allora che si comprende che ognuno conta e la società cambia.

La visibilità è importante. Come ho già avuto modo di scrivere su queste stesse pagine, vedere Nicole Orlando, già campionessa sportiva, danzare insieme ad altri personaggi famosi in Ballando con le stelle, lo show del sabato sera di Raiuno, non dev’essere considerata un’operazione fine a se stessa. Porta la sindrome di Down a essere percepita non come una malattia – cosa che naturalmente non è (il solito, triste errore che viene fatto spesso: quante volte vi vengono abbinate, per esempio, le parole “affetto da…”?) – ma come una condizione che permette di esprimere talento.
Il cinema e il teatro (la stessa Nicole ha recitato in un musical e ha fra le sue aspirazioni future quella di continuare a recitare), le arti in generale e lo sport sono àmbiti che aiutano in questo cambiamento di mentalità. Non è secondario che proprio in questi ultimi anni si sia ampliata la riflessione sulle possibilità professionali di chi ha la sindrome di Down.
Purtroppo i numeri sono ancora negativi, ma cambiando mentalità e cultura si spinge a fare in modo che muti il contesto sociale e, anche, che la politica se ne occupi.
Certo ci sono dei rischi. Dalla spettacolarizzazione a un uso improprio dell’immagine delle persone con sindrome di Down a un eccesso di compatimento. Conoscerli, quei rischi, vuol dire poterli evitare. La visibilità non è mai troppa, ma va gestita nella giusta maniera. Senza paure, ma con attenzione.

E in conclusione, anche se non è questo il tema della presente riflessione, va sempre ribadito che l’attenzione al linguaggio è fondamentale. Ancora troppe, troppe volte, infatti, leggiamo “i down”, “il Down”, “l’attrice ecc. down”. Usiamo: persona ecc. con sindrome di Down. Sì, è più lungo, ma è corretto così. Ci arriveremo, speriamo prima che dopo, ma come sarebbe bello cambiassimo anche in questo.

Riflessione già apparsa in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Cinema e tv: se la sindrome di Down è visibile”). Viene qui ripresa, con alcuni minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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