Chi sogna vola alto, come sta facendo Matteo

“Chi sogna vola alto: nella ricerca e nella vita”, è stato questo il messaggio-chiave della quindicesima Conferenza Internazionale sulla distrofia di Duchenne e Becker, promossa dall’Associazione Parent Project, a simboleggiare da una parte la motivazione che sta dietro al lavoro dei ricercatori, dall’altra la forza di bambini e giovani che conservano il coraggio di progettare e costruire il loro futuro. E tra loro vi è anche Matteo, ragazzo con la Duchenne protagonista dello spot “L’esordio di Matteo”, su cui si basa una campagna di Parent Project che si può ancora sostenere

Immagine-simbolo della campagna "L'esordio di Matteo", promossa da Parent Project

L’immagine-simbolo della campagna “L’esordio di Matteo”, promossa dall’Associazione Parent Project

Sono questi gli ultimi giorni utili per sostenere la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi (numero solidale 45519) denominata L’esordio di Matteo, iniziativa promossa da Parent Project, la nota Associazione di genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker, che nei mesi scorsi ha festeggiato il proprio ventennale.
Il ricavato dell’iniziativa finanzierà uno studio osservazionale sugli aspetti nutrizionali e metabolici nelle persone italiane con distrofia di Duchenne, coordinato dall’ICANS (Centro Internazionale per lo Studio della Composizione Corporea) dell’Università di Milano, in collaborazione con l’Istituto Neurologico Besta, sempre di Milano, e con il Servizio di Nutrizione dell’Ospedale Bufalini di Cesena.
«Il miglioramento della gestione degli aspetti nutrizionali nei bambini e negli adulti affetti da distrofia di Duchenne – spiegano da Parent Project è un àmbito di studio ancora poco esplorato, ma che offre importanti opportunità di miglioramento quanto della salute che della qualità di vita dei pazienti. Per fare questo, alcuni specifici aspetti nutrizionali e metabolici devono essere chiariti, per impostare un adeguato supporto nutrizionale ed evitare, ad esempio, l’insorgenza di obesità nei pazienti più giovani e di malnutrizione negli stadi avanzati della malattia. Tali informazioni saranno cruciali per individuare gli interventi dietetici più urgenti e per verificare l’efficacia di nuovi approcci educativi e terapeutici».
Ma perché la campagna si chiama L’esordio di Matteo? Semplicemente perché il veicolo principale di essa è l’omonimo spot centrato sulla storia del piccolo Matteo, che ha 10 anni e ama il calcio. Il suo sogno è fare l’allenatore e lo insegue a tal punto da diventare il “mister” di una squadra di suoi coetanei. La distrofia di Duchenne, infatti, non può impedirgli di dare voce alle sue passioni, non lo può fermare e isolare, perché Matteo non può correre con le sue gambe, ma può farlo con la logica, la tattica e la capacità relazionale di tenere unito un gruppo.
«Così – sottolineano da Parent Project – il termine esordio, che quando si parla di “malattia ad esordio precoce” assume una connotazione negativa, nel caso della storia di Matteo e di ogni bimbo e ragazzo affetto dalla Duchenne, vuole rappresentare il principio di un sogno».

