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Retinite pigmentosa: un importante intervento chirurgico

Occhio di uomo che guarda in altoUn importante intervento chirurgico di alta specializzazione tecnica è stato eseguito presso l’Ospedale San Paolo di Milano (Azienda Socio Sanitaria Territoriale Santi Paolo e Carlo), da parte dell’équipe diretta da Luca Rossetti, direttore della Clinica Oculistica e docente dell’Università di Milano.
Come si legge in una nota congiunta diffusa dalla struttura sanitaria coinvolta e dall’Università di Milano, «nelle mani esperte del chirurgo Fabio Patelli e degli specialisti Leonardo Colombo e Tommaso Nuzzo, è stata applicata su un paziente da quindici anni al buio, a causa di una grave forma di retinite pigmentosa, una protesi epiretinica di invenzione californiana, che dà la luce a persone completamente al buio, permettendo di riconoscere sagome con una visione in scala di grigi, dettata dall’attivazione di 60 pixel che compongono il chip appoggiato in sede maculare vicino al nervo ottico».
L’intervento, va detto, è stato possibile anche grazie alla donazione dell’innovativo impianto da parte dell’Associazione Retinitis, che con il suo presidente Gaetano Savaresi, da sempre supporta la Clinica Oculistica del San Paolo di Milano.

«Il nostro obiettivo – dichiara Luca Rossetti – era cercare di ottimizzare l’immagine catturata dalla telecamera, dando al paziente la possibilità di svolgere anche alcune mansioni di lettura breve, come scadenze, titoli di testi, autonomia esterna ed interna. I risultati ottenuti sono ottimi: la persona ha riconosciuto infatti le figure degli istruttori e ha autonomia nel muoversi in ambienti sconosciuti, evitando porte chiuse e, ad esempio, sedendosi nello spazio libero di una panchina parzialmente occupata».
La scelta del signor Nicola, questo è il nome della persona che si è sottoposta all’intervento, è arrivata dopo uno screening che ha coinvolto più di duemila pazienti in cura all’Ospedale San Paolo, tre dei quali sono risultati idonei. «La valutazione di questi pazienti – si legge ancora nella nota congiunta – rappresenta una vera e propria “presa in carico”, nella quale vengono esaminate le caratteristiche anatomo-funzionali, motivazionali, psicologiche e la necessità espressa dal paziente soprattutto in termini di aspettative, che parlando di occhio bionico per una persona non vedente, sono comprensibilmente altissime».

«Anche se so che il lavoro di riabilitazione sarà ancora lungo e faticoso – dice il signor Nicola -, quando ho illuminato i miei due bimbi e le persone a me più care la gioia è esplosa. Mi sento come rinato a 50 anni».
«A trenta giorni dall’intervento – spiegano in conclusione dall’Ospedale San Paolo e dall’Università di Milano – e dopo un delicato processo di attivazione del segnale e di regolazione di ogni singolo elettrodo, calzando l’occhiale con fotocamera e antenna, il signor Nicola ha potuto ricevere impulsi luminosi trasmessi all’interno dell’occhio e inviati sfruttando il nervo ottico. Questa luce, però, va organizzata e in tal senso Paolo Ferri, responsabile del Centro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva della nostra struttura, ha iniziato un percorso di educazione visiva post impianto, insieme agli esperti dell’Associazione Retinitis; percorso ideato proprio per esaltare le caratteristiche espresse dal dispositivo e per consentire al paziente di “imparare” a utilizzare la telecamera e visualizzare strisce e figure più complesse (cerchi e quadrati), fino a portarlo a leggere successivamente brevi parole». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: stampa.comunicazione.hsp@asst-santipaolocarlo.it.

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