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Disabilità: separare fa bene o fa male?

Disegno di omino rosso (insegnante) alla lavagna di fronte ad alcuni omini blu (alunni)«La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità stabilisce che il diritto alla vita indipendente e all’inclusione nella società debba essere riconosciuto a tutte le persone con disabilità. Parole cui non seguono per il momento i fatti: l’orientamento delle politiche sociali è infatti quello di identificare, a seconda della tipologia e intensità della disabilità, diversi contenitori di servizi, sempre più specializzati in base alla “patologia” e alle condizioni di salute della persona, deputati all’assistenza e non all’inclusione. Si tratta di un pensiero che rischia di investire anche il mondo della scuola italiana che ormai da quarant’anni anni, sperimenta (spesso con successo) un modello inclusivo, cosicché per alcuni bambini, già oggi, le strade dell’educazione sono separate da quelle dei coetanei, all’interno di scuole speciali, centri dedicati o classi potenziate».
Viene presentato così dalla LEDHA – la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH – l’appuntamento conclusivo, in programma per mercoledì 22 febbraio (presso sede della LEDHA, Via Livigno, 2 Milano, ore 14-18) del ciclo di incontri intitolati Disabilità: separare fa bene o fa male?… anche a scuola, ad alcuni dei quali il nostro giornale ha già dedicato ampio spazio nei mesi scorsi.

«Le scuole speciali – aveva scritto nel 2015 Giovanni Merlo nel libro L’attrazione speciale. Minori con disabilità: integrazione scolastica, scuole speciali, presa in carico, welfare locale (Maggioli Editore) – esistono ancora e non si tratta nemmeno di un fenomeno così residuale, come si potrebbe pensare. Solo in Lombardia, ad esempio, sono attivi 16 plessi, all’interno dei quali sono presenti 24 scuole speciali di cui cinque dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. Esse sono frequentate, in totale, da quasi 900 tra bambini e ragazzi e nella maggior parte dei casi si tratta di scuole annesse a Centri di Riabilitazione. In totale, sempre parlando della Lombardia, si tratta del 3,8% del totale degli alunni con certificazione. Ma quali sono le ragioni che spingono i genitori a preferire la scuola speciale? Quali sono i fattori che rendono accettabile (persino desiderabile) questa scelta? Quali pensieri e scelte dei servizi sociali e sanitari e del mondo della scuola possono favorire percorsi di inclusione piuttosto che di separazione?»: proprio attorno a tali quesiti ruotava la costruzione di quel libro e su di essi sarà centrati anche l’incontro di Milano del 23 febbraio, che avrà per docente lo stesso Merlo (con una testimonianza di Stefania Ansbacher dell’Associazione Animondo), rivolgendosi a insegnanti, assistenti sociali, educatori professionali, leader associativi e altri operatori interessati. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

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