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Una “torre di controllo” riservata a pochi

Realizzazione grafica con omino bianco a fianco di un grande punto di domanda rosso

«Prendi una famiglia – scrive Malafarina – che all’improvviso ha bisogno di una carrozzina. In molti casi non sa dove sbattere la testa»

Chi fa il giornalista – come il sottoscritto – fa informazione, cioè sostiene e alimenta la conoscenza; quindi, andrebbe trattato di conseguenza da chi di informazione vive. Con me non è stato fatto così. In parole povere: se un giornalista ti chiede ripetutamente informazioni su quello che fai, poiché potrebbe essere utile alla società (si chiama giornalismo di servizio), e tu non gliele dai, vuol dire che non ti interessa arrivare alla società. E questo più che offensivo verso il giornalista è controproducente rispetto alla comunità. Ma qui ricadiamo in un problema che in Italia è endemico: chi informa le persone con disabilità dell’esistenza di un servizio, di un ausilio, di una legge o di una qualunque possibilità a loro vantaggio?

L’episodio che mi è capitato è di per sé banale. Scrivo all’addetto stampa di Christo, il noto artista autore della performance The Floating Piers, una specie di ponte galleggiante sul Lago d’Iseo, per sapere se esistano camminamenti o accorgimenti per persone che hanno problemi di vista e molto gentilmente dall’ufficio stampa mi ringraziano e mi mettono in contatto con la persona che collabora con lo staff dell’artista presso il lago. Da lì in poi silenzio. Era il 10 aprile. Mutismo dalla collaboratrice della squadra dell’artista e mutismo dall’ufficio stampa.
Poi leggo recentemente che Elisa Lottici, ventiquattrenne con ipoacusia, ha realizzato con un’amica e una serie di sponsor una tavoletta in gomma che fornisce informazioni sull’opera d’arte del maestro e riproduce in bassorilievo alcuni dei luoghi coinvolti nell’installazione. Benissimo: la mappa verrà offerta gratuitamente a chi non vede e ne farà richiesta, che così potrà vedere attraverso le dita ciò di cui sta godendo. Un servizio secondo me utilissimo, che rende l’opera fruibile non solo a chi ha problemi di mobilità, utenza per la quale è nota da tempo l’accessibilità.

A questo punto mi domando: ad aprile non si sapeva ancora dell’esistenza di questa felice iniziativa? E quando si è saputo perché non sono stato informato? Una falla nel sistema. Probabile. Io ho continuato a chiedere informazioni sino a qualche settimana fa, ma il silenzio è sempre stato inequivocabile.
Ma falla su falla la nave affonda. E infatti affondano così tante famiglie. Non certo perché hanno a che fare con gli uffici stampa, ma perché non sanno con chi avere a che fare.
Prendi una famiglia che di colpo si trova un anziano – e nel caso dei giovani forse è ancora peggio – che all’improvviso ha bisogno di una carrozzina. In molti casi non sa dove sbattere la testa. Càpita che il medico curante non sia preparato e che in ASL ne sappiano poco e inviino quello che passa il convento. Succede che tu ti ritrovi con una carrozzina che ti ha dato il sistema che non entra in ascensore. Oppure che è troppo pesante per essere spinta da quella persona. C’è un difetto di comunicazione. E la nave affonda con i passeggeri a bordo e senza scialuppe di salvataggio!

Su questo bisognerebbe realizzare un’opera d’arte. Il capolavoro c’è già: siamo bravissimi a realizzare sistemi che non decollano perché manca la “torre di controllo”. Manca una regìa che sappia indirizzarti verso la giusta risposta ai tuoi problemi. Non sempre la risposta c’è. Ma quando c’è, è grave che nessuno te la dia.
Ne parlavo qualche mese fa con Mario Mancini, padre cieco di un figlio con una severa disabilità, che sta cercando di realizzare una rete che metta in contatto il più possibile le famiglie con persone con disabilità per rispondere alle loro problematiche.
È grave che in Italia si navighi a vista, quando la vista c’è. Bisognerebbe istituire un servizio unico nazionale in grado di fornire consulenza su qualsiasi questione relativa alla disabilità, dal rispetto dei diritti al reperimento degli ausili, dalle informazioni sul turismo accessibile a quelle sul dentista più vicino. È chiedere troppo? È chiedere il giusto.
Ecco perché mi arrabbio quando chiedo informazioni che grazie al mestiere che faccio hanno la possibilità di aiutare tante persone e non mi vengono date. Perché così è come se il buono che c’è non esistesse. O fosse riservato a pochi.

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “La comunicazione affonda, nemmeno Christo riesce a salvarci”, e qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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