Liberato dal “carcere condominiale”

Quante persone si riconosceranno nella vicenda vissuta dal Vicepresidente dell’Associazione Rete Malattie Rare, che solo dopo nove anni di battaglie e sette cause giudiziarie, ha potuto arrivare a una Sentenza che ha liberato lui e la moglie dalle barriere che hanno reso la sua abitazione un vero e proprio “carcere condominiale”? Non possiamo che ribadir loro un concetto fondamentale: è fondamentale dare visibilità a ogni situazione di discriminazione e abuso, perché le leggi di tutela delle persone con disabilità ci sono, ma bisogna lottare perché vengano applicate e rispettate

Disegno di omino in carrozzina che spezza le catene«Voglio che si parli il più possibile di questa Sentenza, innanzitutto per evitare ad altri poveretti come me e mia moglie lo stesso calvario, informandoli che le leggi a favore delle persone con disabilità ci sono, ma tanti non le conoscono, tanti non le applicano, tanti se ne infischiano. Solo così, infatti, potremo migliorare il nostro Paese, rendendolo più giusto, più umano, più civile, più solidale, lottando cioè per l’esigibilità dei nostri diritti, senza scoraggiarci, perché alla fine si trova chi riesce darti giustizia. E voglio che se ne parli il più possibile anche perché il 28 febbraio prossimo sarà la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, con eventi in tuta Italia e parlare di una persona disabile a causa di una Malattia Rara, liberata dal proprio “carcere condominiale” mi sembra quanto meno opportuno e appropriato».
Così Giuseppe Silvano, vicepresidente dell’Associazione Rete Malattie Rare racconta nove anni di battaglie a dir poco faticose e difficili, sia dal punto di vista della salute che da quello economico, che hanno portato a ben sette cause giudiziarie (tre al TAR della Campania, una al Consiglio di Stato, una al Tribunale Penale e due a quello Civile), fino alla recente positiva Sentenza con cui il Consiglio di Stato sembra avere definitivamente scritto la parola fine sulla vicenda.

«La mia unità abitativa – spiega Silvano – è costituita da quattordici appartamenti, già di per sé “ad alto tasso di rissosità”, divisi in due condomìni separati con i rispettivi amministratori. Nel 2002 sono stato colpito dalla malattia che mi ha poi portato a una situazione di disabilità al 100% e qualche anno dopo ho dovuto conseguire la patente speciale con guida adattata. A quel punto, però, non potevo ugualmente uscire di casa con la mia vettura, perché mi era stato ridotto lo spazio di uscita e da ciò è nata una vera e propria situazione di “guerra” con alcuni proprietari di appartamenti, che hanno cercato in tutti i modi – legali e illegali – di non farmi abbattere le barriere architettoniche nel fabbricato, costringendomi praticamente agli “arresti domiciliari”, insieme a mia moglie, anche lei persona con disabilità».
Questi dunque i fatti, nel racconto di Giuseppe Silvano, che hanno portato alla lunga battaglia giudiziaria, conclusa, come detto, il 27 gennaio scorso, quando la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha «condannato il Condominio», ordinando che la propria Sentenza sia «eseguita dall’Autorità Amministrativa».
Ma quanti altri nostri connazionali si saranno riconosciuti in una vicenda del genere? A loro e a tutti non possiamo che ribadire i concetti espressi dal Vicepresidente dell’Associazione Rete Malattie Rare: è fondamentale dare visibilità a ogni situazione di discriminazione e abuso, perché le leggi di tutela delle persone con disabilità ci sono, ma bisogna lottare perché vengano applicate e rispettate. (S.B.)

È disponibile a questo link la Sentenza pronunciata il 27 gennaio scorso dal Consiglio di Stato, di cui si parla nella presente nota (Giuseppe Silvano è stato supportato dall avvocato Luca Tozzi del Foro di Napoli, con il suo assistente avvocato Gabriele Melluso). Per ogni ulteriore approfondimento: gsilvano53@gmail.com.

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