La Pubblica Sicurezza stigmatizza

«Sono da stigmatizzare le infelici espressioni utilizzate, offensive di persone che vivono esperienze di disagio e sofferenza, che hanno comportato disdoro per la Polizia di Stato»: così il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno risponde a chi – come anche il nostro giornale – aveva chiesto una pubblica presa di posizione sull’espressione “mongoloide” usata da un Vicequestore di Polizia, per apostrofare un inviato della trasmissione televisiva “Striscia la Notizia”

"Le parole sono come pietre" (realizzazione grafica)

“Le parole sono come pietre” (realizzazione grafica)

«In relazione ai recenti servizi trasmessi dal programma satirico “Striscia la Notizia”, e ai conseguenti articoli di stampa e radiofonici, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza [del Ministero dell’Interno] comunica che tutti gli atti e i relativi filmati raccolti dalla Questura di Avellino sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica per accertare le eventuali responsabilità. Sono comunque da stigmatizzare le infelici espressioni utilizzate, offensive di persone che vivono esperienze di disagio e sofferenza, che hanno comportato disdoro per la Polizia di Stato».
Lo si legge in una nota prodotta dall’Agenzia «Askanews», a proposito dei fatti denunciati anche dal nostro giornale, testimoniati da un video nel quale il vicequestore aggiunto della Polizia di Avellino Elio Iannuzzi aveva apostrofato un giornalista della trasmissione televisiva Striscia la Notizia con l’espressione “’sto mongoloide”!, suscitando le dure prese di posizione di Associazioni come l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).

Una nota, quella diffusa dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno che sostanzialmente risponde a quanto chiedevamo anche da queste pagine, ovvero una presa di posizione di fronte all’indignazione suscitata dal fatto che «un Pubblico Ufficiale nell’esercizio della sua attività – come aveva dichiarato Paolo Virgilio Grillo, presidente dell’AIPD – non può utilizzare questo tipo di parole, che offendono le persone con sindrome di Down e le loro famiglie».
«Il silenzio di fronte a tali espressioni – aveva aggiunto Francesco Giovannelli, genitore di una ragazza con sindrome di Down – rischia di diventare un’implicita autorizzazione a farne uso. Cosicché se qualcuno un domani si rivolgerà con quel termine a mia figlia e io protesterò (come faccio sempre), mi si potrà rispondere: “Questo termine lo usa anche la Polizia di Stato”!».
Prendiamo quindi atto con favore che una prima risposta è arrivata. (S.B.)

Ringraziamo Francesco Giovannelli per la collaborazione.

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