Più “falsi vedenti” che “falsi ciechi”!

«Lo scandalo dei ciechi non riconosciuti è, per la mia esperienza, assai più vasto di quello dei presunti “falsi ciechi”»: parole gravi che, insieme ad altre, lo diventano ancor più, se a pronunciarle, nel corso di un’intervista rilasciata a un’Associazione torinese, è stato proprio uno di coloro che svolgono ufficialmente la funzione istituzionale di riconoscere, valutare e controllare le domande di cecità civile. Qualcuno potrà motivatamente smentirlo?

Dito puntato di un uomo«Vi è una tendenza consolidata a non voler considerare l’elemento del campo visivo, esplicitamente previsto dalla Legge 138/01 [“Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici”, N.d.R.], fra i requisiti che determinano lo status di cieco civile. Per fare ciò si cercano cavilli tecnici o semplicemente si respingono le domande sic et simpliciter. Quando poi i medici di base sbagliano a inoltrare le domande (il caso più frequente si verifica nel caso in cui essi crocettano la casella “invalidità” civile anziché “cecità”), le Commissioni vengono invitate a respingere le domande, invece che trasmetterle d’ufficio alla commissione competente. Questa trascuratezza voluta comporta la perdita di anni di tempo per le persone con disabilità che dovranno ricominciare da capo la procedura di riconoscimento. Infine, l’INPS fa pressione sui medici affinché non venga riconosciuta la cecità aggiuntiva a coloro che già soffrono di minorazioni motorie o cognitive: “Tanto sono già paralizzati… Che differenza c’è se vedono o non vedono?”».
Così l’APRI (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti) riassume sinteticamente una serie di affermazioni decisamente gravi, che lo diventano ancor più se a pronunciarle, nel corso di un’intervista rilasciata alla stessa APRI, è stato Giovanni Battista Pietragalla, medico legale e presidente della Commissione Provinciale Cecità Civile di Torino, ovvero proprio chi svolge ufficialmente la funzione istituzionale di riconoscere, valutare e controllare le domande di cecità civile.
Quanto meno significativo, e conseguente, è anche un altro passaggio dell’intervista. Secondo Pietragalla, infatti, «lo scandalo dei ciechi non riconosciuti è, per la mia esperienza, assai più vasto di quello dei presunti “falsi ciechi”».

«Perché – si chiede sconcertato Marco Bongi, presidente dell’APRI – nessuna inchiesta giornalistica si è sviluppata su questi temi? E perché il dolore di molte famiglie, costrette a dover subire un’ingiustizia di Stato, non fa notizia?». «Credo – conclude – che di fronte a dichiarazioni di questo genere, come minimo dovrebbe essere aperta un’inchiesta per omissione di atti d’ufficio, se non per reati ancor più gravi».
A questo punto qualcuno potrà motivatamente smentire i contenuti dell’intervista realizzata dall’APRI? (S.B.)

L’intera intervista dell’APRI a Giovanni Battista Pietragalla è disponibile in YouTube. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: apri@ipovedenti.it.

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