Di aspetti nutrizionali e metabolici nelle forme più gravi di distrofie muscolari, quali la Duchenne e Becker, si è parlato anche, insieme a molti altri argomenti, durante la recente quindicesima Conferenza Internazionale sulla distrofia muscolare di Duchenne e Becker, organizzata da Parent Project a Roma, che anche il nostro giornale aveva ampiamente presentato a suo tempo.
Chi sogna vola alto: nella ricerca e nella vita, è stato il messaggio-chiave di tale evento, a simboleggiare da una parte la motivazione che sta dietro al lavoro di chi ricerca una cura, dall’altra parte la forza di bambini e giovani che conservano il coraggio di progettare e costruire il loro futuro.
Oltre 600, i partecipanti alla Conferenza, provenienti da ben 32 diversi Paesi, chiara testimonianza che, pur essendo le distrofie di Duchenne e Becker patologie rare, la rete della comunità di persone coinvolte è sempre più estesa e forte a livello internazionale.
Dopo i vari gruppi di discussione della prima giornata, durante i quali sono state trattate numerose tematiche strettamente legate alla vita quotidiana e all’esperienza di genitori e figli (dalla fisioterapia, ai diritti, al tema delle donne portatrici, passando per quello del rapporto tra fratelli e tra genitori e figli, quando in famiglia si convive con una forma di disabilità), la seconda e la terza giornata hanno riguardato principalmente gli sviluppi nella ricerca scientifica, guardando sia a quella di base, con diversi approcci, alcuni dei quali molto innovativi, volti a “correggere” le mutazioni che causano la Duchenne, sia a quella clinica, rispetto alla quale negli ultimi dieci anni vi è stata una vera e propria crescita esponenziale, che ha portato oggi ad avere più di cinquanta progetti focalizzati su nuovi approcci terapeutici e passati, nel mondo, dagli studi preclinici alle sperimentazioni cliniche. Circa un terzo di tali sperimentazioni, tra l’altro, sono state avviate anche in Italia.
Uno dei risultati di questo grande fermento scientifico è che ad oggi circa venticinque farmaci hanno ottenuto la designazione di “farmaco orfano per la Duchenne”, due dei quali (Translarna, riguardante una mutazione che interessa il 10-13% delle persone con Duchenne e ExonDys51, rivolto al 13% dei pazienti) sono approdati all’approvazione per la commercializzazione.
«Conquiste molto importanti – sottolineano da Parent Project – ma non ancora sufficienti per i pazienti che hanno alte aspettative dalle sperimentazioni cliniche in corso. Durante la nostra Conferenza di Roma, infatti, abbiamo affrontato anche il critico tema dei tempi e dei costi della ricerca clinica, della sostenibilità e dell’accessibilità alle possibili future terapie innovative, e dei costi sostenuti oggi dalla società per le distrofie di Duchenne e Becker, tutti argomenti sui quali si sono confrontati, in due diverse tavole rotonde, i vari portatori d’interesse coinvolti: ricercatori, clinici, aziende farmaceutiche, istituzioni, agenzie regolatorie e, soprattutto, i pazienti».
In generale, va detto, accade che su centomila molecole, o terapie, in studio preclinico solo una arriva alle fasi di sperimentazione clinica, e tra quelle che ci arrivano solo il 7% approda alla commercializzazione. La spesa media per lo sviluppo con successo di un singolo farmaco è di oltre 2 miliardi di euro, con tempistiche che vanno dai 10 ai 15 anni. Un altissimo costo, dunque, che deriva dal fatto che deve coprire anche il “fallimento” di tutte le altre molecole.
«Riuscire a progettare studi clinici con buone possibilità di successo è una priorità – ha dichiarato in tal senso a Roma Sandra Petraglia dell’Ufficio Ricerca Indipendente dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) – e per questo scopo è fondamentale instaurare un dialogo con i pazienti e includerli come valutatori dei trial».
D’altra parte, un recente studio promosso proprio da Parent Project ha evidenziato che il costo della gestione quotidiana della Duchenne in Italia è di quasi 70 milioni di euro l’anno, di cui circa 3.000 euro a carico di ogni famiglia con un paziente. In questo senso, l’arrivo sul mercato di nuove terapie, che diano anche un piccolo beneficio sulla capacità di deambulazione dei pazienti e sulla loro qualità di vita, avrebbe un impatto enorme sulla sostenibilità della patologia, sia in termini economici che sociali. «Avere un farmaco che permetta a un paziente Duchenne di fare anche un semplice scalino – conferma Stefano Mazzariol, vicepresidente di Parent Project – equivale a superare la maggior parte delle barriere architettoniche di una città».
Su tutt’altro versante di argomentazione, ma strettamente connesso a quanto detto finora, si esprime Luca Genovese, presidente di Parent Project: «Negli ultimi dieci-quindici anni – dichiara – la ricerca ha fatto passi da gigante e la prospettiva dei ragazzi Duchenne sta cambiando radicalmente, con un netto miglioramento della qualità di vita. Questo è stato reso possibile dall’intera comunità Duchenne e anche grazie al lavoro che la nostra Associazione porta avanti da vent’anni. E tuttavia, sebbene la scienza abbia dato i suoi risultati tangibili, questi non sono ancora risolutivi. Perciò è importante continuare ad impegnarsi per estendere la “ricerca” anche agli aspetti non meramente medici della patologia».
Ed è proprio al tema della vita indipendente delle persone con disabilità che è stato dedicato uno spazio importante della Conferenza romana, cedendo direttamente la parola ad alcuni giovani con Duchenne legati a Parent Project e ad altri relatori appartenenti a realtà diverse, per confrontarsi riguardo ad esperienze e soluzioni per l’autonomia nella vita quotidiana. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Elena Poletti (e.poletti@parentproject.it).

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