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Ospedali e disabilità: il trionfo delle “barriere sanitarie”

Particolare di persone in carrozzina, con un infermiere a fianco, in un ospedale«Paradossalmente in ospedale una persona con disabilità rischia di diventare disabile due volte, perché per avere diritti uguali a tutti gli altri ha bisogno di risposte diverse. Prendersi cura di una persona significa riconoscere che davanti ho una Persona, con la sua dignità. È solo “diversa” non più complicata di altre».
«Due strutture sanitarie su tre sono impreparate ad accogliere persone con disabilità. È un dato, quello fornito da questo studio, che deve farci riflettere sull’importanza di insistere nella costruzione di un sistema che punti alla centralità della persona nei servizi di cura e assistenza. Siamo perciò lieti di ospitare questa prima indagine nazionale, che può diventare senz’altro un punto di partenza per censire non solo la qualità dell’offerta di cura, ma anche il suo livello di umanizzazione».
Lo hanno dichiarato rispettivamente Luigi Vittorio Berliri, presidente della Cooperativa Sociale Spes contra Spem e Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto di Superiore di Sanità, a margine della presentazione dell’Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri delle persone con disabilità – della quale ci eravamo già occupati nei giorni scorsi – realizzata da Spes contra Spem, in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (nato per iniziativa dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), e in collaborazione con le Fondazioni Ariel e Umana-Mente del Gruppo Allianz.

Se dunque secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone con disabilità hanno il doppio delle possibilità di trovare operatori non preparati e strutture inadeguate rispetto alle persone senza disabilità ed è tre volte più alta la probabilità che venga loro negato l’accesso a cure sanitarie, cosa succede in Italia a una persona con disabilità, durante un ricovero a causa di una patologia che non c’entra con la sua disabilità?
Ebbene, a fronte del fatto che nel nostro Paese le persone con disabilità si recano in ospedale il doppio delle volte rispetto a quelle senza disabilità, succede che – secondo i dati prodotti dallo studio presentato all’Istituto Superiore di Sanità – i nosocomi italiani, tranne iniziative isolate, ancora non prevedano percorsi di cura personalizzati. Risulta infatti che quasi due strutture sanitarie su tre non abbiano un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere e che oltre il 78% degli ospedali non preveda spazi adatti di assistenza per le persone con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale.
In sostanza, l’attesa al pronto soccorso, un esame invasivo per diagnosticare una malattia, la degenza in reparto, ovvero situazioni che rappresentano disagi per qualsiasi paziente, si trasformano in un vero e proprio ostacolo per chi vive in una condizione di fragilità, contraddistinguendo quelle che a buona ragione possono essere definite come “barriere sanitarie”. Barriere che rischiano di essere insormontabili soprattutto negli ospedali del Mezzogiorno, ciò che è la prova tangibile di un ennesimo divario tra Nord e Sud della nostra penisola: basti pensare che per le persone con disabilità cognitiva sono previsti percorsi sanitari nel 29% degli ambulatori e dei reparti del Nord Italia contro il 6,5% di quelli del Sud.

E quindi, ben vengano indagini come quella promossa da Spes contra Spem (della quale riportiamo nel box in calce qualche altro dato in dettaglio), che prende le mosse dalla Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, presentata nel 2013 e che è certamente il primo studio in Italia a cercare di far luce in modo sistematico sulla materia trattata, con l’obiettivo di sensibilizzare la politica della sanità sulle problematiche relative al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità e di descrivere la situazione attuale delle strutture rispetto ai criteri, previsti dalla Carta stessa, di accessibilità, personalizzazione e coordinamento dei percorsi sanitari. (S.B.)

È disponibile il testo integrale dell’Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri delle persone con disabilità. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@spescontraspem.

Alcuni risultati dell’indagine sulle persone con disabilità in ospedale
In tale ricerca sono state raccolte e analizzate le risposte a un questionario inviato via web a un campione di 814 strutture ospedaliere (ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universitari, IRCCS – Istituti di Ricerca e Cura a carattere Scientifico), individuate su tutto il territorio nazionale, tra il mese di gennaio e quello di settembre del 2014. Dieci domande a risposta chiusa sulla presenza di misure, presìdi, percorsi clinico assistenziali e figure professionali, per verificare le modalità di accesso e di cura delle persone con diverse tipologie di disabilità.
Flusso prioritario
Solo in poco più di un terzo delle strutture (36%) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere. La percentuale più elevata di strutture con un flusso prioritario si riscontra nelle regioni del Centro (45,5%), quella più bassa nel Mezzogiorno (19,4%).
Punto unico di accoglienza
Solo il 16,8% delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità. Il punto unico di accoglienza è presente nel 20,9% delle strutture del Nord, mentre tale quota non raggiunge il 13% degli ospedali del Centro-Sud e delle Isole.
Mappe a rilievo e percorsi tattili
Nessuna struttura ha mappe a rilievo per persone non vedenti, mentre solo il 10,6% è dotato di percorsi tattili. I percorsi tattili sono assenti negli ospedali monitorati nelle Regioni del Mezzogiorno, mentre sono presenti in circa il 13% di quelli del Centro-Nord.
Display luminosi
Sono presenti i display luminosi per le persone con deficit uditivo nel 57,8% degli ospedali, ma la percentuale scende al 45,2% in quelli del Mezzogiorno.
Locali e/o percorsi ad hoc
Solo il 12,4% dei Pronto Soccorso (nessuno nell’Italia Meridionale) ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva. La percentuale sale invece se consideriamo gli ambulatori e i reparti: qui i percorsi clinico-assistenziali e locali dedicati a visitare e ad assistere persone con disabilità intellettiva/cognitiva sono presenti nel 21,7% delle strutture che hanno risposto all’indagine. Anche in questo caso si evidenzia una forte forbice tra Nord e Sud (29% contro 6.5%).
Case manager
Migliora la situazione per quanto riguarda la presenza della figura del case manager (prevista nel 61,5% delle strutture), persona che si fa carico del percorso individuale di cura del malato, divenendone responsabile.
Caregiver
La grandissima maggioranza degli ospedali (95,7%) ha risposto di consentire la permanenza, oltre l’orario previsto per le visite, del caregiver della persona con disabilità.
Associazioni
Buone notizie, infine, anche sul fronte degli incontri tra la governance dell’ospedale e le rappresentanze delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari.

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